“La libertà è un bene necessario”. Una frase che offre tanti spunti di riflessione, nonché concept portante del nuovo album di Roberto Bruno, cantautore rock catanese.
L’intero album, “Bene Necessario”, è stato scritto, prodotto ed inciso dal polistrumentista Roberto Bruno nel corso del 2020 durante il lockdown. Una produzione in solitaria, con alcune collaborazioni con altri musicisti dell’hinterland catanese quali il cantautore Marsili (Doremmilaro Record con Cesare Basile), Antonio Longo (piano) e Salvo Pennisi (batteria).
Roberto Bruno
Nativo di Belpasso (Catania), Roberto Bruno ha iniziato il suo percorso musicale negli anni ’90, quando Catania era nota per il suo fermento Indie (e quando questo non era mainstream). Premiato con numerosi concorsi nazionali (vinti con diverse band) e con all’attivo sei uscite discografiche fra album ed EP; oltre che a diverse collaborazioni discografiche. Nel 2019 è stato co-autore dello spettacolo teatrale e multimediale “Versante Sud – 1669” che ripercorre gli eventi della tragica ed imponente eruzione dell’Etna del 1669, un ricordo sempre vivo nella memoria storica dei siciliani. Intensa è la sua attività live con diverse formazioni musicali.
Bene Necessario
Il quarto album da solista di Roberto Bruno è uscito lo scorso 12 Febbraio 2021 ed è disponibile su tutti gli stores digitali in streaming, nonché in formato fisico su prenotazione. Si tratta di un concept album, come si soleva fare “un tempo”, un contenitore di tutti quei pensieri con cui un artista, nel 2021, deve fare i conti. “È una sequenza di pensieri sociali, politici ed economici che sfociano nell’esistenzialismo e sussitenzialismo di un’artista nel 2020/21”, spiega l’autore, “Nasce dalle riflessioni conseguenti a tutti i vari DPCM, dove inizi a domandarti quali siano davvero i Beni Necessari”.
Il tutto, raccontato in una forma rock cantautoriale contaminata dall’indie pop e dal blues.
Conosciamo Roberto Bruno. Laureato in economia che dopo anni in azienda decide di cambiare vita e seguire la sua vocazione, ovvero la musica. E sappiamo bene quanto questa scelta possa essere descritta come un “salto nel vuoto”. Cosa è scattato dentro di te?
Devo necessariamente premettere che prima della laurea presa a 27 anni, ovviamente, ho vissuto anche io la mia gavetta da musicista. Dai 16 anni in poi ho militato in diverse band, tra queste l’esperienza più importante è quella con i One Eye Dog. La laurea è stato un percorso obbligato per volontà familiari ed esigenze di libertà personali. L’attività musicale è stata quasi sempre continua, anche a Milano. Tornando alla tua domanda, posso affermare che il primo vero “salto nel vuoto” è stato in realtà quello nel mondo lavorativo lombardo. Uno stipendio sicuro non può riuscire a riempirti la vita e darvi un senso compiuto. In quei sette anni ho scritto molto e iniziato le registrazioni che hanno portato alla pubblicazioni, dei miei primi album: Inverosimile (2010) e Nonostante tutto (2011). A fine 2011 rientro in Sicilia; è stato il richiamo della mia terra, della famiglia e degli affetti, insieme a quel malessere dovuto ad una vita professionale che non volevo, a farmi fare il secondo “salto nel vuoto”. Dal 2012 la musica si è presa man mano tutti i suoi spazi fino a diventare un impegno a tempo pieno. Scrivere, suonare dal vivo, che siano inediti o cover, insegnare musica, tutto ciò mi dona un grande benessere interiore, che il primo “salto” non riusciva a darmi.
Raccontaci dell’esperienza del produrre interamente un album in solitaria (anche se ci sono alcune collaborazioni). Un bilancio fra i pro ed i contro.
