Un Salvatore per Caravaggio : verità, luce e umiltà

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Caravaggio, Madonna dei Pellegrini
La Madonna dei Pellegrini di Caravaggio

Perfetta icona per un’autentica speranza di riscatto e rinascita non solo ideale: parliamo della straordinaria tela della Madonna dei Pellegrini di Caravaggio.  

Ancora oggi l’opera è collocata sull’altare della Cappella della Madonna di Loreto, nella centralissima chiesa romana di Sant’Agostino sita nel Rione Campo Marzio. Qui, infatti, venne creata per volontà del marchese Ermete Cavalletti, committente dell’opera, nell’Anno del Signore 1605.

La scena si svolge sulla soglia dell’umile Casa Santa, che gli angeli avevano prodigiosamente trasportato da Nazareth a Loreto. Si intravede un’intonaco sbrecciato e lo stipite intaccato dal tempo.

Proprio lì, una Vergine carica di straordinaria vitalità e dolcezza si volge verso i due pellegrini scalzi genuflessi ai suoi piedi. Si tratta di un uomo maturo e di una donna anziana.

Entrambi sono poveramente vestiti e muniti del caratteristico bastone da viaggio dei viandanti. I due viandanti sorreggono con sforzo appena dissimulato un Bambin Gesù ormai cresciuto, che benedice con sollecitudine i due devoti inginocchiati in preghiera.

I loro mantelli sono lisi, le vesti rattoppate e hanno i piedi insudiciati dal lungo cammino. Questi elementi contrastano con il sontuoso rosso cupo, d’ascendenza tizianesca, della veste della Vergine e con le carni delicate del fanciullo divino.

La scena rappresentata rivela una sorprendente credibilità, così come il volto e l’atteggiamento della Vergine. Un’opera che testimonia un’autentico studio dal vero della modella prediletta del pittore, Maddalena Antognetti, naturale e ideale insieme.

I recenti restauri hanno, invece, rivelato la presenza delle impronte digitali di Caravaggio sul bastone dell’uomo. L’artista, infatti, come il suo modello di riferimento, Leonardo, utilizza i polpastrelli per sfumare le tinte.

Mai Caravaggio aveva raggiunto un così alto livello di compartecipazione e commossa tenerezza

In quest’opera, infatti, il Divino, compare nella sua più alta espressione. Esso è estremamente prossimo ai pellegrini.

Tuttavia, l’opera ha, nel tempo, suscitato una serie di leggendarie polemiche. A riportarle sarà il malevolo artista Giovanni Baglione, che pure tenterà  di clonare e scimmiottare lo stile dirompente del Maestro. Ma senza talento e senza innovatività.

Mille volte citate da presunti esperti o sedicenti caravaggisti, le critiche non sono che una semplice invenzione. Una creazione aneddotica d’un pittore privo di talento.

Il popolo, come pure gli aristocratici, avrebbero dovuto, invece, guardare con stupita ammirazione la veridica immagine.

Caravaggio fu, infatti, un maestro nel riportare alla più immediata attualità l’Historia Sacra. Egli fu in grado di travasarla in forme e contenuti immediati e immediatamente comprensibili.

La stessa posa della Vergine nobilita ulteriormente l’opera di Caravaggio. Ne mostra, infatti, se mai ve ne fosse bisogno, la complessità intellettuale e ideale.

La scena è ispirata a una statua romana un tempo custodita nei giardini di Villa Medici e ora nella Loggia dei Lanzi a Firenze. L’opera presa a modello rappresenta forse una prigioniera barbara con la medesima posa delle gambe incrociate.

Ancora una volta, e anche in questa occasione, Caravaggio ci obbliga ad esser testimoni oculari, del martirio come del miracolo, dell’evento miracoloso come dell’offerta del Salvatore. Dopo di lui non potremo più dire che non c’eravamo, che non sapevamo e che non abbiamo visto.

Vittorio Maria De Bonis