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La cantante e songrwriter Elektra Nicotra racconta il suo nuovo singolo “Lentu”

La cantante e songrwriter Elektra Nicotra racconta il suo nuovo singolo “Lentu”

Dopo un disco di esordio in lingua inglese e dopo tre canzoni anche in siciliano, arriva adesso un brano che fa da apripista a un nuovo album che si preannuncia concept

Si sente che il papà la addormentava con il Led Zeppelin” è stato il primo commento a caldo che il compianto Ernesto Assante ha fatto dopo averla sentita esibirsi dal vivo, voce e chitarra, ospite nello studio di una radio di Roma qualche anno fa dove presentava il suo disco di esordio “Awakening”. Una settimana dopo Elektra Nicotra era ospite della sua storica WebNotte che Assante conduceva dalla redazione de La Repubblica con Gino Castaldo in una puntata con Paola Cortellesi ospite, tra gli altri. 

Il nuovo singolo di Elektra Nicotra, Lentu, in un mix di contaminazioni

Metti insieme gli archi e le nenie mediorientali, i synth bass tipici del dubstep di Daft Punk e Prodigy, gli organi e i mellotron che evocano il rock psichedelico degli anni ’60, le drum machine della scena british degli albori del 2000, e sopra a tutto stendi una voce femminile potente e passionale, il dialetto siciliano che cammina a braccetto con l’inglese. Il singolo ha appena fatto il suo ingresso nella classifica Indie Music Like alla posizione 61. Indie Music Like è la più importante classifica e longeva classifica dedicata alla musica indipendente italiana. 300 posizioni selezionate da radio e new media.

Special Guest di questa produzione è Tonj Acquaviva, fondatore della storica band siciliana Agricantus. Il brano è stato prodotto da Giovanni “Giuvazza” Maggiore, produttore e chitarrista stimato nell’ambiente che ha collaborato, fra gli altri, anche con Eugenio Finardi, Levante e Loredana Bertè.

 

INTERVISTA A ELEKTRA NICOTRA

Hai dichiarato che per scrivere questo brano ti sei ispirata, inizialmente, al brano dei Beatles “I want you (She’s so heavy)”. Ci racconti di come hai concepito questo mix di diverse contaminazioni?

Si, non ho timore a dire che l’arpeggio del ritornello è marcatamente ispirato alla chitarra di I Want You (She’s so heavy). Stavo suonicchiando quel giro fantastico e mi è venuta l’idea. Naturalmente, il mio pezzo è totalmente diverso, ma quello è stato l’input iniziale. Ho sovrapposto tanti elementi delle musica che mi piace ascoltare, come le drum machine anni ’90/2000, il mellotron e gli organi vintage. In un mix fra vecchio e nuovo.

A cosa si riferisce il termine “Lentu”? Quanto conta la componente sensuale ricreata anche dall’espressione della tua voce?

La canzone è ispirata ad un sogno che ho fatto, dove tutte le immagini sembravano confuse, scure e rallentate. C’è una forte componente sensuale espressa da questa voce un po’ sfiatata. Ma è tutto una metafora per parlare del nostro continuo desiderare e del nostro perenne senso di insoddisfazione… che ha i suoi lati positivi, ma anche negativi. Lo si può trasporre al sesso, ma anche all’avidità ed all’essere troppo materialisti. 

Fiore all’occhiello di questa produzione è la special guest Tonj Acquaviva, fondatore della storica band siciliana Agricantus, con le sue percussioni intrise di quella mistica atmosfera che caratterizza la sua musica. Com’è nata questa collaborazione?

Ho sempre amato tantissimo gli Agricantus ed i loro dischi hanno senz’altro influenzato la mia musica. Un po’ di tempo fa, avevo inviato un paio di brani a Tonj Acquaviva, semplicemente per un suo feedback. Ero ancora in una fase di pre-produzione e mi sarebbe piaciuto avere qualche suo consiglio. Inaspettatamente, lui si è offerto spontaneamente di collaborare, facendomi un regalo immenso. Quando abbiamo inserito la sua traccia di percussioni insieme alle altre è stata subito magia.

Lentu fa da apripista al nuovo lavoro che si preannuncia un secondo concept album. Puoi darci qualche anticipazione?

Non svelerò tantissimo… ma posso dire che l’album si chiamerà “Menzannotti” (Mezzanotte) e che ogni canzone è il racconto di un sogno che ho fatto. Sarà decisamente un viaggio onirico.

ph. Walter Russo

Il video, che uscirà il 30 marzo su YouTube è ambientato nel Conservatorio Vincenzo Bellini di Catania , perché hai scelto questo luogo?

Mio padre, ormai in pensione, era docente di contrabbasso al Conservatorio di Catania. L’Auditorium è un luogo che ho sempre amato, fin da bambina. Ero affascinata da quel gigantesco organo a canne che da piccola mi sembrava grande come un grattacielo. Sapevo già che volevo un video molto semplice per questo brano, solo me e la mia chitarra. Doveva essere la location a parlare. Questa location non solo ha l’atmosfera in perfetto match con il pezzo, ma è anche un modo per raccontare del mio bagaglio, della mia infanzia e di quei luoghi della Sicilia non troppo conosciuti. Quando si pensa ad uno scenario siciliano vengono sempre in mente carretti decorati o maioliche, che sembrano ormai cartoline da vendere ai turisti; mentre la Sicilia è, anche, posti come questo.

La tua grande capacità è quella di inserire il dialetto siciliano in brani con arrangiamenti musicali estremamente attuali, riuscendo ad arrivare a qualsiasi target di riferimento. Quante ore di lavoro e ricerca implica tutto questo?

Non c’è una formula fissa. Delle volte l’intuizione arriva subito; altre volte hai bisogno di lavorare più a lungo ad un pezzo finché non senti di aver centrato l’obiettivo. Sapevo di voler cambiare le carte in tavola ed aggiungere il dialetto siciliano, mixato all’inglese. Ma sapevo anche di non voler andare verso la musica folkloristica del sud perchè non è il mio linguaggio.

Contaminazione è la parola d’ordine della tua musica. In Lentu hai voluto sperimentare il merge tra siciliano ed inglese, le due lingue sembrano mescolarsi e fluire molto bene. Perché questa scelta?

