Di Elettra Nicotra
VisionaireAParis #3
Paris Fashion Week Diary – SS 2016
Buongiorno diario fashionista,
tutti vorrebbero incontrare una celebrità, che sia un attore, un musicista, un designer o un politico (?! seriously?). Ci sono però dei personaggi con cui, nonostante la grande stima, non vorremmo ritrovarci per andare a prendere una pizza! Per quanto mi riguarda, uno di questi personaggi è Karl Lagerfeld…ed ho come la sensazione che il sentimento sia reciproco. Peraltro una pizza contiene troppi carboidrati per i miei gusti (ma questa è un’altra faccenda) …
Ho solo io la sensazione che sia crudele e snob quanto geniale nelle sue creazioni? Pregiudizio. Si. Mi sento quasi dispiaciuta. Se fosse invece Coco Chanel ad incontrare Karl Lagerfeld? Si sentirebbe soddisfatta di come viene gestito il suo Impero negli anni duemila? Fatturati alle stelle, altissima qualità sartoriale, materiali di prima scelta ed un posto d’onore nell’Olimpo dei grandi brand della moda. Questo non credo sia poco. Eppure troverebbe anche qualche cambiamento: da “Less Is More” siamo passati ai volumi esagerati, stampati diversi accostati, balze, pantaloni sotto gonne ampie longuette; ed ancora: se un tempo il target di riferimento di Chanel era una donna volitiva e dal forte senso pratico, che si libera del superfluo a favore della produttività o una donna chic e matura che ha in mano grosse responsabilità, oggi le muse di Karl sono icone dal mondo Teen (basti pensare a Miley Cyrus, Emma Watson, Kristen Stewart o Emma Roberts).
Mean Girls prese dai grandi e piccoli schermi hollywoodiani che sfrecciano per i corridoi delle High School con tanto di completo in lana e 2,55, ostentando la loro viziata ricchezza. Possibilmente con un tocco di rosa qua e là. Negli anni duemila la cattiveria fa moda, l’epoca dei Villans. Non è il caso di esagerare con le critiche: abbiamo visto sfilare bellissimi tailleur in vari pattern dall’allure parigino DOC, nuove e pregiate rivisitazioni delle classiche borse a spalla, bigiotteria all-silver tone avvolta più volte al collo e divertenti mini-trolley bag da portare come fossero clutch.
Le trendsetter di tutto il mondo si incontrano nell’aeroporto dell’immaginazione di Lagerfeld, intriso di streetstyle e reminiscenze degli anni novanta. Anche lui ogni tanto vuole mescolarsi alla vita dei comuni mortali, sta di fatto che non lo abbiamo visto ne alla casse di Carrefour, tantomeno all’imbarco Ryan Air. Non sono neanche tanto certa che lui sappia come sia fatto realmente un supermercato o la classe turistica di un volo di linea. Così come non sono proprio certa che una donna voglia indossare il monitor “Departures” dell’Aereoporto di Fiumicino.
Se le muse di Karl sono una strega, una neo-sposa vampira o una bimba Disney cresciuta che si diletta fra peluche e spogliarelli, da Saint Laurent si celebra la principessa delle Bad Girl anni novanta: parliamo di Courtney Love, in una versione molto più chic e ripulita.
Ho sempre immaginato la vedova del grunge con un profumo pesante, alitosi alcolica, eye-liner sbavato ed i postumi di una notte brava alle spalle; beh… non è che abbia sforzato la mia immaginazione più di tanto! Nel mondo ideale del buon gusto, Courtney Love rappresenta il lato sexy del grunge: pelle, borchie e giacche militari su minidress in Gold; maxi abiti in seta con scolli profondi a rischio “Nipplegate”, pelliccia da rockstar immersa nel lusso, boyfriend denim, paillettes, un pizzico di tulle (esatto, un pizzico…no a “Tulle come se non ci fosse un domani”, altrimenti, dalle sfilate si potrebbe finire all’Opèra di Parigi nel corpo ballerini) e stampe animalier.
Mai scordare a casa la coroncina!
Per marcare lo spirito libertino ecco che frange, abiti a fiori, sandali wedge e borse a secchiello mettono in relazione gli anni dell’amore libero e degli zatteroni ai ‘90s di Courtney e dei Nirvana.
Non sarebbe Moda se non ci fossero salti temporali.
Le nuove collezioni ci portano ad un futuro vicino: un arco di circa sei mesi che può significare tornare indietro di 40 anni o andare avanti di cento anni.
’70 e ’90 sono le decadi che più stanno accompagnando lo stile contemporaneo. Camminano bene anche a braccetto per la loro essenza di romantica nostalgia, attitude rock e libertina, look acqua&sapone e spirito giovanile.
Stili da miscelare in un outfit che può abbinare un top corto sportivo preso dall’armadio di Gwen Stefani ad una maxi gonna a fiori vintage che urla Bob Dylan; in una playlist con David Bowie in “Ziggy Stardust” seguito dai suoi “nipoti” Placebo che nel ’98 sfondavano con la colonna sonora di Cruel Intentions, “Every You And Every Me“; in un pomeriggio di revival televisivo con qualche puntata di Mork&Mindy e Friends.
