Amore e morte nella Vienna asburgica: la Giuditta di Gustav Klimt fra voluttà e perversione

Un saggio del Prof. Vittorio Maria De Bonis
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Perfetto e malioso interprete dei demoni e delle delizie della Vienna fin de siècle che unisce le indagini freudiane sulle meccaniche dell’Inconscio alle note incantate dei walzer di  Strauss, Gustav Klimt saprà dar corpo alle ossessioni sessuali e ai brividi carnali che percorrono i suoi anni col più compiuto dei suoi capolavori: Giuditta, creata nel 1901 ed ancor oggi custodita nella sua città natale.

Giuditta – Klimt

L’eroina biblica – liberatrice della Città di Betulia dal crudele assedio del generale Oloferne, al soldo di Nabucodonosor, col suo coraggioso atto omicida – viene trasfigurata con sensuale genialità in una sorta di Circe decadente e assetata di lussuria, che trionfa con castrante compiacimento su un maschio inerme e schiavo della sua letale bellezza.

Nei primi decenni del Novecento, l’immenso Impero Asburgico che si estende senza soluzione di continuità dall’Adriatico all’Ucraina e conta oltre quarantasei milioni di abitanti, è ormai ineluttabilmente percorso dai fermenti indipendentisti delle innumerevoli etnie – cattoliche e islamiche – che lo compongono e che iniziano a minarne la leggendaria stabilità.

La figura e la personalità autorevoli e in apparenza granitiche del savio Imperatore Francesco Giuseppe, già minate dal suicidio del figlio Rodolfo d’Asburgo, da quello del nipote Ludwig di Baviera e dall’omicidio della consorte Elisabetta di Wittelsbach-Baviera ad opera d’un irredentista italiano, sembrano purtuttavia esser ancora garanti della superstite stabilità della compagine asburgica ma le intuizioni del giovane Sigmund Freud e dei suoi allievi, come le innovative creazioni di Klimt che scandagliano impietosamente gli abissi psicologici e il fittizio perbenismo della buona società porteranno – di lì a poco – a demistificare false apparenze e a rivelarne il fermentante groviglio d’ossessioni.

Nella preziosa cornice in rame sbalzato, opera del fratello Georg – orafo e scultore – Gustav Klimt propone il volto sensuale – dagli occhi velati, le narici frementi e le labbra semiaperte – della sua eterna modella ed amante: Adele Bloch-Bauer, moglie d’un celebre industriale e donna raffinata e amante delle arti. Alle spalle di Lei, una raffinata decorazione stilizzata che evoca l’arte greca arcaica e i rilievi assiri, mentre il superbo Collier con zaffiri, rubini e turchesi che Giuditta indossa sembra mozzarle in capo, in accordo con la testa del generale decapitato Oloferne  che ella stringe nella destra, quasi fosse un altrettanto prezioso ornamento della sua bellezza. Il seno sinistro dai capezzoli rosati e l’ombelico esposto allo sguardo goloso e attonito dello spettatore, folgorarono e scandalizzarono la Vienna bigotta e tradizionalista, ma la prima grande Rivoluzione della pittura partì – esattamente – dalla più felina e determinata delle Eroine bibliche.