Mi lascio guidare dai suoni e cerco di farli impastare fra loro, ma è tutto molto spontaneo; deve funzionare da subito e senza forzature. È per questo che in alcune parti suona meglio l’inglese ed in altre suona meglio il siciliano. È la musica a decidere, non io.

Al cinema: un evento speciale per rivivere la magia dei Led Zeppelin dal vivo – The Song Remains the same

Al cinema: un evento speciale per rivivere la magia dei Led Zeppelin dal vivo – The Song Remains the same

Non abbiamo timore a dire che si tratta della MIGLIORE band mai esistita: i Led Zeppelin. Il quartetto britannico torna al cinema per tre serate di puro groove e magia con la proiezione della versione rimasterizzata di The Song Remains The Same. Un film-concerto che racchiude l’essenza dei tre concerti conclusivi del tour americano dei Led Zeppelin del 1973, al Madison Square Garden di New York. 

Segnate le date, perchè il dirigibile planerà nelle sale cinematografiche solo il 25, 26 e 27 marzo! L’elenco delle sale è disponibile su nexodigital.it

led zeppelin the song remains the same

I Led Zeppelin in The Song Remains The Same: oggi una pellicola iconica, all’epoca un grande flop

Si dice che quando uscì, “The Song Remains the same” deluse tanto la band quanto la critica. Questo puó essere plausibile, conoscendo i parametri di giudizio dei Led Zeppelin e di Jimmy Page, nonchè l’atteggiamento ostile della critica nei confronti della band (la celebre rivista Rolling Stone aveva demolito tutti i loro album all’epoca… ed ora la cosa ci fa un po’ ridere!).

Tuttavia, il pubblico della band inglese e del rock non ha potuto fare altro che acclamare e amare la loro unica uscita cinematografica e quello che, per molti anni, sarebbe stato l’unico album live ufficiale dei Led Zeppelin.

Un progetto ambizioso e dalla difficile lavorazione, uscito nel 1976 ma con immagini risalenti agli ormai leggendari concerti del Luglio 1973 al Madison Square Garden di New York.

Come dicevamo, a detta della band (Jimmy Page, chitarrista e produttore), i Led Zeppelin appaiono fiacchi e stanchi per via delle fatiche on the road, in quanto i concerti erano gli ultimi della leg USA del tour, ma, ad essere sinceri, il parere del leggendario chitarrista ci sembra eccessivamente autocritico, anche se ne apprezziamo la modestia.

I Led Zeppelin nel 1973 non erano certo i “barbari” del 1969 o i “conquistatori del west” del 1972, ma suonavano alla grande e con un soul che fino a quel momento era stato tenuto nascosto (Rock and Roll suonata a velocità media ne è un classico esempio). 

Alcune canzoni sono state immortalate nelle loro versioni “definitive” (Dazed and Confused e Stairway to Heaven). “No Quarter” era ancora “una canzone nuova” ( faceva parte dell’album “Houses of the Holy” di cui il tour era a supporto) e non era ancora stata allungata a dismisura come lo sarà dal 1975 in poi. Menzione speciale per “Moby Dick” e “Whole lotta Love”, due must dei concerti live del gruppo. 

 

L’aspetto musicale di The Song Remains the Same puó essere definito con una sola parola: straordinario. Si, straordinario nonostante i “taglia e cuci” ben camuffati ed ulteriormente ritoccati negli anni.

Il mondo di Tolkien, gli arcani maggiori ed il Fantasma dell’Opera

L’aspetto cinematografico è probabilmente quello meno apprezzato. Le inquadrature non sono perfette, il montaggio è discontinuo e la band ha dovuto ricreare lo stage del Madison Square Garden in uno studio di Londra nel 1974 per tappare buchi nella pellicola. Possiamo dire che i registi Peter Clifton e Joe Massot sono stati un po’… goffi! Ma è da questa necessità che nasce quello che colpisce di The Song Remains the Same: le sequenze immaginarie dedicate a ciascun membro della band

Robert Plant, appassionato di Tolkien, veste i panni di un cavaliere che salva una fanciulla, in un’ambientazione da leggenda celtica.

L’immancabile nota esoterica fa da protagonista alla sequenza del chitarrista Jimmy Page, probabilmente la migliore, ambientata “dentro” la carta dei tarocchi L’Eremita. Figura emblematica degli arcani maggiori, presente anche all’interno della copertina del quarto album dei Led Zeppelin.

John Paul Jones, bassista della band, detto anche The Quiet One, suona un gigantesco organo a canne in quello che sembra un omaggio a “Il Fantasma dell’Opera”.

Dalla letteratura britannica, all’esoterismo…  tutto viene spezzato con immagini di serena vita bucolica. Si racconta così il compianto batterista John Bonham, facendo vedere la sua vita “semplice”, lontana da ciò che potremmo ricondurre ad una rockstar del suo calibro. Ed eccolo mentre insegna la batteria al figlio Jason (che ha sostituito il padre durante la reunion alla O2 Arena del 2007); mentre beve una birra in un pub con gli amici, si prende cura del bestiame, fa lavori di carpenteria e guida le sue amate macchine da corsa.

Il film si apre con il temibile manager della band, Peter Grant ed il tour manager Richard Cole che, come gangsters di padriniana memoria, fanno fuori uomini dell’industria discografica mentre giocano ad un sinistro gioco da tavolo, proiettando lo spettatore dentro un mondo in cui il bene lotta contro il male a colpi di riff di chitarra e proiettili di piombo. Poco spazio all’immaginazione: te lo dicono subito!

Poco e pochissimo è stato compreso di questo film. La band stessa non ha speso parole su questo lavoro, non lo ha nemmeno pubblicizzato massicciamente, liquidandolo come un “filmetto costato milioni di dollari”, un passaggio obbligato a riempire il buco dato dalla mancata seconda serie di concerti americani del 1975 e la tremenda sciagura della morte del piccolo figlio di Plant, che ha interrotto il tour americano del 1977. 