La cosa bella del comporre e del registrarsi da se è proprio la concreta possibilità di dare la forma che vuoi alla tua composizione. Quando compongo un brano per un mio progetto personale, già lo immagino arrangiato e il non avere altri in studio ti permette di focalizzare al 100% l’arrangiamento che hai in testa. Da solo è sicuramente un processo più faticoso ma esaltante, potendo suonare quasi tutte le parti degli strumenti. Definirei il mio un album di sopravvivenza. Mi ha aiutato a resistere in questo periodo da tanti punti di vista! L’ho registrato in casa e gli amici che hanno collaborato hanno registrato le loro parti a casa loro: Felice Briguglio, aka Marsili, in Medioevo (drums programming e voce), Antonio Longo in Senza Gettoni (piano) e Salvo Pennisi alla batteria in quattro brani. In tutte le mie autoproduzioni ho comunque avuto sempre la necessità di avere un confronto con un orecchio esterno, anche solo per un ascolto, un consiglio, un opinione che diventano fondamentali da diversi punti di vista. Lavorare in studio e suonare con colleghi e amici è un altro tipo di processo creativo, la condivisione è proprio alla base della musica, creare un sound da band, mettere insieme le idee di tutti e trovare una sintesi. Quando lavori con persone con cui condividi la visione progettuale, tutto può diventare ancor più stimolante, anche a livello energetico. Morale: gli altri sono sempre importanti se non indispensabili.
C’è stato un momento in cui hai pensato che non valesse la pena di continuare ad incidere un nuovo album data la mancanza di prospettive live nell’immediato futuro?
La creazione è di per se frutto di una lotta interiore, più grosso è il peso emotivo di quello che vuoi esprimere, più è la fatica nel farlo e maggiore la liberazione nel concretizzarlo. Nel mio caso, la risposta a questa domanda è proprio la conclusione del disco.
L’album si conclude con una canzone che si intitola “L’Ultima” in cui dichiaro proprio che questa sarebbe stata la mia ultima canzone, perchè non vedo un futuro. Non so se andrà così, forse l’ho scritta proprio per esorcizzare questa scelta pensata in un momento di sconforto. Il mondo dei piccoli live, per chi propone musica propria, non era messo bene già prima della pandemia. Come sarà domani non riesco oggi ad immaginarlo, posso dire che non ho fatto l’album per organizzare un tour, l’ho fatto perchè avevo qualcosa da dire e la necessità di esprimerlo.
Sono tante le influenze musicali che risuonano fra le diverse track. Dal rock, all’indie fino al cantautorato. Ti senti più un “rockettaro” o un cantautore?
Mi definisco un “cantautore rock” proprio come fusione dei due mondi che amo. Forse non sono un vero rockettaro perchè non ho mai seguito i classici stereotipi del mondo rock, non amo le iper distorsioni, non amo gli assoli ipertecnici e certi modi di apparire; come nel cantautorato non amo l’autocelebrazione che spesso i cantautori fanno di se, l’intellettualismo fine a se stesso non è molto diverso dal rockettaro che fa l’atleta sulla tastiera. Amo la forma “canzone” come amo i bei riff di chitarra. Riuscire a creare con il giusto mix dei due mondi è la vera sfida. In “Bene Necessario” credo di essere riuscito nell’inserire le diverse soluzioni, la canzone, il pezzo rock e la canzone rock. Si forse sono proprio queste tre le soluzioni compositive che uso di più.
E parlando di rock, il brano senza dubbio più graffiante è “Facciamo Schifo”. Un po’ come John Lennon quando nel testo di “God” elenca tutto ciò in cui non crede, qui tu racconti di quello che ti fa schifo. Capovolgiamo tutto: e se dovessi elencare cinque cose di questo biennio che invece hai amato quali sarebbero?
Non è facile risponderti senza creare qualche paradosso:
1) non avere impegni, mi ha permesso di lavorare tantissimo
2) la solitudine, mi ha dato la concentrazione necessaria per scrivere
3) l’isolamento mi ha permesso di mettermi in contatto con molte persone che non sentivo da tanto tempo
4) stare chiusi in casa mi ha permesso di poter dedicare del tempo alla mia campagna
5) sono stato più vicino ai miei familiari anche se a distanza di sicurezza.
La musica è senza dubbio un “Bene Necessario”, anche se attualmente la categoria dei musicisti è quella che più soffre le conseguenze della pandemia. Come sei riuscito a trovare l’imput per avviare questa nuova avventura discografica?
Da marzo 2020 stiamo vivendo un periodo pieno di paure, incertezze e angoscia. Proprio nelle difficoltà l’essere umano è capace di dare il meglio ed anche il peggio di se. Si è parlato di eroi, di tanti che si sono sacrificati, ma le persone hanno mostrato oltre ai loro lati positivi anche quelli negativi. Io ero abbastanza scioccato e ho somatizzato questo malessere per settimane, non avevo il coraggio di prendere la penna e scrivere quello che mi girava in testa finchè non ho visto un video dell’attore comico Roberto Lipari in cui si sfogava con gli italiani contro l’evidenza delle bassezze morali in quei primi giorni, lo cito: “siamo un popolo di poeti, scrittori, artisti, santi e assassini…”. Mi ha smosso nel profondo. Ho preso coraggio e ho scritto di getto “Facciamo schifo”. Da quel momento mi ero liberato e avevo superato un blocco compositivo che andava avanti da un po’. Poi ho scritto “Bene Necessario” e man mano si delineava l’idea di sviluppare tutte le canzoni attorno ad un analisi sociale, politica, ed infine personale di quest’anno indimenticabile.
