Un cantante palermitano tra i quaranta singoli più ascoltati in Inghilterra. È stato definito dalla critica d’oltremanica “Il nuovo Sam Smith” Marco Gray (nome d’arte di Marco Grisafi), ormai di base a Londra, ha lanciato un brano dal titolo “Ten More Times“, registrato in lingua inglese. La canzone è stata scritta, arrangiata, prodotta a Londra e registrata a Bruxelles presso il Mirror studios dell’australiano Tim Cogghins.
TEN MORE TIMES
“Ten More Times inizia a prendere forma dopo che ho deciso di cambiare direzione e seguire quella voce che mi diceva da sempre di provare a scrivere in inglese. Un giorno di dicembre dell’anno scorso mi sono messo davanti al mio quaderno blu cercando le parole, avevo molte ispirazioni ma non sapevo da dove iniziare. All’improvviso, inaspettatamente, tanti testi sono iniziati ad arrivare come un flusso continuo. Ho cambiato approccio su tutto: registravo vocali al telefono, poi suonavo alla tastiera, niente di come ero abituato o a lavorare. L’inglese inoltre è una lingua molto diversa: bisogna pensare diversamente. Ho abbozzato qualcosa di più concreto in un paio di mesi e l’ho fatto sentire in giro, fino a giungere a Emilio Merone, produttore di fama internazionale. Volevo la sua opinione, e poi mi ha aiutato a creare il corpo di questo pezzo. Avevo in mente un suono ricco e intenso, e un utilizzo della voce molto diverso da come avevo fatto sino a quel momento. É stato un percorso diverso dal solito e di grande scoperta, sono molto felice del risultato”, ha affermato l’artista.
Il suono di una bolla che protegge e da stimolo alla mente e al corpo:
è la Londra raccontata da Marco Gray nel suo lavoro discografico. “Un suono che vuole ricreare una bolla che allena e contemporaneamente protegge. Il riferimento alla città grigia del testo parla di Londra, stregata in una dimensione a se stante, che a volte ti fa sognare per poi riportarti tra le sue strade contaminate da gente eternamente in movimento. Un brano romantico, dove l’arrangiamento evoca questa bolla, e le parole si rivolgono al cuore ì. Una storia d’amore dove qualcosa non va: l’indecisione diviene una complicazione non indifferente. Si può tentare varie volte, precisamente altre dieci ancora, a rompere la bolla; forse bisogna cambiare destinazione insieme, o forse no. La conclusione resta aperta, ma le parole sono molto chiare e parlano di sentimenti”, ha dichiarato il cantante.
Marco Gray ha iniziato la sua carriera musicale in Italia nel 2013. Muove i primi passi nella discografia con il progetto in italiano “Marco e l’ape“, esibendosi al fianco del noto pianista e tra i più rinomati direttori musicali italiani, Emiliano Begni, che ha aiutato Marco a scrivere le sue prime canzoni da solista e l’ha affiancato finora nel suo percorso. In questi anni, Marco partecipa alle selezioni di Sanremo Giovani. Dopo aver realizzato la cover di “Stars” dei Simply Red, esce in digitale il primo brano inedito, dal titolo “La Triste vita di Luigi”. Il videoclip della canzone, un cortometraggio in bianco e nero a fumetti, scritto e prodotto dallo stesso cantante. Il brano, inoltre, debutta sorprendentemente nella classifica UK Reverbnation emerging artist, posizionandosi nella top ten per diverse settimane. Nel frattempo, Marco si trasferisce a Londra, per avvicinarsi alla musica britannica, sviluppando le sue capacità vocali e di scrittura per il suo nuovo progetto da solista.
FashionNewsMagazine ha incontrato l’artista per scoprire qualcosa in più sulla sua carriera musicale:
–Il 2013 è l’anno del tuo debutto a fianco del famoso direttore musicale Emiliano Begni con il progetto “Marco e l’ape”. Quali valori ti ha lasciato questa esperienza e quali insegnamenti hai messo in atto nella tua carriera fino ad oggi?
“Di Marco e l’ape mi restano tante cose, ma soprattutto due valori immensi. Il primo è la conferma di una regola generale: circondarsi di talento, perché questo per esprimersi al meglio ha necessità di accompagnarsi da altro talento. Solo così si può creare qualcosa di bello e duraturo. Da soli si può fare poco. La seconda eredità che mi ha lasciato è una grande amicizia: io ed Emiliano siamo molto legati, sia quando lavoriamo che quando non lavoriamo insieme”.