Sonia Rykiel rielabora i settanta marcando la mano in ricercatezza, eleganza e raffinatezza, mantenendo la genuinità e la spontaneità del marchio che ha consacrato la maglieria a lusso. E’ l’immagine di una donna colta, sofisticata e intellettuale (probabilmente una frequentatrice dei party di Andy Warhol) che sfoggia pellicce in volpe su abiti fluidi o monospalla in seta. Si diverte con frange, balze e stampati floreali; esalta la maglia in minidress nude colorati e non manca di mix&match con denim e toppe. Pezzi WOW della collezione? Le uscite da sera: maxi dress investiti da paillettes multicolor.
Del resto è proprio l’immagine che rievoca questa scelta stilistica: le luci, le feste, la folla di personaggi eccentrici e variopinti, le inaugurazioni delle mostre, le cene di beneficenza (a cui si pensa a tutto tranne che alla beneficenza).
E’ diverso lo scenario che cita Miu Miu. Siamo nella stessa decade ma veniamo riportati al bon ton, la carta da parati di casa della nonna, i paralumi di tessuto, le mattonelle verdi del bagno, la moquette sbiadita, la radio rumorosa, le fotografie ingiallite della mamma da piccola.
Stending ovation per le stampe su cappotti e giacche, l’incipriata di dandy-rockabilly, l’uso del tartan e dello sportswear su linee più severe.
Per il resto siamo davanti una collezione eclettica, che però delle volte si perde fra i layer delle sovrapposizioni generando caos ed un po’ di disordine.
Lascia forse più domande che risposte. Davanti alcuni outfit mi sono chiesta: ma cos’è? Un pigiamone della nonna trasparente o un grembiule da domestica trasparente? E perché? Non è possibile toglierlo e capire cosa c’è sotto?
Miuccia Prada è troppo avanti per me, non ci arrivo, credo sia un mio limite.
Se puoi immaginarlo, può accadere.
Nel suo balzo temporale, Nicolas Guèsquière concepisce per Louis Vuitton un futuro post-apocalittico, un mondo fantasy che ci richiama gli scenari dei Manga giapponesi.
Come fossero eroine di un videogioco o di un manga, le donne indossano warrior-jacket in pelle doppio petto, maglia metallica elaborata su linee sportive, gonne da gladiatore, giacche e gilet in pelle monogrammata. Ogni paladina della giustizia ha il suo lato femminile e romantico. Senza sconfinare in Hello Kitty, come gli asiatici amano fare, ritroviamo la femminilità più rosa nel tocco Boho: camicie con volant, tute in denim o stampate, maxi abiti con motivi floreali, crop top e maxi pull.
Ci sono anche quelle sfilate che ti lasciano un po’ indifferente ahimè. Stella McCartney non ci ha stupiti, né fatti innamorare, ma neanche la vogliamo metterla fra i peggiori. Dopo una serie di splendide collezioni, doveva arrivare un piccolo flop per la discendente del Beatles n.2 (il numero uno rimarrà sempre Lennon!).
Possiamo suddividere questa collezione in alcuni blocchi: i maxidress in tartan, tubini e gonne con giochi geometrici su sovrapposizioni trasparenti, i tailleur scomposti ed i pezzi forti che sarebbero composti da più balze di tessuti plissè multicolor da portare in oversize (lasciando in noi il dubbio di essere stati presi in giro). A chiudere lo show degli accattivanti abiti da sera con motivi astratti macro o inserti in maglia; tutto giocato sulle trasparenze ed il fluido movimento della seta. Ci siamo salvati col dessert.
Ancora uno show che ci lascia vagamente annoiati è quello di Hermès. E’ la seconda collezione di pret-a-porter per il brand della pelletteria di lusso più desiderato e forse per questa primavera/estate ci aspettavamo qualcosa in più, che sapesse reggere il confronto con l’opulenza ed il peso di questo marchio.
Magari il concept era proprio far sì che gli abiti non ci distraessero dal desiderio compulsivo di una Birkin arancione!
I pregi non mancano: tagli azzeccati, proporzioni armoniose e femminili, impeccabilità sartoriale. Se si è alla ricerca di un capo-spalla inossidabile da tenere a portata di mano nell’armadio per stagioni e stagioni, allora siamo nel posto giusto. Ho già la visione di un dialogo del futuro fra due amiche: “Guarda questo soprabito bianco senza colletto. L’ho preso nel 2016, più di dieci anni fa! Ed ancora è praticamente come nuovo, l’ho messo proprio ieri sera”. Quelli che chiamo: investimenti.
Concludiamo con l’eleganza italiana per eccellenza, Valentino. La collezione, concepita da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli lusinga il continente africano, traducendo elementi tribali in ingegnosi e brillanti capi che vestono la donna di una fascinosa allure esotica. Piume Masai, perline, frange ed inserti su motivi colorati adornano minidress; outfit da amazzone con rete e top in pelle intarsiata; maxi dress drappeggiati, in stile impero, allacciati al collo in un sogno soprannaturale che ci rimanda alle dee pagane. Tutto su una palette calda che cita i paesaggi dell’antico continente: arancione, verde, marrone, rosso, bordeaux.
Il mio diario da Parigi si conclude qui, tirando le somme posso affermare di aver imparato che: la guerra e l’amore perdono la loro valenza positiva o negativa se trasmutati in pezzi d’arte da indossare; le epoche storiche si ripetono e ritornano così come i sentimenti o i trascorsi che ci legano agli altri, come se il divenire stesse nel ripetere apportando giusto qualche modifica; il chiodo non passerà mai ed è difficile che da Saint Laurent si sbagli un colpo. Ed ancora una volta: nessuna donna vorrebbe controllare se il suo posto in aereo è accanto il finestrino, o sul corridoio, dalla piantina stampata sul suo outfit!