L’arte delle seconde possibilità: il rammendo creativo secondo La Guardarobiera

Intervista a Paola Pellino, la ex buyer che dice no al consumismo sfrenato ci racconta come nasce la sua passione per il rammendo creativo e perché dovremmo rivolgerci al vintage.
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Ci sono storie in cui è facile empatizzare con il protagonista. L’entusiasmo, la passione, il disincanto e poi il riscatto. Questi i capitoli principali della storia di Paola Pellino, in arte La Guardarobiera. Un racconto scandito da lampi di creatività e di intuizioni che ci fa riflettere sulla forza delle nostre passioni e sull’importanza delle seconde possibilità.

Paola Pellino, La Guardarobiera

Che influenza ha avuto la sua carriera nella moda su La Guardarobiera?

La Guardarobiera nasce 3 anni fa, al culmine di un percorso personale e professionale che mi ha ricongiunta con il mio amore per moda. Mia madre era una sarta, quindi per me la moda ha sempre rappresentato una grande passione. Il lavoro di buyer in un bellissimo negozio torinese mi ha permesso di vivere a contatto con creativi, designer, bei tessuti e alta qualità. Con il tempo, però, ho assistito da vicino all’avvento della logica della sovrapproduzione e del consumismo sfrenato a scapito della qualità dei prodotti. Ho cominciato ad avere una crisi d’identità, non mi riconoscevo più nel mio mestiere e questo disamore mi ha portata a lasciare il lavoro di buyer dopo 10 anni.

Paola Pellino e Tom of Holland

È stato l’incontro casuale con Tom of Holland, un signore olandese che teneva un workshop di rammendo visibile a Parigi, a darmi le risposte che cercavo.  Ne sono rimasta affascinata, come se fossi stata folgorata. L’ho invitato a tenere un workshop nel torinese e da quel momento ho iniziato a studiare e praticare il rammendo creativo. Così è nata La Guardarobiera.

Perché proprio La Guardarobiera?

La Guardarobiera richiama una figura che, sebbene oggi non esista più, era colei che si prendeva cura del guardaroba nelle case private delle famiglia borghesi del secolo scorso. Analizzava, curava, rammendava tutto ciò che era il guardaroba personale e la biancheria di casa. Mi piaceva questo nome un po’ antico perché rende bene l’idea di quello che faccio. Oggi mi occupo del recupero e della cura degli indumenti delle persone. Ho cominciato a lavorare andando a casa delle persone, aiutandole a decidere cosa tenere, cosa dare via e cosa riparare. Lì mi sono resa conto che le persone sono piene di indumenti che non usano e che sono pronte a buttar via per il minimo difetto, senza troppi sensi di colpa.

Cos’è l’arte del rammendo?

Il rammendo tradizionale è un’arte antichissima. Pensate che un tempo non c’erano il consumismo e la produzione di oggi, quindi le persone si arrangiavano con quello che avevano in casa. Ad esempio, per il rammendo le nostre nonne utilizzavano persino i capelli perché sono delle fibre molto resistenti. Il rammendo tradizionale consisteva in una ricostruzione vera e propria del tessuto o della maglieria. Ai tempi esistevano tante riviste sul rammendo, il ricamo e l’uncinetto. Anche se adesso stanno tornando di gran voga, la maggior parte delle persone continua a preferire il capo confezionato.

Qual è la differenza con il rammendo creativo?

Si tratta di un’arte che legge il rammendo in chiave contemporanea, esaltando il buco, il difetto con filati di colori diversi e con tessuti ricavati anche da capi vintage. Io tengo tutto ciò che è un patrimonio. Ad esempio, riesco a creare nuove cose persino dai polsini lisi della camicia di mio marito! Il rammendo creativo insegna a ricreare da ciò che già esiste. Il risultato è un capo di un’unicità incredibile perché ottieni un dettaglio irripetibile che diventa quasi un logo, un segno distintivo che ti differenzia dagli altri. Inoltre ti dà anche la soddisfazione di aver recuperato qualcosa a cui tieni.

Rammendo creativo https://www.instagram.com/la_guardarobiera/

Come si svolge un workshop di rammendo creativo?

Fino a qualche mese fa i miei workshop si svolgevano live con un gruppo di 8-10 persone. All’inizio ci riuniamo condividendo una fetta di torta, un the per prepararci a condividere in armonia alcune ore insieme.  Io ovviamente porto il materiale e dispongo sul tavolo i filati, i tessuti e gli strumenti, differenziando tra lana e tessuti. Di solito le persone portano da casa due indumenti da rammendare insieme. Dopo aver insegnato loro le tecniche base lascio spazio alla creatività di ognuno per scegliere i materiali che più gli piacciono. Il rammendo è una pratica molto rilassante, un percorso quasi meditativo che alla fine lascia tutti soddisfatti. Senza nessuna forzatura le persone passano delle fasi molto belle durante il workshop.