–Durante il tuo percorso musicale hai partecipato alle selezioni di Sanremo Giovani. Cosa ti ha spinto a prendere questa decisione? Pensi che passare per Sanremo sia una tappa fissa per la popolarità?
“Penso che snobbare Sanremo quando si è un cantante nato in Italia è qualcosa di veramente superficiale: Sanremo è la più grande vetrina per tutti coloro che si approcciano alla musica in Italia. Sanremo è un palco stupendo, un’esperienza straordinaria, il luogo in cui sono passati tutti i più grandi artisti, ma quelli veramente grandi, e tutti i più piccoli. Con questo non sto dicendo che se nella vita non si riesce ad andare a Sanremo allora la propria Carriera è irrilevante, anche perché arrivarci implica anche tante altre cose che a volte prescindono dal talento. Ma se nel proprio percorso si passa da Sanremo, certamente si sta mettendo nel curriculum un’esperienza altamente formativa e di alto profilo artistico. Riguardo la popolarità, conosco grandi artisti che sono molto famosi senza mai essere andati a Sanremo, ma dire che non aiuti sarebbe ipocrisia”.
–Hai deciso di trasferirti a Londra per sperimentare un panorama musicale differente da quello italiano ed esplorare nuovi sound e arrangiamenti. Cosa pensi mancava nella tua musica che hai trovato in Inghilterra come valore aggiunto?
“Credo che alla musica che facevo in Italia non mancava assolutamente niente, e se avessi voluto continuare un percorso in Italia e in italiano avrei potuto trovare tutti gli elementi che mi sarebbero serviti. Questo perché negli ultimi anni la musica italiana si è fatta avanti con modernità e dinamismo, sfornando artisti di grande talento. Tuttavia, volevo fare musica in inglese e trovare un sound tipicamente british e anche americano. Per fare questo dovevo andare a Londra o New York e conformarmi con la cultura musicale del luogo. È stata ed è una grande sfida personale”.
–È uscito il tuo nuovo singolo intitolato “Ten More Times”. Un testo che parla d’amore, di sentimenti contrastanti ed emozioni intense. Quanto di autobiografico c’è nella canzone che appartiene alla vita di Marco Gray?
“Molto. Ho utilizzato un linguaggio astratto, ma non vi è dubbio che più volte nella vita mi sono trovato a dirmi: “un’altra volta e basta e poi diventavano dieci”. Nei sentimenti sono stato spesso un disastro; “colpevole” di aver amato troppo una persona sbagliata, con la promessa di non voler commettere più quell’errore, ma poi non andava mai in quel modo. Devo ammettere però, che il riferimento a Londra, al suo vento, alla macchina che mi guida verso il fiume, così come l’appartamento al primo piano, sono tutti elementi che ho messo nel testo pensando ad una storia sentimentale che ho avuto di recente”.
–Come artista sei uno spirito creativo, amante della sperimentazione e un cantante appassionato. Ti stai già occupando dei tuoi prossimi progetti oppure per ora ti stai godendo il meritato successo? Potresti svelarci qualcosa riguardo ai tuoi lavori futuri?
“Considerando il momento storico che stiamo vivendo, la risposta più ovvia che potrei dare è: chi si ferma è perduto. Tuttavia, in questi giorni siamo tutti forzatamente fermi per questa brutta epidemia, ma non per questo dobbiamo sentirci perduti. Dobbiamo solo avere pazienza, restare a casa, e rispettare le regole che ci sono state imposte. Nel frattempo, sto cercando di utilizzare i piccoli e grandi riconoscimenti che ho ottenuto con Ten More Times per trarre l’energia e l’ispirazione di scrivere i prossimi due capitoli di una trilogia che parte con Ten More Times e attraverserebbe le varie fasi del distacco da qualcuno o da qualcosa che non va. Spero che potremo ripartire tutti insieme, in Italia, in UK e nel resto del mondo. Nel frattempo ci è proibito smettere di credere e di resistere”.
Marco Gray, un artista poliedrico dal cuore tenero con una grande sensibilità musicale, costruita con la curiosità di raccontare un capitolo diverso della propria carriera musicale, strizzando l’occhio al moderno stile del pop d’oltremanica.