Sono trascorsi ben cinquant’anni dall’uscita di Space Oddity, singolo che ha consacrato la fama e la fortunata carriera di David Bowie. Il Duca Bianco, Ziggy Stardust, l’alieno fondatore del Glam Rock: Bowie è uno dei pilastri del rock. La sua produzione musicale è ormai storia, così come il suo look, continuamente citato dai designer in passerella.
Era il Luglio 1969, già… quell’anno cruciale che ha segnato l’apice ed anche la fine del movimento flower power con il festival di Woodstock, l’anno di nascita del rock progressive con il primo disco dei King Crimson, nonché dell’hard rock con l’affermazione dei Led Zeppelin. Il countdown alla fine definitiva dei Beatles con l’ultimo concerto sul tetto della Apple Records; ma anche l’anno della corsa allo spazio con la missione Apollo 11 che ha portato i primi due uomini sulla luna. L’ignoto scenario spaziale viene immortalato dalla pellicola cult “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick: sono state proprio quelle immagini, così dense di emozione e mistero, ad ispirare la penna di Bowie in un’opera, Space Oddity, che accosta il tema dell’alienazione e del sentirsi soli a quello della vastità dell’universo, al viaggio introspettivo, ma anche psichedelico. Infatti, nel suo viaggio interiore alla ricerca di se stesso e della propria anima, Bowie fa anche riferimento alla sperimentazione con le droghe, molto in voga all’epoca, attraverso il personaggio Major Tom, uno slang che indica proprio la dipendenza da sostanze stupefacenti. Lo stesso Tom, nella storia ideata da Bowie, muore prima di poter rientrare nell’atmosfera terrestre; ma si trattava solo di una fake-death: il Maggiore Tom si sarebbe invece inoltrato nelle profondità dello spazio, un luogo che adesso considerava casa. Nel brano del 1980, “Ashes To Ashes”, però, il Maggiore Tom ristabilisce la comunicazione con il pianeta terra. Ed è così che preferiamo immaginare Bowie: non è davvero morto, ha solo lasciato il pianeta per proseguire il suo viaggio spaziale.
L’atmosfera sognante di Space Oddity è anche dovuta alla presenza di Rick Wakeman, mago delle tastiere, membro del gruppo progressive Yes. È invece Mogol a firmare il testo della versione italiana del brano, “Ragazzo Solo, Ragazza Sola”, più incentrata sul tema della solitudine che su quello spaziale. La canzone è tornata in vetta agli ascolti su YouTube e Spotify qualche anno fa, precisamente nel 2012, quando Bernardo Bertolucci l’ha inserita nella sua pellicola “Io e te”.
Cinquant’anni dopo, nel 2019, arriva “Far above the moon”, una mostra ideata da Pietro Galluzzi che avrà luogo nella Galleria SpazioCima di Roma. La mostra verrà inaugurata il prossimo 4 Giugno alle ore 18.30 e resterà aperta fino a Venerdì 21 Giugno. Una collettiva con circa trenta opere ed installazioni in vari formati. Tema focale è il rapporto di David Bowie con lo spazio. Gli artisti ad esporre sono Gabriella Annik, Nino Attinà, Elvira Carrasco, Cristina Davoli, Daniela Durisotto, Francesco Elelino & Rakele Tombini, Mokodu Fall, Adriana Farina, Marco Giacobbe, Dante Gurrieri, Giusy Lauriola, Barbara Lo Faro, Valentina Lo Faro, Paola Lomuscio, Chiara Montenero, Massimo Perna, Tuono Pettinato, Valerio Prugnola, Eugenio Rattà, Giulia Sargenti, Giovanni Sechi, Asije Shahinas, Cristina Taverna e Antonella Torquati.