Di Tiziana Galli
Francesca Aristei e i suoi ritratti
Il ritratto sicuramente è il suo canale espressivo prioritario ed è qui che Francesca Aristei riesce a sussurrare l’inesprimibile.
A cogliere l’invisibile.
È la sua capacità di carpire quei dettagli psicologici che a voce sembra difficile raccontare a coinvolgerci, la sua capacità di tradurli chiaramente in immagini.
Grafite e colore: un colore sussurrato e leggero che contraddice la veridicità del disegno a matita, creando la suggestione di un sogno. Fotogrammi del tempo che scorre.
Come sottolinea il Prof. Marco Bussagli: “Le opere di Francesca Aristei (…) si collocano nel solco ideale a suo tempo tracciato da Raffaello e da Canova cui l’artista guarda non per copiare, ma per apprendere il segreto della conquista di un equilibrio fra quel che è il platonico ideale della forma e la specifica consistenza dell’uomo, della donna o del bambino che ha dinanzi come soggetto da ritrarre. Per questo la scelta dei colori si allontana dall’imitazione del mondo reale e predilige una soluzione monocromatica che, di per sé, sposta la percezione della forma su un piano che non è più quello del quotidiano, ma quello dell’eterno e dell’assoluto.”
Ci soffermiamo su i suoi ritratti muliebri, osservando la femminilità che racconta: bellezza senza tempo, che non grida, ma che affascina per la dolcezza dello sguardo e la morbidezza delle sue forme.
Bellezza di donne reali, con il chiaro desiderio di piacersi e di piacere, colte in un momento qualunque della loro intimità domestica.
Donne un po’ come tutte noi.
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