Di Ramona Mondì
Anonymous: hacker positivi.
“Isis, voi siete un virus. Noi siamo la cura”
Musulmani, cattolici, ebrei, attivisti, spie, studenti, lavoratori, ricchi, poveri, gay, etero. Poco importa. Loro sono Anonymous, migliaia di hacker uniti che, dal giorno dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo, lavorano ininterrottamente per chiudere siti, profili e account collegati all’Isis.
La loro missione? Difendere la libertà d’espressione utilizzando la rete. Li, dove si sposta la guerra, tentano di individuare i siti estremisti e “li tirano giù”. Quando la missione va a buon fine, le pagine diventano irraggiungibili ed è “Tango down!”, come si dice in gergo militare. L’alternativa all’attacco Dos (denial of service) è “defacciare” le pagine (modificarne l’aspetto). Grazie a loro, l’universo jihadista, almeno in rete, va in frantumi.
“Il web non è un posto sicuro per voi”, fa sapere Anonymous – “non dimentichiamo, non perdoniamo. Stiamo arrivando”. Parole di sfida che, da quel che si apprende dall’account twitter dell’operazione anti-stato islamico (#OpAntiIsis), hanno come prossimo obiettivo il capo hacker dell’Isis, un informatico tunisino di nome Majdi, il quale di certo non si arrende, anzi, si lancia in contrattacco “Non siete riusciti neppure a trovare la mia email? Pensavo che gli hacker occidentali fossero piu’ bravi, ora mi sono rassicurato, siete un cumulo di rifiuti“.
La guerra è ancora aperta, Anonymous, seppur nei limiti della legalità, non si ferma. I numeri sono alti, in soli quattro giorni sono stati chiusi 925 profili twitter e ogni ora ne vengono boicottati molti. Ma chi sono davvero questi guerrieri? C’è chi ipotizza siano i servizi segreti, chi invece li definisce geni buoni. Indipendentemente dall’identità, la causa è quella giusta: Libertà d’espressione.