Di Andrea Festuccia
Un film per reinventare la Torino della Fiat
Dal 27 agosto nelle sale italiane il film di Stefano Di Polito che mette alle prese tre ex-operai dello storico stabilimento di Mirafiori con la necessità di reinventarsi il futuro.
Può il progresso cancellare ogni segno della storia? Dipende, verrebbe da dire….Se, come nel caso degli stabilimenti torinesi di Mirafiori, si tratta di una storia scritta sul cuore dell’Italia del boom degli anni ’60 e non solo, bisognerebbe andarci cauti. Anche da questo genere di considerazioni nasce il progetto cinematografico di “Mirafiori Lunapark”, film per il quale il regista Stefano Di Polito e il produttore Mimmo Calopresti hanno voluto tre protagonisti d’eccezione: Antonio Catania, Alessandro Haber e Giorgio Colangeli. Il film è ambientato in una Torino che in pochi anni ha cambiato, a volte in meglio, la propria pelle, tornando ad offrire atmosfere da capitale, ma le cui periferie meritano un’attenzione diversa, per prima cosa un rispetto della storia per arrivare a una rivalutazione completa.
Questa la storia: a Mirafiori, sede storica dei primi stabilimenti della Fiat e simbolo delle lotte operaie degli anni Settanta, è tempo di riqualificazione: una vecchia fabbrica abbandonata sta per essere abbattuta per fare spazio al vicino campo da golf. Ma Carlo, Franco e Delfino, che nel capannone hanno speso buona parte della loro vita, non sono disposti a uscire di scena senza fare un ultimo tentativo per ripopolare il quartiere e riavvicinare figli e nipoti.
Questo quanto si legge dalle note di regia: “Durante i sopralluoghi cercavamo una fabbrica che avesse ancora la catena di montaggio per poter allestire facilmente un lunapark. Abbiamo trovato solo fabbriche vuote, prive di ogni macchinario produttivo, persino quelle ancora presidiate da operai in sciopero. Allora è stata chiara la funzione del nostro lunapark. Riempire uno spazio fisico per colmare un vuoto emotivo. Accanto alla rimozione delle catene di montaggio, si è verificata una rimozione generale del “tema operaio” sparito lentamente dall’agenda dei media e dal dibattito culturale. Il film non intende suggerire una nuova ricetta economica ma vuole soffermarsi sul dovere di raccogliere l’eredità immateriale delle fabbriche. Mirafiori è il luogo del più grande stabilimento industriale italiano, dell’immigrazione dal Sud, dei sogni di riscatto realizzati attraverso il boom economico, della migliore istruzione possibile per i figli, dell’emancipazione, degli scontri politici e dei diritti conquistati. Le fabbriche sono la memoria di un’epoca. Prima di cancellare i segni del passato abbiamo bisogno di assicurarci un futuro meno vuoto e di ricostruire un rapporto più intimo, sincero e sentimentale con ciò che siamo stati”.