Impegno assoluto e quasi ossessivo degli ultimi anni d’attività artistica di Michelangelo Buonarroti ed autentico lascito architettonico nel quale si condensano idealmente, senza mai placarsi, quelle tensioni e sofferenze ideali che l’hanno accompagnato e animato per quasi novant’anni d’una esistenza inimitabile , l’avventura della costruzione della Basilica di San Pietro trova, nel miracolo d’una Cupola unica nel suo genere, il suo simbolo e il suo completamento.
Architetto della Fabbrica

Nominato nel 1547 da papa Paolo III Farnese Architetto della Fabbrica di San Pietro con autorità assoluta, Michelangelo scarta il precedente e sin troppo articolato progetto di Antonio da Sangallo e ne riconduce la pianta ad un fascio di linee in tensione che si risolvono e s’innalzano in una cupola terrena e mistica insieme.
Il primo modello in terracotta eseguito dallo stesso artista nel 1557, ed un secondo in legno, di grandi proporzioni e sezionabile, per poterne mostrare al pontefice l’interno, realizzato da un abile ebanista nel 1561 sotto la direzione di Michelangelo e in parte ancora conservato, segnano l’inizio d’una laboriosa e mai agevole ideazione.
Ispirata con grande probabilità a quella brunelleschiana di Santa Maria del Fiore – per i tempi assolutamente iconica e sorprendentemente innovativa – la Cupola disegnata da Michelangelo s’imposta su un tamburo sostenuto genialmente da coppie di colonne con capitelli corinzi fortemente aggettanti che scandiscono finestroni dal timpano ora acuto ora stondato, a citare apertamente le antiche nicchie del Pantheon, fondendo con sapienza architettura pagana e messaggio cristiano, come ben dimostrano i festoni di gusto classico, mutuati dai rilievi d’architetture ellenistico-romane, che completano il tamburo nella parte alta.

Spinta e slanciata in alto dai forti costoloni esterni, la cupola si tende e s’inarca, innalzandosi con forza titanica verso il Cielo, trattenuta dal peso della sua massa e tuttavia pronta al volo, perfetta immagine di quella lotta eterna fra Materia e Spirito, fra seducente mondo terreno e sete d’eternità che tormenterà l’artista toscano fino all’ultimo dei suoi giorni.
Michelangelo morirà nella sua casa romana in via Macel de’Corvi, presso il Foro di Traiano, il 18 febbraio 1564, a quasi novant’anni, quando il tamburo della Cupola era ormai ultimato, consegnando a Roma e al mondo un’icona immortale del suo anelito all’infinito.
Mai un artista del più pagano Rinascimento era stato più nutrito – nella sua dolente e controversa umanità – da un più straziante sogno d’assoluta purezza.