La fortuna di The Song Remains the Same in quanto film, arriverà solo quando diventerà un classico della programmazione notturna dei cinema nei primi anni ’80, con i Led Zeppelin ormai sciolti. 

L’eredità

Rivisto dopo cinquantadue anni, “The Song Remains the Same” apre una finestra sugli anni ’70 (mitici i due ragazzi che entrano di straforo dal retro con il poliziotto che se la ride) ma nel mondo Zeppelin tutto appare moderno e diremmo anche a-temporale. La potenza sprigionata da queste immagini continua ad ispirare milioni di fan in tutto il mondo, procurandone sempre di nuovi. Le sequenze immaginarie restano impresse nella mente dello spettatore (su The Rain Song è impossibile non emozionarsi). Non si hanno notizie certe sul come e perchè i Led Zeppelin abbiano deciso di fare questo film, escludendo le poche testimonianze offerte da loro stessi. 

The Song Remains the Same è un film avvinghiato da un alone di mistero che ha senza dubbio alimentato la leggenda intorno alla band, ma che sembra volesse dire qualcosa di più, rischiando pure di sembrare un tentativo goffo e auto-celebrativo.

Si potrebbe ipotizzare che il titolo stesso sia la chiave di lettura principale: potranno cambiare le epoche, gli usi e i costumi, ma nel mondo dell’intrattenimento le cose non cambiano. La canzone rimane sempre la stessa… e loro lo sapevano! Buona visione!

A cura di Giorgio Indaco

Tutti i look sul palco del Festival di Sanremo commentati dal visagista di fama mondiale Pablo Gil Cagnè

Tutti i look sul palco del Festival di Sanremo commentati dal visagista di fama mondiale Pablo Gil Cagnè

6 Febbraio 2024: dopo tanta attesa si accendono le luci del teatro Ariston che ospita la settantaquattresima edizione del Festival di Sanremo. Trenta partecipanti per cinque giorni di musica italiana, nel festival più importante della penisola. 

Cinque serate, non solo di intrattenimento a 360 gradi, ma anche di moda, sopratutto italiana. Fendi, Etro, Giorgio Armani, Valentino: tantissimi i brand pilastri del Made in Italy (e non) a vestire gli artisti sul palco. Come ormai da tradizione, la redazione di Fashion News Magazine si affianca di un ospite speciale per commentare gli outfit delle ugole d’oro italiane. L’eccellenza del make up, il visagista Pablo Gil Cagnè (erede di Gil Cagnè), ci regalerà i suoi attenti e scrupolosi pareri… facendo notte tarda nella chat di redazione! Rimanete sintonizzati: l’articolo è in continuo aggiornamento!

Sanremo 2024 – I look della prima serata

Marco Mengoni in Emporio Armani, Atelier Versace, Valentino e Fendi

Ben sei cambi di look per Marco Mengoni, co-conduttore della prima serata del Festival di Sanremo. Fra cristalli, paillettes e full leather. E parlando di pelle, il completo Burgundy firmato Versace, dalla collezione PE 2024, prende in prestito la giacca da un’icona della musica anni ’80: Prince. La Prince Jacket, infatti, è la rivisitazione di un modello creato dal brand per Prince negli anni ’90. Molto discusso il look Valentino, che si è subito trasformato in un meme sui social (non è Sanremo senza meme!). I ricami della maglia sono stati realizzati mediante una nuova tecnica introdotta da Valentino, l’Altorilievo. Marco Mengoni ha indossato anche un look custom made Fendi, dalla collezione menswear FW 24-25, composto da una giacca ed un bermuda in pelle nera con dettagli in selleria, una polo in maglia nera ed un paio di mocassini.

Photo credits: Fendi Press Office

Pablo: “Fra tutti i suoi outfit, quello che ho preferito è il primo completo, firmato Emporio Armani. Per quanto riguarda la già famosa maglia Valentino, non so, mi lascia un po’ perplesso. Il completo full leather Versace è molto bello, ma fuori palette. Molto originale, invece, l’outfit Fendi. E per il gran finale… jeans e camicia: già pronto per la colazione, data l’ora!”

Annalisa in Dolce&Gabbana

Blazer e reggicalze a vista per Annalisa, in questo audace outfit Dolce&Gabbana.

Pablo: “Avevo grandi aspettative riguardo questo look. L’ho trovata molto in linea con il suo stile, con un blazer dalla linea impeccabile. Punto debole? Il make up, un po’ troppo scialbo. Trovo l’hairstyling con extension molto anni ’90”.

Emma in Marc Jacobs; scarpe Jimmy Choo; gioielli Tiffany & Co.

Con un little black dress, si va sempre sul sicuro! L’abito di Emma è caratterizzato da una profonda scollatura a cuore scultorea ed un effetto drappeggio.

Pablo: “Emma è fantastica. Ha scelto un abito molto valorizzante, accompagnato ad un make-up naturale che non appesantisce il look. Avrei solo raccolto i capelli per valorizzare il décolleté, anche perché la linea contemporanea dell’abito, con maniche ampie e punto vita segnato, viene coperto dal capello”.

Loredana Bertè in Valentino

È precisamente il look che ci aspettavamo. Un po’ rebel ed anti-conformista. Con tanto di cravatta

Pablo: “A Loredana Bertè le si perdona tutto! L’outfit con felpa over e camicia bianca è molto originale, proprio come lei. E le sue gambe? Mozzafiato! Trucco e parrucco sempre fedeli al suo stile”.

Alessandra Amoroso in Monot; gioielli Damiani

Minimal, sexy e sofisticato il gown dress nero con cut out di Alessandra Amoroso, firmato Monot. La cantante ha indossato un paio di orecchini, una collana, anelli e bracciali in oro bianco con diamanti della collezione Mimosa di Damiani.

Pablo: “Ed ecco un altro total black. È un abito molto elegante, ma poteva spingersi un po’ di più. Per  make up e capelli non abbiamo visto nulla di nuovo”.

Angelina Mango in Etro

Trionfo del Paisley per Angelina Mango, che sceglie un abito firmato Etro.

Pablo: “L’abito non mi convince. Molto azzeccato, invece, il ake-up molto effetto foxy eyes il cui risultato perfetto è anche merito della ponytail tirata che allunga lo sguardo. Finora è il make-up che mi è piaciuto di più”.

