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La Dea rinascimentale dell’eleganza: Agnolo Bronzino e il ritratto di Eleonora di Toledo col figlio Giovanni

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Gemma incontestata della galleria di ritratti medicei del Museo degli Uffizi ed autentica icona esemplare e splendidamente composta del potere della Casata, il celeberrimo ritratto di Donna Leonor Alvarez de Toledo y Osorio, figlia del potentissimo Viceré  di Napoli e sposa adorata del granduca Cosimo I de’ Medici, eseguito da Agnolo Bronzino nel 1545, condensa con superbo virtuosismo algida bellezza e maestà pressoché divina in un’aristocratica effigiata come una Dea mortale.

Eleonora di Toledo e il figlio Giovanni – Bronzino

La resa memorabile dello spettacolare abito in broccato damascato con corpetto, maniche e gonna ricamate in nero ed oro, importante anzi determinante al par della perfetta resa mimetica d’un volto d’alabastro atteggiato ad olimpica degnazione, la sapiente esecuzione dei memorabili gioielli di perle della Granduchessa, dalle collane alle reticelle trapunte sul capo e sulle spalle, fino alla nappa terminale della magnifica cintura – forse opera dell’Orafo di Corte Benvenuto Cellini – che conclude con un capriccio di fili di piccole perle quel monile da sempre associato alla Virtù ed alla Castità, rivelano chiaramente l’intento d’offrire ai sudditi ed agli spettatori un complesso e inimitabile ritratto dinastico che eterni le qualità ideali della Granduchessa.

Basti pensare allo sfondo notturno che s’illumina proprio intorno al capo della gentildonna spagnola fornendo così – in maniera allusiva – una sorta di aureola profana che la effigi come una sorta di Madonna medicea, e proprio alle vesti della Vergine rimanda il grande melograno simbolico ricamato sul corpetto – associato tradizionalmente alla fertilità ed alle virtù del matrimonio – che  compare in tante immagini d’età gotica e prima ancor bizantina della Madre di Dio.

Un ulteriore particolare inatteso caratterizza il volto candido e fascinoso di Eleonora: secondo una modalità propria sino ad allora solo delle donne di bassa estrazione o degli schiavi moreschi,  ella porta i lobi delle orecchie forati per poter indossare i suoi semplici e magnifici orecchini con perle a  goccia, come una sorta di plateale attestazione d’esser interamente e amorevolmente sottomessa al desiderio ed alla potestà del marito: un atto d’appassionata dedizione che rende ancor più straordinario il più fascinoso dei ritratti femminili del tardo Rinascimento.

                                                                                 

Vittorio Maria De Bonis