Un taglio al passato: concetto spaziale in rosso: le attese di Lucio Fontana

Un saggio del Prof. Vittorio Maria De Bonis
0

Quando mi siedo davanti a uno dei miei tagli, a contemplarlo, provo all’improvviso una grande distensione dello spirito, mi sento un uomo liberato dalla schiavitù della materia, un uomo che appartiene alla vastità del presente e del futuro… 

A partire dal 1957, l’Arte contemporanea europea – che pure ha conosciuto le rivoluzioni autentiche o fittizie delle grandi e piccole Avanguardie  – è scossa da un nuovo brivido che diviene in breve un fascinoso moto tellurico: Lucio Fontana, argentino di nascita e italiano d’adozione, con un passato d’artista figurativo in campo pittorico ma soprattutto scultoreo, inizia a tempestare la tela, dapprima semplice e quasi anonimo supporto – meramente meccanico – d’ogni creazione tradizionale, di colpi di punteruolo e tagli decisi, inferti con un affilato taglierino su una  prosaica base dipinta con una banale vernice industriale:

E’ un nuovo concetto di Spazio. Si tratta di pensare alla tela non più come a una superficie su cui, per secoli, si sono dipinti quadri, ma, piuttosto, di pensare alla tela come ad un elemento nello spazio…

Il mondo dell’Arte ne esce definitivamente sovvertito e bruscamente rinnovato, anche se le avvisaglie inevitabili d’un simile processo erano già avvertibili dalle prime ricerche freudiane: tutta la cultura del Novecento, sulla scorta delle intuizioni e delle scoperte dello psicoanalista viennese, tenta di attingere al fondo oscuro e fermentante dell’Io, di riportare alla luce il complesso e in apparenza inconoscibile regno dell’Inconscio. Così Fontana violenta e buca la tela, squarcia il velo che oscura e travisa il reale, permette con i suoi tagli l’emersione di ciò che brulica sotto la superfice immota della tela,

Quella stessa Tela che diventa da oggetto supino a soggetto dell’azione creatrice, che si dispone e propone come soggetto spaziale, anche in virtù di colori inattesi e talora squillanti, come i tagli su un base rossa squillante, seduttiva ed arcana insieme.

Ma – a ben vedere – la genesi di una tale pratica di disvelamento è ancor più antica, e prestigiosa.

Era stato proprio un contemporaneo ed amico di Leonardo da Vinci, il poeta di corte Bernardo Bellincioni – al servizio di Ludovico il Moro a Milano – autore d’un sonetto celebrativo sulla Dama dell’Ermellino, a sentenziare: E Come un Buon Pittor, vi mostro il Dentro…