Dargen D’Amico in Moschino

E quando vedi degli orsacchiotti di peluche su un completo sartoriale… è naturale si tratti di Moschino, con la sua elegante ed eccentrica giocosità!

Pablo: “Super ironico Dargen, con gli iconici orsetti di Moschino!”.

Clara in Armani Privè

Avanguardistico, quasi alieno, e brillante il gown dress di Clara, firmato Armani Privè

Pablo: “Questo abito futuristico con un effetto metallico scintillante ha un taglio molto originale, forse troppo squadrato sul décolleté. Il make-up è molto ben bilanciato con un eye-liner felino e labbra nude. Il volto viene incorniciato da un’acconciatura molto naturale”.

Fiorella Mannoia in Luisa Spagnoli

PhotoCredit: Max Montingelli e SGP Italia 

Per la prima serata della 74esima edizione del Festival di Sanremo, Fiorella Mannoia ha indossato un look esclusivo e custom made firmato Luisa Spagnoli, un abito lungo dalla linea a sirena in pizzo ricamato a mano, ampio godet al fondo con coda, spalle scoperte e profondo scollo davanti e sulla schiena. Lo styling è stato curato da Valentina Davoli.

Pablo: “Fiorella contestualizza il suo abito con la sua canzone. Mi lascia un po’ perplesso il bianco che è forse un po’ troppo optical e fuori palette. Per make-up e hairstyle non vediamo nulla nuovo, ma fa parte della sua personalità. Bellissima energia”.

Rose Villain in Marni

Rose Villain sceglie un abito Marni, caratterizzato da un collage di fiori metallici.

Pablo: “È un abito originale, un po’ fuori dal coro. Per il make up, un eye-liner graffiante e bocca con over line. I capelli, raccolti in un piccolo chignon che focalizza l’attenzione sul suo bel viso”.

Ghali in Loewe

Super sbrilluciccante Ghali, in un completo Loewe che i meme di Instagram hanno già accostato all’abito di Cenerentola al gran ballo reale

Pablo: “Non ricorda un po’ i cugini di campagna? Ghali è tutto uno sbarluz. Si passa da un minimalismo ad un massimalismo”.

Mahmood in Prada

Multi pocket e full leather. Mahmood sceglie due fra i trend più diffusi al momento.

Pablo: “È un look interessante, in linea con la sua personalità. Non amo molto gli smanicati”

Sangiovanni in GCDS, gioielli Tiffany

Pablo: “La silhouette è un po’ troppo over. Ricorda quando, da bambini, ci vestivamo con gli abiti dei genitori. Questo total white fa un po’ prima comunione. Mi piace molto la spilla Tiffany e la scelta delle calzature”.

Mr. Rain in Fendi

Mr ha indossato un abito custom made FENDI, dalla collezione Menswear FW24-25 in lana burgundy.

Pablo: “Anche lo scorso anno abbiamo notato come i look di Mr. Rain siano sempre molto azzeccati. Adoro il pantalone, la cui proporzione con la giacca è perfetta. Unica pecca? Il colore forse troppo cupo”.

Diodato in Zegna

Pablo: “Total black e total black sono i must di questa prima serata del Festival di Sanremo. Dietato è molto elegante, con un over non troppo esagerato. Tutto perfetto… tranne il taglio di capelli”.

Ricchi e Poveri in Vivetta

Un tocco di ironia ed un’anticipazione della festa di San Valentino!

Pablo: “Inossidabili! Una ventata di allegria che ci voleva proprio per svegliarsi dalla noiosa serata!”.

Il Volo in Emporio Armani; scarpe Santoni

Pablo: “Finalmente vediamo il trio di tenori con un look contemporaneo grazie ad Emporio Armani!”.

Lazza in Fendi; gioielli Damiani

Il rapper italiano ha indossato un look custom made FENDI, dalla collezione Menswear FW24-25 composto da una felpa ed un pantalone in cashmere con dettagli in selleria ed un paio di sneaker FENDI Mad. Lazza ha indossato un paio di orecchini Belle Époquec Reel in oro giallo di Damiani.

 

Seconda serata

Giorgia in Dior

Giorgia fa un viaggio indietro nel tempo, fino agli anni ’30, con una serie di look in stile charleston pensati per lei da Dior. Durante un’intervista ha dichiarato che la sua amica, Maria Grazia Chiuri, aveva un solo obiettivo: farla apparire come una diva.

Pablo: “I suoi look Dior mi hanno lasciato un po’ perplesso. Lo smoking sembra un po’ ispirato ad Annalisa. Il secondo outfit è molto bello, ma la sua figura non è molto valorizzata da quella scollatura così profonda. Il terzo outfit ha una lunghezza ed un colore che non riescono proprio a convincermi”.

Ghali in Maison Margiela

Photocredits: Getty Images

Super over size, grande collettone un po’ anni ’70, maniche rimboccate e guanti tie dye. Funziona?

Pablo: “Ghali mi piace tantissimo, sopratutto i dettagli. I guanti molto attuali, il colletto destrutturato”.

Fred De Palma in Ssheena

È un look che funziona tantissimo, in pieno stile sartoriale contemporaneo. Il pezzo che più ci piace è il gilet, con dettagli imbracatura. Il cantante ha accessoriato il look con un paio di orecchini e bracciale in oro bianco con diamanti e hybrid ceramic rossa della collezione Eva di Salvini.

Pablo: “Mi piace molto il gilet ed il pantalone. Il top smagliato non mi fa impazzire, ma sdrammatizza il look. Le calzature non credo siano azzeccate”.

Mr Rain in Fendi

Photo credtis: Fendi Press Office

E parlando di sartorialità, Mr. Rain mostra il meglio del savoir faire di Fendi con uno smoking doppio petto nero, indossato con una canotta.

Pablo: “Elegante, minimal, total black”. 

Dargen D’Amico in Moschino

Un’altra scelta pop ed azzeccata per Dargen D’Amico. Il print rappresenta il mare nella notte, illuminato dalla luce di un faro. Si tratta della rivisitazione di un pezzo della collezione primavera estate 2000.

