Rifiutata con corale indignazione nel Salon d’Art del 1863 – spazio espositivo per antonomasia della miglior arte accademica francese e tempio assoluto della convenzionalità pittorica – ma entrata immediatamente nell’immaginario collettivo parigino ed europeo per lo scandalo suscitato anche agli occhi dell’Imperatore Napoleone III, Le Déjeuner sur l’Herbe del pirotecnico Edouard Manet segna – incontestabilmente – un punto di non ritorno verso i nuovi traguardi dell’arte moderna che nel Novecento spazzeranno via canoni e idealità ormai agonizzanti.

Ben pochi critici si avvidero che la tela di Manet era manifestamente ispirata ad archetipi di folgorante prestigio: come Il Concerto Campestre di Tiziano ed una celebre incisione di Marcantonio Raimondi da un Giudizio di Paride del divino Raffaello, originariamente nella Stanza della Segnatura in Vaticano. Tutta la Parigi della cultura e della mondanità rilevò soltanto l’incongrua nudità della pur sensuale modella che guarda maliziosamente verso lo spettatore coinvolgendolo – complice involontario ma sedotto – nella scena incomprensibile ai più: la giovane donna non è travestita in forme mitologiche, come i buoni borghesi – che peraltro adoravano un nudo femminile edulcorato alla Ingres – avrebbero voluto e la sua nudità è resa ancor più sconcertante dal contrasto con due Dandy cittadini abbigliati in foggia contemporanea.
Per tacere poi dell’altra fanciulla sullo sfondo, in camicia semitrasparente, che si bagna nelle acque d’un ramo secondario della Senna, inquadrata in una geniale prospettiva – d’ascendenza Canalettiana – detta a Cannocchiale.
Il rifiuto – subdolamente innovativo – di ricorrere a ipocriti travestimenti mitologici e la resa spettacolare delle pennellate grasse ed ampie, ispirate chiaramente a Velàzquez ed a Goya, che Manet idolatrava, come pure l’indimenticabile brano di natura morta con l’abito appena dismesso dalla magnifica modella Victorine Maurent, il cappello di paglia a larga tesa, il pane dalla crosta croccante e la superba frutta – tra Caravaggio e pittura olandese del Seicento – fanno di quest’opera iconica e trasgressiva il grido autentico della Modernità. Per Sempre.