C’era una volta Borsalino…

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Risuona nelle ultime ore la notizia che lo storico brand made in Italy Borsalino è stato dichiarato fallito dal tribunale di Alessandria, città in cui ha sede il brand, e che ne ha respinto una richiesta di accordo fallimentare presentata da Haeres Equita srl, la società di proprietà dell’imprenditore svizzero Philippe Camperio.
Una lunga storia durata 160 anni, era infatti il 4 aprile 1857 quando Giuseppe Borsalino avviò in via Schiavina ad Alessandria un laboratorio specializzato nella produzione di cappelli in feltro. Il laboratorio crebbe fino a diventare industria e nel 1888 l’azienda si trasferì nella nuova manifattura di corso Cento Cannoni, progettata da Arnaldo Gardella.

Agli inizi del 1900 Borsalino contava 2500 dipendenti e una produzione che si attestava circa intorno ai 2.000.000 di cappelli.

Il marchio Italiano di cappelli in feltro di coniglio, per la cui realizzazione occorrevano circa 7 settimane di lavoro e molte di più per quelli in paglia, divenne, cosi in poco tempo, non solo famoso in Italia ma anche in tutto il mondo.

Immortalato per sempre in pellicole di gran successo come in Casablanca, in cui Humphrey Bogart e Ingrid Bergman lo indossano nella scena finale , oppure da Marcello Mastroianni in “8½” di Federico Fellini, sino a Jean-Paul Belmondo in “Fino all’ultimo respiro” e Toni Servillo in “La grande bellezza“. E ancora in Borsalino e Borsalino and Co. due pellicole cult degli anni Settanta a cui la manifattura di Alessandria concesse l’uso del proprio nome. L’idea fu di Alain Delon e Borsalino accettò a patto che sulle locandine apparisse il logo dell’azienda.
Ma nonostante il classico Borsalino sia stato indossato da icone del cinema Hollywoodiano, piuttosto che da uomini dell spessore di Ernest Hemingway, Winston Churchill e Gabriele D’annunzio, negli anni la società ha perso milioni di euro, trovandosi anche al centro di scandali che hanno coinvolto l’allora proprietario di maggioranza Marco Marenco. Una storia che oggi volge all’epilogo in malo modo e che vede il fallimento di un’azienda che ha contribuito ad esportare nel mondo lo stile e il made in Italy.

 

Nicola Ievola