Pablo: “Lo trovo molto originale, rispecchia perfettamente il suo stile. Finalmente un tocco di colore in mezzo a tantissimo nero, con scarpe e occhiali in match in arancione vivace. La stampa dell’abito mi piace moltissimo, un dipinto lunare. È proprio un’opera d’arte di ombre e luci”.

Rose Villain in Gcds

Neanche cinque minuto l’ingresso di Rose Villain sul palco, il mondo dei social ha iniziato a far girare meme che accostavano il suo vestito alla retina per piatti. Sicuramente non è il tipo di abito che valorizza la silhouette, ma lo troviamo molto all’avanguardia. L’artista ha personalizzato il suo look con anelli in oro bianco, diamanti e acquamarina della collezione Mimosa di Damiani.

Pablo: “La adoro! Riesce ad essere bellissima anche un outfit che ricorda le retine per lavare le pentole”.

Il Volo in Emporio Armani

Il trio di cantanti ripropone un look simile a quello della prima serata, giocando, però, con il contrasto bianco/nero. Pezzo forte? La camicia kimono con stampa floreale orientale.

Pablo: “Il volo in un mix tra yin e yang”

Emma Marrone in Mugler; gioielli Tiffany & Co.

C’è qualche problema con questo outfit. I cuissards in latex stile bondage ci hanno un po’ stufati ed è sicuramente un trend morente, il vestito… un po’ Zara. Pezzo forte, sicuramente, la collana di Tiffany.

Pablo: “L’acconciatura che lascia il volto ben in evidenza è davvero azzeccata. Mi piace il make-up leggermente più intenso

Rispetto alla prima serata, ma ben dosato. Riguardo l’outfit mi piace sopratutto la collana che irrompe come un raggio di luce sul nero. Lo stivale, con il gambale cosi alto, non lo amo molto… però ci sta tutto!”.

Mahmood in Rick Owens

I bell bottom da uomo, da qualche stagione, stanno tornando in vetta alle preferenze. In questo caso, con una vita alta, quasi da torero, riescono a caratterizzare un look da scena. Scommettiamo che li vedremo approdare presto anche nel fast-fashion. E, diciamolo, Gucci è stato un precursore in fatto di pantaloni a zampa d’elefante maschili!

Pablo: “Mi piace il pantalone con vita alta affetto corsetto. Non mi convince molto il taglio sul cavallo: sembra abbia un pannolino! La scelta della maglia asimmetrica è molto particolare, gioca sul fluido”. 

Alessandra Amoroso in Roberto Cavalli 

Un outfit custom made by Fausto Puglisi composto da crop top a manica lunga e gonna a sirena, in un tessuto di micropaillettes.

La cantante ha scelto anelli e orecchini in oro bianco con diamanti della collezione Belle Époque Reel di Damiani.

Pablo: “Alessandra Amoroso è elegante, si, ma non vedo l’effetto wow. Aspetteremo domani! Trovo che capelli e trucco siano molto migliorati rispetto alla prima serata”.

Big Mama in Lorenzo Seghezzi

È un outfit che ha già fatto molto parlare. Uno statement che urla al body positive… e ci sta. Quello che ci domandiamo è se sia possibile lanciare un messaggio anche senza essere eccessivi e volgari. A quanto pare no. 

Pablo: “Big Mama arriva sul palco con un look spagnoleggiante. È un abito impegnativo, ma riesce ad indossarlo con disinvoltura. Trucco e parrucco, con rubini a fare da protagonisti sono un vero e proprio dejavù della serie Euphoria. acconciatura Deja vu alla euphoria  con un eye-liner che ricorda il personaggio di Natalie Portman ne Il Cigno Nero. Coup de teatro finale con il suo inno contro il body shaming, con una chiarissima strizzata d’occhio anche alla comunità queer”

Angelina Mango in Etro

Effetto bazar per l’outfit di Angelina Mango, con una jumpsuit in mesh ricamato, segnata in vita da un corsetto da cui si drappeggia un tessuto floreale. Qualcosa non ci convince, probabilmente la palette.

Pablo: “Sembra che neanche stasera abbia fatto centro, sopratutto per il taglio del décolleté. Il make-up è molto interessante, ma l’hairstyling della prima serata è sicuramente più efficace”.

The Kolors in Emporio Armani; gioielli Damiani

Ed eccoci davanti l’ennesimo total black. Il festival, stilisticamente, sembra molto noioso quest’anno. Il cantante dei The Kolors, Stash, ha indossato un paio di orecchini Belle Époque Reel di Damiani in oro bianco con diamanti.

Pablo: “Stash è molto elegante, ma un po’ privo di originalità. Non basta il nero…”.

Fiorella Mannoia in Luisa Spagnoli; gioielli Crivelli

 

Credit. Alfonso Catalano e SGP Italia

Fiorella Mannoia ha indossato un look esclusivo e custom made firmato Luisa Spagnoli, con giacca smoking in crepe di lana e revers in raso di seta, un pantalone dalla linea a zampa e bustier in crepe di lana con coppe di tulle ricamate a mano.

Pablo: “Fiorella ancora in total white, ma stavolta di un bianco in palette!”.

Loredana Bertè in Valentino

Camicia piumata per l’iconica Loredana Bertè. Ci chiediamo, però, se sia sensato aggiungere altro volume alle parte superiore. La silhouette non è molto bilanciata, ma amiamo le sue belle gambe sempre protagoniste.

Pablo: “Unica, originale, inconfondibile e fedele al suo stile rock”

Annalisa in Dolce & Gabbana; gioielli Crivelli

Quando becchi il little black dress dalla linea impeccabile. È un minidress semplice, ma la silhouette è praticamente perfetta. Uno di quei capi da tenere sempre nel guardaroba.

Pablo: “Robe manteau rivisitato con reggicalze a vista. Per make-up e capelli, abbiamo il copia e incolla della prima serata. Aspettiamo che arrivi un look da wow!”.

Clara in Giuseppe Di Morabito

Pablo: “La trovo bellissima. Il suo make-up con winged eyes e labbra nude, mette in risalto i suoi o occhi gioiello. I capelli raccolti, inoltre, lasciano spazio al suo sguardo ipnotico. Ha scelto un abito super glam che mette in risalto le sue forme, con un piccolo oblò  che lascia intravvedere il suo ombelico (un omaggio a Raffaella Carrà?)”.

