Un fast food sano e genuino. Incontriamo il fondatore di Banco, Pietro Platania.

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Cosa abbiamo pensato una volta approdate da Banco? Che un posto del genere andava assolutamente inventato, in una città come Roma… a maggior ragione! Banco Fast Food è il nome di questa chicca che nasce nel quartiere Ostiense: Banco, perché si mangia al bancone; Fast, perché la preparazione avviene in tempistiche celeri; Food; perché la scelta dei prodotti utilizzati avviene in maniera oculata, una scelta etica, quella dei proprietari, perché ciò che mangiamo si riversa sulla nostra salute e sul pianeta.

Insomma, un’alimentazione sostenibile che si rispecchia con coerenza anche nella scelta dei materiali di packaging totalmente compostabili, lo smaltimento dei rifiuti e il design del locale. Un vero e proprio ossimoro del tradizionale fast food, una provocazione intelligente e genuina! Non potevamo non soffermarci su questo piccolo ecosistema sostenibile, che dovrebbe far riflettere molti di noi, perché queste scelte “green” ad oggi sono ancora di pochi… e dovrebbero essere di molti, anzi di tutti. Perché certe strade portano ad un ciclo di benessere, che si riversa su tutto quello che ci circonda, di conseguenza su di noi.  Non potevamo non fare due chiacchiere con Pietro Platania, chef e co-fondatore di Banco Fast Food… perché chi fa scelte di questo genere, per noi, è un gran fico! 

Pietro quando hai capito che parte della tua vita sarebbe stata dedita al “food”? Hai un ricordo preciso legato a questa decisione? 

Guarda, un ricordo preciso ora non me ne viene in mente. Però ti posso dire sicuramente che ho avuto una forte connessione col cibo da quando ero molto piccolo. Siamo cresciuti nella stessa piazza di un mercato rionale a Roma e ci andavamo praticamente ogni giorno, con i miei genitori, che, per fortuna, hanno sempre amato la cucina genuina, per poi vederli cucinare e cercare di partecipare in qualche modo. I ricordi più belli sono di sicuro legati alla cucina di casa e anche a quando andavamo a mangiare diverse specialità in giro per Roma.. Ma non solo… in ogni caso, sempre legati al cibo: sono sempre stato golosissimo! Insomma, un anno dopo aver finito il liceo non ho avuto dubbi: la cucina sarebbe stata una parte imprescindibile della mia vita.

Sbirciando sul tuo curriculum, abbiamo visto che così giovane già hai viaggiato tanto. Quale città e quale esperienza legata ad essa porti sempre con te?

La cosa più bella della ristorazione è proprio la possibilità di viaggiare ovunque, scoprendo diverse culture attraverso la gastronomia. Tra i miei spostamenti non posso non citare Parigi come luogo dove ho lasciato il cuore. Ero ai primissimi anni d’esperienza e grazie al fatto che parlassi francese (nostro nonno viveva nel sud della Francia) sono stato preso per uno stage al ristorante tre stelle Michelin dell’Hotel Bristol, con allora lo chef Eric Fréchon. È stata un’esperienza che mi ha rivoltato come un guanto: 22 cuochi in brigata per 50 coperti, senza contare la pasticceria, la panetteria e le stanze di preparazione dei pesci e delle carni. Una serietà e una professionalità incredibili, a partire dai rapporti molto rispettosi tra colleghi. La regola era che ogni mattina ogni cuoco dovesse stringere la mano a ognuno dello staff uno per uno. Considerando l’estensione delle cucine mi ricordo che questa cosa mi colpì particolarmente, quasi quanto vedere la capopartita dei primi fare servizio con un pancione tale che un’altra donna si sarebbe mossa a fatica!

Cosa hai imparato dai tuoi maestri? 

Indubbiamente un mestiere, dici poco. Beh anche a dire “Si chef”, a non rispondere e andare avanti! Sono tuttora molto legato agli chef per i quail ho lavorato, ognuno mi ha dato tantissimo sia a livello culinario sia personale, e queste cose me le porterò con me per sempre.

Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole intraprendere questa carriera ? 

Mentre tutti i tuoi amici coetanei studiano o lavorano con orari e riposi normali, tu ti dovrai sobbarcare doppi turni, riposi a singhiozzo, tagli, bruciature e dolori ai piedi e alla schiena con quasi nessuna sera libera. Per anni. Valuta bene se sei disposto a imbarcarti in un percorso del genere per amore della cucina e del cibo. Se decidi che è la tua strada, allora l’unico consiglio che mi sento di dare è preserva la tua salute, dovrai stare parecchio in forma per tenere botta. E ruba con gli occhi il più possibile, impara sempre da tutti, sii curioso e aperto!

