Abbigliamento: l’usato è boom. In Italia già 24 milioni di acquirenti

Giro d'affari da 25 miliardi di euro annui. Spesa procapite supera i 1.000 euro, il 40% dei consumatori interessato al settore . Risparmi fino al 70% sul portafogli e benefici per ambiente.
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Ricordo da bambino quando al mercato settimanale vedevo rovistare sulle bancarelle degli abiti usati alcune signore: non si aveva un buon giudizio su questo e si veniva considerati dei poveracci, e in effetti quella parte del mercato in genere era sempre defilata, nascosta. Nessuno voleva farsi vedere comprare abiti vecchi. Se lo facevi cadevi nella gogna popolare che eri povero e quindi da isolare. Poi per un periodo scoppiò la moda tra noi adolescenti. Magliette e pantaloncini usate. Quindi per un periodo tutti alla bancarella dell’usato. Ho ancora una maglietta che comprai allora. Avrà 35 anni e continuo a metterla. 

Per noi prima che una necessità, comprare usato era una moda, per alcuni una necessità, e oggi, con l’inflazione in corso forse una moda-necessità.

Che si dica “second hand” o “pre-loved”, il risultato è lo stesso. Gli italiani hanno la “febbre” da abiti usati: una vera e propria economia parallela che nel 2022 ha portato 24 milioni di cittadini a comprare vestiti di seconda mano e il cui giro d’affari, secondo l’Osservatorio Second hand economy, ha toccato i 25 miliardi di euro ed è destinato a crescere. La spesa procapite per l’abbigliamento di seconda mano supera così in Italia la soglia dei mille euro annui (1.042 euro circa) coinvolgendo il 40% dei consumatori italiani.

Acquistare un capo pre-loved consente di allungare la vita ad un prodotto già esistente riducendo così i costi ambientali legati allo smaltimento e consentendo un taglio consistente delle emissioni di CO2 in atmosfera.

Accanto ad una crescente tendenza al risparmio, specie nella generazione 25-34 anni, si registra infatti un forte aumento dell’attenzione nei confronti dell’ambiente e quindi una lotta convinta al fast fashion, una delle industrie più inquinanti del pianeta.

Insomma gli italiani ricorrono all’usato come antidoto al caro-vita. La forte crescita dei prezzi al dettaglio che ha caratterizzato gli ultimi due anni, e che prosegue ancora oggi, ha costretto gli utenti non solo a tagliare sulle spese non primarie, ma anche a modificare le proprie abitudini. Se quindi da un lato si riduce il giro d’affari dei negozi di abbigliamento e calzature tradizionali, dall’altro aumentano le vendite nel comparto del “second hand”, dando vita ad une vera e proprio potente nuova economia. Negozi, piattaforme ed e-commerce, con tutto quello che genereranno. Insomma Il mercato degli abiti usati è un po’ come il mercato delle auto usate. Nasce una nuova economia che porterà soprattutto ad apprezzare e dare valore alle cose.

Fuori dai nostri confini  comprare abbigliamento pre-loved è normale, soprattutto per le nuove generazioni di consumatori, e anche in Italia sta cambiando la mentalità collettiva. Può essere assolutamente una buona pratica da seguire quella di non buttare abiti usati ma farli indossare da un’altra persona. Senza contare che chi acquista in questo modo può risparmiare dal 50 al 70%, come nel caso delle scarpe, o a mode come costose come quelle delle sneakers che stanno mettendo a dura prova le tasche delle famiglie.

Evviva l’usato e attenzione ai prezzi, mai rinunciare alla capacità di “Saper Scegliere”.

Luigi Gabriele – Consumerismo No Profit