 

Terza Serata

Mr Rain in Fendi

Photo credits: Fendi Press Office

Mr Rain ha indossato un abito custom made FENDI in raso grigio scuro e maglia scintillante 

Pablo: “Un grigio elegantissimo. Molto bello il dettaglio del bottone gioiello ed il pantalone dal drop impeccabile L’unico appunto è la maglia sotto: non amo molto il match, anche se è di tendenza mixare tessuti ruvidi e opachi con lisci e lucidi”.

Fiorella Mannoia in Luisa Spagnoli

Photo Credit: Alfonso Catalano e SGP Italia

Fiorella Mannoia ha indossato un look esclusivo e custom made firmato Luisa Spagnoli, un abito lungo in velluto di seta dalla linea a sirena con coda e un motivo con nodo sulla scollatura.

Pablo: “Fiorella Mannoia abbandona il bianco. C’è un bel contrasto tra verde ed il rosso dei suoi capelli”.

Loredana Bertè in Valentino

Ok su look Addams Family, ma… cosa tiene dentro quella borsettina?

Pablo: “Molto castigata. Ricorda un po’ Mercoledì della famiglia Addams, ma la adoriamo! Vai Loredana!”.

Maninni in Antonio Riva Milano; gioielli Salvini

Ci siamo innamorati di questo outfit. Il pantalone a vita alta, con la blusa floreale tono su tono è davvero una gran scelta. Il cantante ha indossato Salvini, optando per orecchini della collezione Constellations, collana Afrodite, anello Magia e anello su richiesta in oro bianco e diamanti.

Pablo: “Lo posso confermare: i suoi look sono strepitosi! Mi piacciono i volumi ben distribuiti, è un oversize ben bilanciato”.

Fred De Palma in Ssheena; gioielli Damiani

Pezzo forte dell’outfit? La camicia con imbracatura! Il cantante ha optato per gli orecchini punto luce in oro bianco con diamanti della collezione Luce di Damiani.

Pablo: “Molto interessante questo look. Notevole la camicia ed il taglio della giacca è molto originale”.

Clara in Andreadamo

Pablo: “Più minimal stasera, ma sempre bellissima… anche con gli occhiali!”.

I Santi Francesi in Dolce&Gabbana

Pablo: “Adoro i loro outfit, sono sempre super curati! La giacca anni ’80 con maxi polsini, scollatura V pronunciatissima con fusciacca che si prolunga… che dire? Top ! La camicia manica ampia, come gli ultimi trend, ricorda il new romantic sempre anni ’80”.

Teresa Mannino in Roberto Cavalli

Fra gli anni ’70, le piume e l’animalier. Teresa Mannino con una serie di custom made realizzati per lei da Fausto Puglisi, direttore creativo di Roberto Cavalli. Pareri discordanti, ma una cosa è certa: non si tratta di look noiosi!

Pablo: “Da pennuto a zebra è un attimo!”.

Rose Villain in Balenciaga

E con le jumpsuit Balenciaga è subito effetto Kardashian! Il drappeggio da la nota drammatica all’outfit. Ma noi di FNM non siamo più fans di Balenciaga… perchè non dimentichiamo!

Pablo: “Stasera è una catwoman molto sensuale! Non amo l’hairstyling. È uno stile molto di tendenza, ma a me da un senso di sporco, di un capello non lavato. Sugli occhi avrei osato di più visto il suo bellissimo viso. Labbra nude e glossy skin? Approvo!”.

Sabrina Ferilli in Alberta Ferretti; gioielli Pasquale Bruni

Un abito semplice, ma di effetto. La silhouette viene allungata dalle linee verticali in velluto, in contrasto con l’effetto nude. Ci piace il fatto che l’abito sia foderato, adatto all’età ma comunque sensuale.

Pablo: “Inossidabile!”.

Dargen D’Amico in Moschino

“Parole, soltanto parole”? Un altro outfit azzeccato firmato Moschino per Dargen D’Amico.

Pablo: “Sempre azzeccato con i suoi outfit Moschino. Stavolta in parole, parole, parole, parole”.

Alessandra Amoroso in Roberto Cavalli

Un drappeggio incrociato a regola d’arte. Senz’altro un bellissimo abito, che valorizza la sua silhouette… ma ci aspettavamo qualcosa in più. La cantante ha indossato anello e orecchini della collezione Emozioni dell’Alta Gioielleria di Damiani, bracciale e collierino della collezione Eden.

Pablo: “È elegante ma manca ancora l’effetto wow. L’hairstyling sembra sciatto, questo perchè molte cose che vediamo in passerella funzionano solo lì, ma non sul palco dell’Ariston. Le modelle sono un po’ come delle tele bianche, secondo me sui cantanti bisognerebbe lavorare più con effetti di valorizzazione piuttosto che ripetere i trend da sfilata”.

I ricchi e poveri in Oserèe

Pablo: “Alla faccia del total black, portano sul palco una vera fucsia explosion”.

Big Mama in Salvatore Vignola

Questa posa non dovrebbe essere ormai “noiosa”? Anche i complottisti ci hanno rinunciato! 

Pablo: “Mi piace in versione tuxedo nero, con tanto di diadema. Per make-up ha scelto una cut crease super grafica”.

Angelina Mango in Etro

Paisley e boho chic, signature di Etro. Stavolta con crop top incrociato e minigonna asimmetrica a vita alta. Ci piace il cappuccio ed il modo in cui sono pettinati i baby hair, effetto Arabian Night… ma forse questo outfit fa un po’ troppo completo Zara che palco dell’Ariston. Se la gonna fosse stata lunga, il risultato finale sarebbe stato davvero impeccabile.

Pablo: “Make-up sempre ben eseguito. Non capisco l’acconciatura, così come le sue calzature… alquanto brutte. Anche l’oufit mi lascia perplesso”.

Diodato in Zegna

Dettaglio vincente? Il blazer crop!