Cosa ne pensi di tutti questi programmi in tv dove, dopo qualche puntata, protagonisti sicuramente in gamba, bruciano in qualche modo tutte le tappe “tradizionali”?

Non saprei, non ho neanche mai avuto la televisione da quando sono andato via di casa a 19 anni. Un amico di mio fratello maggiore mi regalò iI libro di Anthony Bourdain “Kitchen Confidential” quando ero agli inizi, mi sembrò geniale e sentii di stare seguendo la giusta strada ahah.

Come è nata l’idea di Banco? 

Banco nasce dalla volontà di portare ad un pubblico eterogeneo e trasversale i concetti di nutrizione e sostenibilità in una chiave informale ed allegra, con una particolare cura dei dettagli in ogni suo aspetto, a partire dalla cucina, ovviamentem e dalla scelta delle materie prime. Vuole essere un gioco, una presa in giro di un Mc Donald’s reso buono, sano e giusto. Una piccola rivoluzione dell’idea di fast food!

Come mai ad oggi certi temi come l’ambiente ed il consumo di massa di certi alimenti sono trattati dalla maggioranza quasi con sufficienza, sembra quasi che in molti non si sentano coinvolti…

Molte filosofie, orientali e non, ci mostrano come la radice di tutti i mali sia l’ignoranza e questo non stupisce vedendo cosa ci accade attorno quotidianamente. Le disarmonie interiori di ognuno di noi si traducono in disarmonie del corpo prima e dell’ambiente circostante poi. Unisci questi fattori al radicamento ineluttabile dell’abitudine del singolo all’interno di un gruppo e ottieni un pianeta sull’orlo del collasso. Confido in una presa di coscienza importante prima che sia troppo tardi e, nel frattempo, ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte.

Banco ha un aspetto che ricorda il nord Europa. È poco romano insomma, raccontaci di più.

Sicuramente l’interno del locale è stato pensato per essere molto pulito ed essenziale. Chiaro, luminoso, ma allo stesso tempo caldo e accogliente. In questo, effettivamente, potrebbe ricordare lo stile del nord Europa, parimenti con l’attenzione all’agricoltura biologica e all’alimentazione sana (ma senza per questo trascurare il gusto!). Mi sono affidato anche alla consulenza di un nutrizionista per stilare menu e ricette. In un periodo dove la cucina a vista va per la maggiore, possiamo dire che da Banco sembra quasi di mangiare in cucina, tale è la distanza tra i cuochi e chi si siede, che può così seguire ogni fase delle preparazioni e interagire con gli altri commensali. Da sempre, il bancone ha avuto una funzione sociale e devo dire che siamo molto contenti del clima che si respira. Il personale lavora col sorriso e i clienti vanno via contenti e soddisfatti. Banco vuole rappresentare un riferimento per chi ci viene a trovare, una sicurezza dove poter mangiare, velocemente, cose buone, ma con la consapevolezza che quello che mangi ti farà stare bene.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro e quali i tuoi sogni? 

Personalmente vedo in Banco un’idea, una direzione. Oggi è un piccolo locale su via Ostiense, domani potrebbe assumere qualsiasi forma. Sicuramente i miei progetti sono quelli di far crescere Banco giorno dopo giorno, portandolo fuori il più possibile, attraverso collaborazioni ed eventi pubblici e privati, ricercando nuovi sapori e sperimentando nuove ricette, nonché cercare opportunità per nuove aperture (chi ha detto Milano?). L’intenzione è quella di sviluppare ulteriormente il suo lato orientato al benessere della persona e della comunità, costruendo progetti divulgativi e didattici, in stile Banco ovviamente, e creando connessioni e riferimenti sul consumo consapevole. Il mio sogno è quello di sviluppare il lato multidisciplinare di Banco, facendolo coesistere con la mia altra grande passione che è la musica, attraverso il progetto curatoriale RadioCircolo di cui sono socio fondatore e sono sicuro che le loro strade si intrecceranno sempre di più.

Il tuo piatto preferito? 

Potrei morire felice con un piatto di spaghettoni ruvidi cotti molto al dente e conditi con aglio, olio e peperoncino fresco.

 

A cura di Noreen Loiacono e Delfina Mingione