Il poeta della laguna, il cronista della serenissima: Canaletto e l’iconografia di Venezia

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Troppo spesso etichettato come fascinoso e virtuosistico, ma in fondo banale ed aneddotico cronista delle bellezze veneziane, semplice fotografo ante litteram dei luoghi più iconici della Serenissima, sicuramente dotato di sorprendente talento nel ritrarre calli e sfondi urbani ma privo di pathos e d’intensità emotiva, Zuane Antonio Canal – in arte Canaletto – è un’artista ben più completo, innovativo e profondo di quanto una superficiale lettura della sua opera lasci immaginare.

Figlio d’Arte, con un genitore ed un fratello maggiore specializzati nel dipinger scenografie teatrali per le opere più in voga della stagione di spettacoli a Venezia, Canaletto scoprirà a Roma, dove si è trasferito al seguito dei familiari, il padre Bernardo ed i fratello Cristoforo, per realizzare i fondali dipinti di due opere di Alessandro Scarlatti che andranno in scena all’Argentina, l’innovativa scuola di vedutismo che l’olandese naturalizzato romano Gaspar van Wittel ed il piacentino Giovan Paolo Pannini hanno iniziato a promuovere, creando innovative immagini che fondono – con suggestiva mimesi – antichità monumentali di sapore classico e scene tratte da vero.

Quelle innovative tele, che hanno già suscitato l’ammirazione e il plauso degli aristocratici committenti, diverranno immediatamente – per il giovane artista veneziano – una guida ed un modello insostituibile per le realizzazioni future, e gli schizzi realizzati dal vero al Foro e nella Basilica di Massenzio saranno gelosamente custoditi ed abilmente sfruttati una volta ritornato nella città lagunare, creando memorabili Capricci dove inquadrature architettoniche autentiche si fondono e impreziosiscono con geniali invenzioni che faranno epoca.   

L’utilizzo della Camera ottica, già nota a Leonardo e Durer e largamente utilizzata da pittori fiamminghi come Vermeer – sostanzialmente una sorta di camera oscura portatile, dove un obiettivo bifocale consente di catturare con assoluta fedeltà immagini fisse e proiettarle su un foglio dov’è possibile ricalcarle con fotografica esattezza – aiuta senz’altro il già acclamato Canaletto, ma senza mai privarlo della geniale creatività e del gusto per arditi tagli visuali che lo portano ad adottare quella caratteristica Veduta a Cannocchiale peculiare delle sue migliori creazioni: una scena panoramica con una cornice più scura – come quinte teatrali di palazzi o caseggiati in ombra  – e lontane profondità più chiare, per render al meglio l’illusione della profondità prospettica, un espediente mutuato dalla sua originaria vocazione di scenografo teatrale e del tutto estraneo ai suo tanti imitatori e detrattori.

Altro peculiare espediente, generalizzato al punto da diventar quasi una firma del vedutista veneziano, è l’utilizzo di piccoli tocchi di color rosso – le vesti dei Senatori della Repubblica o i berretti rossi di marinai e gondolieri – abilmente disseminati nella tela, per guidar lo sguardo degli spettatori verso l’infinito ed oltre, in una suggestiva simulazione di tridimensionalità.

Grazie alle sapienti arti del Console inglese presso la Serenissima Joseph Smith, raffinato e facoltoso collezionista dello stesso Canaletto e poi mecenate e mediatore presso gli aristocratici clienti britannici dell’artista, il nostro riuscirà a diventar l’insostituibile fornitore delle più suggestive immagini della Perla dell’Adriatico per gli esigenti e ricchissimi frequentatori del Grand Tour, guadagnandosi anche il privilegio d’esser invitato a Londra per effigiare, col suo caratteristico stile, gli scorci ed i monumenti più caratteristici della capitale londinese.

Occorre però rammentare che l’arte del veneziano ottiene così universali consensi, oltre che per l’indiscutibile e folgorante talento, anche perché incarna perfettamente le idealità di serena razionalità e limpido dominio del reale peculiari della cultura e filosofia illuminista, l’ambizione ad inventariare e catalogare col potere della mente e l’ausilio dei sensi ogni aspetto del mondo umano e naturale sino a possederlo e comprenderlo integralmente.

Attento cronista della realtà veneziana, città cosmopolita e scettica, raffinata ed internazionale, libera ed edonista nel più edonista dei secoli, Zuane Antonio Canal celebra, con partecipazione emotiva e piglio d’osservatore sapiente, il potere eterno d’uno sguardo sempre complice e mai sazio di sorprese d’arte.

Vittorio Maria De Bonis