Pablo: “Ha scelto un bellissimo outfit. Non sono molto convinto del colore che sembra un rosso tendente al bordeaux… senz’altro le luci del palco non aiutano”.

Ghali in Casablanca

Omaggiare Michael Jackson, ma senza risultare un suo impersonator. Ghali strizza l’occhio al Re del Pop, con guanti rivestiti di strass (due, non uno) ed inossidabile mocassino+calzino bianco. Sulla giacca… beh, diciamolo: quelle di Michael erano davvero pazzesche, questa… ehm, no!

Pablo: “Ghali mi piace perchè riesce ad essere molto camaleontico. Passa dallo skinny, all’oversize. Stasera con una giacca super preziosa e coloratissima abbinata a  guanti e scarpe in pieno stile Micheal Jackson”.

Mahmood in Loewe; gioielli Cartier

Pablo: “Adoro i capelli. Il suo outfit in pelle è super fashion, anche se non amo lo smanicato”.

Emma in Ottolinger; gioielli Tiffany & Co.

Barbie world? Ci potrebbe stare, il velluto appesantisce troppo. Bocciato. Pollice in su per gli occhiali.

Pablo: “Il suo look stasera non mi convince. Questo pink la sovrasta troppo. In ogni caso, mi piacciono le scarpe in totale contrasto”. 

Negramaro in Missoni

Pablo: “Giuliano va sul vintage, con l’iconico motivo zig zag di Missoni”.

Annalisa in Dolce&Gabbana; gioielli Crivelli

Annalisa ci abbaglia con il suo abito corsetto argentato. Forse ci abbaglia troppo.

Pablo: “Bel match tra camicia e minidress e calze a vista. Lo trovo più coordinato, anche se l’argento è un po’ troppo freddo per lei”.

Sangiovanni in GCDS; gioielli Tiffany & Co.

SANREMO, ITALY – FEBRUARY 08: Sangiovanni attends the 74th Sanremo Music Festival 2024 at Teatro Ariston on February 08, 2024 in Sanremo, Italy. (Photo by Daniele Venturelli/Daniele Venturelli/Getty Images )

Sarà dimagrito rispetto al fitting? Attenzione a non perdere i pantaloni! Over si, ma tendone da circo no.

Pablo: “Mentre scende le scale perde letteralmente i pantaloni… che sono trooooppo oversize! Tanto che nel finale, in ginocchio, esce fuori il lato b. Ed il cappello in lana? C’è così tanto freddo all’Ariston?”.

Quarta serata

Ricchi e Poveri in Oserèe con Paola e Chiara in Atelier Emè

Photo Credits: Errani Studio

Paola e Chiara hanno indossato abiti Atelier Emé per il duetto con i Ricchi e Poveri. Il modello scelto è Andromeda, un abito monospalla in crepe stretch con manica e sensuali intarsi asimmetrici davanti e dietro in preziosa e scintillante rete strass che valorizzano la sinuosità della silhouette.

Pablo: “La sagra dei lustrini. Amo l’energia che portano sul palco. Quel senso di allegria e leggerezza di cui abbiamo bisogno”.

Fiorella Mannoia in Luisa Spagnoli

Photo Credits: Alfonso Catalano e SGP Italia

Fiorella Mannoiaha indossato un look esclusivo e custom made firmato Luisa Spagnoli, giacca smoking in lana con micro paillettes e revers in raso, pantalone dalla linea a zampa e bustier realizzato con lo stesso tessuto.

Pablo: “Elegantissima, ma non banale con questo pantalone a zampa”. 

San Giovanni in GCDS

Pablo: “Sembra lo stesso look della terza serata. Mi piacciono la collana e la giacca”

Annalisa in Dolce & Gabbana; gioielli Crivelli con La Rappresentante di Lista in Dsquared2; gioielli Damiani

Variazione su tema per Annalisa, con un blazer in vinile stampa cocco ed immancabili autoreggenti e reggicalze a vista. Se all’inizio ci aveva intrigato, adesso ci ha decisamente annoiati.

Pablo: “Purtroppo niente di nuovo nel look di Annalisa. È un po’ ripetitiva. L’ho preferita durante la terza serata.

La Rappresentante di Lista finalmente è tornata mora, anche se non amo questo wetlook con le mollette. L’abito la valorizza molto ed anche il make-up”.

Rose Villain in Sportmax con Gianna Nannini in Emporio Armani

Anche se l’abito non è proprio il massimo della vita, siamo felici di vederla con i capelli puliti.

Pablo: “C’è un bel contrasto  tra Rose villain e Gianna Nannini. Due personalità molto diverse. Rose Villain è così bella che riesce a valorizzare ogni cosa che indossa. Questo, forse, è il look che mi è piaciuto meno. Vedo, finalmente, capelli puliti e piastrati. Il make-up è più deciso sulle labbra, dove spicca un bellissimo magenta opaco. I guanti li avrei preferiti velati. Immagino si sia tolta i tacchi per allinearsi a Gianna Nanni. Lei ha scelto un look coerente con il suo personaggio: eleganza un po’ neglige, camicia bianca con polsini e colletto macro. Il tutto si completa con un hairstyle scomposto e make-up nude, come sempre”.

Lorella Cuccarini sceglie il vintage!

Lorella Cuccarini fa una scelta stilistica in linea con la sostenibilità ambientale. Sceglie solo abiti vintage, dimostrando che “usato è bello”. Si aprono per lei gli archivi di Dolce&Gabbana, Gianfranco Ferrè, Versace e Roberto Cavalli. L’abito che abbiamo preferito è proprio il Versace, datato 1993 e più che mai attuale!

Pablo: “Fra tutti i suoi look, quello che ho preferito è il Versace. Quello che penso non sia molto azzeccato per lei è il Ferrè. Mi piace anche il vintage Roberto Cavalli, con una scelta di hairstyling che ha un effetto un po’ troppo Rapunzel”.

Santi Francesi in Dolce & Gabbana

Pablo: “È un look pazzesco! Adoro la maglia con le pietre, così come la camicia bianca. Skin non è da meno. Risulta molto in contrasto, ma li amo”.