Workshop di rammendo creativo

Adesso purtroppo sto lavorando solo online con dei piccoli corsi insegnando le tecniche. D’altra parte, il digitale mi offre l’opportunità di raggiungere persone che non avrei potuto raggiungere, come tante ragazze italiane che mi seguono da tutta Italia o residenti all’estero. Ma per lavoro mi muovo molto volentieri e spero di tornare a muovermi presto.

Che età hanno le persone che le chiedono un consiglio o che si interessano all’argomento?

Ho avuto delle ragazze che mi hanno contattata per rammendare un jeans, piuttosto che un ragazzo che mi ha cercata per recuperare un vecchio Barbour di suo padre. Ma in generale, l’età media va dai 30 ai 60 anni. Però mi piace confrontarmi con i giovani. Ad esempio, l’anno scorso ho tenuto un corso di rammendo creativo allo IED di Torino e abbiamo realizzato un progetto bellissimo. Con gli studenti di vent’anni abbiamo recuperato degli abiti usati invendibili che erano presso un’associazione che raccoglie abiti e li destina a persone in difficoltà. Ho visto grande manualità, grande entusiasmo e alla fine i ragazzi mi hanno ringraziata dicendomi “Prof lei veramente mi ha aperto un mondo perché se fino a ieri andavo da Zara adesso finalmente ho l’opportunità di rammendare, di rivolgermi all’usato o al vintage per comprare capi e personalizzarli”. Queste sono le cose che mi commuovono.

La Guardarobiera, lavori di rammendo creativo

Pensa che il momento difficile che stiamo attraversando a causa della crisi sanitaria stia aumentando la sensibilità delle persone in tema di sostenibilità ed economia circolare anche per quanto riguarda il guardaroba?

Io non sono assolutamente contro l’acquisto, anzi apprezzo tanto i bei negozi. Non c’è nulla di sbagliato nel gratificarsi acquistando un capo di qualità. Però non posso far a meno di notare che ce ne siano sempre meno. Mi capita più spesso di comprare addirittura nei mercatini dove sono riuscita a trovare cose bellissime acquistate a pochi euro e recuperate con il rammendo creativo. L’economia circolare è sicuramente fondamentale per dare una frenata al sistema di iperproduzione che trovo insensato. In questo vedo che il mondo della moda sta prendendo posizione, da Giorgio Armani a Dries Van Noten e Alessandro Michele si parla finalmente di abbandonare il sistema delle sfilate, la produzione ossessiva e le tempistiche strette e vincolanti della moda. Spero che questo scossone riporti la produzione in Italia, riduca lo sfruttamento e restituisca valore al manufatto e agli artigiani. Per quanto riguarda le difficoltà del momento io consiglio di rivolgersi al recupero, all’usato e al vintage, piuttosto che comprare prodotti di bassa qualità.

Paola Pellino sposa Fashion Revolution, il movimento globale che si batte per la trasparenza nel sistema moda

Nella difficoltà bisogna sprigionare un po’ di creatività da parte del consumatore che deve in qualche modo cercare delle alternative. Naturalmente i giovani sono più reattivi sotto questo punto di vista, infatti usato e vintage stanno tornando molto in voga. È anche vero che mi preoccupa il fatto che nel fast fashion lavorino tantissime persone e quindi non so come possa essere gestita la situazione a livello organizzativo ed economico.

Nel suo lavoro si occupa anche di “decluttering”. Che consiglio darebbe oggi alle nostre lettrici che dopo la quarantena si ritrovano davanti al dilemma “Non ho nulla da mettere”?

Sicuramente il dilemma “Non ho nulla da mettere” fa parte del DNA femminile. Dobbiamo renderci conto però che è un falso problema e iniziare a dare il giusto valore a ciò che abbiamo, per poi eliminare gradualmente ciò che non serve. Io sono contraria al decluttering violento, per esperienza mi sono pentita di aver eliminato alcuni capi negli anni. Quello che ho capito oggi è che bisogna comprare meno e meglio. Il mio consiglio è aprirsi un po’ di più, cercare di divertirsi con l’abbigliamento, allargare i propri orizzonti. È chiaro che ci sono persone che non hanno questa velleità, oppure che non hanno la capacità creativa di vestirsi senza abbinare per forza scarpa e borsa, insomma ci sono tanti cliché. È anche vero che al momento acquistare un pezzo di qualità ad un prezzo abbordabile è complicato perché manca totalmente la fascia media, perciò il fast fashion ha avuto tanto successo.

L’alternativa è rivolgersi appunto all’usato e al vintage. Certo, bisogna andare nei posti dove c’è già una selezione a monte per creare un guardaroba intelligente e con pezzi validi. Il mio invito è osare, magari dare un’occhiata in quei posti dove non saremmo mai entrati e divertirci un po’ di più a cercare.

Paola Pellino