Stiamo effettivamente vivendo un vero e proprio “Medioevo”, un momento in cui il livello culturale, sopratutto in Italia, pare si sia abbassato in modo marcato. Prevedi un Rinascimento nelle arti o pensi sia ancora una realtà distante? Cosa manca per fare il salto di qualità?
Credo che le coscienze siano veramente bloccate e oscurate dai media. Il salto di qualità sarà relativo, la qualità è percepita in maniera diversa in base a dei principi diversi per ogni epoca. Ancor prima del Rinascimento sarà necessario un Umanesimo che faccia riscoprire le arti e la cultura. Perchè si possa avere un Rinascimento delle arti ci vorranno dei mecenati, gente che non voglia sfruttare l’arte ma che l’alimenti senza la necessità di un guadagno o tornaconto personale. Il binomio estetica/denaro imperversa. Ci vuole il coraggio di finanziare per far sperimentare, per creare nuovamente qualcosa di nuovo. I governi stentano a trovare fondi per le scuole e le altre istituzioni primarie, per questo non riesco a credere che capiscano l’importanza della cura dell’anima da avvenuta con l’arte. Credo che ancora non si sia toccato il vero fondo di questo sistema sociale, forse allora potrà avvenire una nuova rivoluzione culturale. Ma non sarà migliore di oggi, o superiore, sarà diversa, ma l’importante è che ci sia.
Si è da poco concluso il Festival di Sanremo, dove la canzone premiata è proprio quella di un gruppo rock. Il titolo “Zitti e buoni” ci sembra in totale opposizione alla frase “La libertà è un bene necessario”. Credi ci sia un marcato messaggio di sottomissione da parte del mainstream musicale?
Mi ha sorpreso che per la prima volta fosse una rock band a vincerlo, mi ha reso felice ed ho gioito. Spero che questa vittoria possa far nascere la voglia nei giovani di imbracciare uno strumento e l’amore per la musica suonata. Credo che i Maneskin, come tutti i giovani ribelli di tutte le epoche, sentano l’esigenza di essere diversi dalla massa, ma questa ribellione d’intenti non faccia altro che accomunarli e renderli uguali. Una diversità ostentata con rabbia che onestamente non condivido, non mi appartiene. Essere un rocker non vuol dire necessariamente essere un duro. Ho letto il testo della loro canzone per cercare di capirne il senso, soprattutto del titolo. Non sono giunto ad una conclusione, mi lascia però la sensazione che il loro urlare li ponga chiaramente all’interno del classico stereotipo del vecchio rock, esisto perchè urlo, sono inc****ato e quindi sono un rocker figo! Questo è il loro vero atto di sottomissione, a mio parere. Come citavi nella domanda, la mia canzone “Bene necessario” si pone in antitesi per le modalità ed il fine ricercato, il riconoscimento del superfluo e la conclusione che per essere liberi, l’amore è il solo bene necessario.
Ti ringraziamo per questa bella intervista Roberto. Vuoi dire tu stesso ai nostri lettori dove possono ascoltare la tua musica?
Grazie a voi per questa preziosa opportunità e le belle domande che aprono a tante riflessioni.
Ho un mio sito web robertobrunomusic.com dove si trovano tutti i link per ascoltare la mia musica, vederne i video, acquistarla, e tante info. Sono presente nei seguenti social come “Roberto Bruno Music”: facebook, instagram, youtube e twitter. Invito tutti gli appassionati di musica però, ove possibile, di non limitarsi ad ascoltare la musica solo via web, torniamo tutti a comprare la musica, in cd, vinile, ok anche l’mp3, ma comprata! Oggi è possibile stabilire un contatto diretto con gli artisti, utilizziamo il web a nostro vantaggio, sia dell’utente sia dell’artista, perchè questi colossi polverizzano la musica per i loro guadagni. Ritorniamo ad un tempo quando si decideva di comprare un album e lo potevi stringere in mano, forse così la musica avrà una chance in più per sopravvivere e riprendersi, in attesa che si possa tornare a vivere la musica nella sua forma più vitale ed essenziale, dal vivo.
Grazie ancora per questa bellissima intervista. Ciao a tutti.