
La collezione firmata Louis Vuitton ma “scritta” da Virgil Abloh
Il direttore artistico Virgil Abloh non si smentisce e sviluppa le pre-collezioni rimarcando il rigore analitico delle sue sfilate. Per lui, la collezione è caratterizzata da quella che nella sua mente era la “normalità” delle pre-collezioni, ovvero “Capi essenziali di un guardaroba, 7.0’d.”
Le parole chiave di questo grande libro
Virgil conia parole come “trendless” e “lifewear”, che trovo interessanti perchè permettono di pensare fuori dagli schemi, come fossero un suo riflesso. Per Louis Vuitton preferisce però rifarsi a “boyhood”, parola che fa da chiave ed apre le mille porte delle sue collezioni, facendoci capire che sono nate da una domanda: “cosa modella il guardaroba di un uomo?”
Virgil Abloh risponde: “Cosa caratterizza l’abbigliamento come maschile? I ragazzi. Credo che i mattoni impilati l’uno sull’altro attraverso le nostre vite formino la narrazione di ciò che definisce l’abbigliamento di un uomo”.
Come vuole salutarci Virgil Abloh : diamo una “letta”
La pre-collezione è stata completata e fotografata prima che il direttore artistico ci salutasse il 28 novembre 2021. Il cuore mi batte un po’ più forte mentre scrivo e so che probabilmente succede lo stesso a voi mentre leggete.
Capitolo uno: parliamo della collezione.
“Il mio lavoro di oggi è la prova di ciò che ho vissuto: come sono stato educato, cresciuto e come mi sono evoluto”; così esordisce Virgil Abloh ed infatti, mette tutto sé stesso in questo suo ultimo lavoro e rompe le tradizioni.
Dai degradé che emergono sui tessuti denim ricordando lo spirito adolescenziale, alle stampe con miniature di loghi LV, fino ai motivi a zig-zag: potremmo dire che la collezione urli “streetwear” da tutti i pori, ma è impossibile poterle catalogare dato che l’obiettivo è proprio rompere con le etichette, “streetwear” o “formale” che siano.
Capitolo due: la gioventù (ma non bruciata, anzi!)
I ragazzi sono le fondamenta della collezione.
Le borse, gli accessori, le stampe: Virgil Abloh rimette tutto in discussione.
“Non lasciare che sia un giorno di lavoro a definirti”, così ricorda al pubblico il motivo della scelta artistica dietro cappelli e berretti che si ispirano a professioni e definizioni.
Le stampe in fil-coupé, jacquard e ricamate che appaiono anche sui veli, sono frutto della mano di Ghusto Leon, che vuole trasformare l’insolenza adolescenziale in una forma d’arte simbolica e senza tempo.
Arriviamo all’epilogo: il messaggio di Virgil Abloh
Ammetto che sono stata contenta di riprendere le parole dello stesso Virgil, che per anni ci ha dato tanto ed è andato via lasciando un’impronta che in pochi scorderanno, forse perché tra tante impronte che hanno passeggiato in una direzione, la sua è l’unica “contromano” e non la si può non notare o scordare. Quindi, come sempre, nuota contro corrente e fa si che questa collezione possa “celebrare un’idea commerciale piuttosto che negarla”.
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