Ghali in Burc Akyol

Pablo: “Lo adoro! Ci lascia sempre sempre senza fiato, è davvero camaleontico. Ogni sera un look ben costruito e mai banale. Dal gioco di trasparenze, alla morbidezza del tessuto sulle maniche in contrasto con i tagli rigidi della giacca. Top!”.

Clara in Roberto Cavalli con Ivana Spagna in Dolce & Gabbana

Un disastro stilistico! E ci dispiace dirlo perchè Clara aveva azzeccato molti look… ma tutto questo patchwork di denim ci fa girare la testa. Quando si rischia con una scelta del genere, ci vuole uno styling davvero originale… e non è questo il caso, dato che entrambi i look ci sembrano vecchi e stra vecchi.

Pablo: “Clara ha optato per un soft Halo, un make-up stupendo e ben calibrato. Nessuna novità per l’hairstyling. L’abito non mi convince. Stimo molto Ivana Spagna, ma il suo beauty look non mi convince affatto. Inoltre, non vedo come quella giacca patchwork possa essere adatta al palo di Sanremo”. 

Loredana Bertè in Valentino

Pablo: “Ha portato sul palco una variazione sul tema, accompagnata da Venerus in canottiera bianca che, come ben sapete, non amo esibita se non in spiaggia. Bellissimo, invece, il suo make-up”.

Angelina Mango in Etro

Fra tutti gli outfit Etro da lei indossati, questo è davvero… il peggiore. Una palette che non le si addice ed un fitting per nulla armonioso.

Pablo: “Impeccabile! I capelli appaiono più naturali, ed è stata un’ottima scelta. Il suo outfit risulta, però, poco valorizzante. È troppo massimalista e la sovrasta troppo, nascondendo la sua personalità più intimista e quello scrigno di emozioni che riversa nell’interpretazione del successo “La rondine” di suo padre”.

Alessandra Amoroso in Roberto Cavalli

Alessandra Amoroso continua imperterrita nella sua sua crociata pro-total black. Questo è, finora, il look migliore. Un abito minimal con profondi spacchi che slancia la silhouette. La cantante ha indossato orecchini Belle Époque Reel in oro giallo, bracciale e anello Gourmette in oro giallo con diamanti.

Pablo: “Anche stasera sceglie l’eleganza minimale, con spacchi vertiginosi. Il make-up è molto luminoso, con labbra in primo piano”.

Dargen D’Amico in Moschino

Italian singer Dargen D’Amico performs on stage at the Ariston theatre during the 74th Sanremo Italian Song Festival in Sanremo, Italy, 09 February 2024. The music festival runs from 06 to 10 February 2024. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Dargen D’Amico ci piace anche in versione violoncello gold!

Pablo: “È l’outfit che ho amato meno, pur essendo un grande fan di Moschino”.

Mahmood in Dolce&Gabbana

Pablo: “Il suo look è molto elegante ma meno interessante rispetto alle altre serate”.

Mr. Rain in Fendi

Mr. Rain ha indossato un look custom made Fendi composto da Go-To Jacket e pantaloni in pelle verde con dettagli selleria e stivali neri.

Pablo: “Confermo di apprezzare molto le sue scelte in quanto a stile. Adoro questo verde foresta”.

Emma in Alessandra Rich

Ci piace l’hairstyling, ma sul vestito abbiamo le nostre riserve. 

Pablo: “Ha scelto un make-up più incisivo rispetto alle serate precedenti. L’abito è troppo accollato e non valorizza il suo viso, ne la parte bassa del corpo”.

BigMama in Lorenzo Seghezzi 

Pablo: “Big Mama&Friends direi ben assortite. Lei ha optato per un bel make-up grafico e onde piatte”.

Fred De Palma in Ssheena

Photo Credits: Rai News

Si siamo letteralmente innamorati del gilet, che avrebbe potuto essere messo più in risalto con una camicia dai toni chiari. L’artista ha indossato orecchini Luce di Damiani in oro bianco con diamanti e anello Eva di Salvini in oro bianco e hybrid ceramic rossa.

Pablo: “La giacca è molto bella e quando la toglie lascia vedere la maglia con trasparenze e ricami che sembrano essere il leit motiv di questo Sanremo”.

Maninni in Antonio Riva

Confermiamo: è uno degli artisti meglio vestiti di questa edizione. Il cantante ha indossato Salvini, optando per orecchini Constellations, anello Battito e anello Magia, tutto in oro bianco con diamanti.

Pablo: “Mi piace moltissimo questo look. Appare centrato e ben bilanciato”.

 

La finale

Big Mama in Lorenzo Seghezzi

Rimane coerente con la sua scelta burlesque, stavolta in rosso. È il miglior outfit che ha indossato, sopratutto l’effetto crinolina a vista.

Pablo: “Si passa dai piccoli touch del rosso al total red super coordinato. Il make-up e l’hairstyling sono coerenti alla sua immagine”.

Dargen D’Amico in Moschino

L’essenza di Moschino: i cuori, il rosso, il nero. Dargen D’Amico ha azzeccato tutti i look!

Pablo: “Anche per la serata finale si conferma la vena eclettica Moschino in un preludio alla festa di San Valentino. Mi piace la scelta del rosso e del nero anche nelle calzature”

Il Volo in Emporio Armani

Pablo: “Confermano il total black, anche se appaiono un po’ slegati tra loro in quanto a scelte, ma suppongo sia per evidenziare le singole identità. Fra i tre preferisco l’outfit in camicia e pantalone più contemporaneo”.

Loredana Bertè in Valentino

Non c’è stata molta varietà fra i suoi look, ma ha lasciato gli occhiali con piume per il gran finale!

Pablo: “Pazzesca! Adoro gli occhiali e le piume super cool”.

Mahmood in Valentino

Il pantalone cargo in gold è veramente top. Ci piace un po’ meno l’accostamento con la giacca in pelle oversize che rende il look sbilanciato. 

Pablo: “Sempre in tema con la canzone. Per il suo outfit finale, abbina un panta palazzo oro ad un giubbetto in pelle destrutturato e gioielli oro. Make-up e grooming azzeccatissimi con sopracciglia bold effetto laminato. Non sono un amante del wet look sui capelli, ma così ordinato e grafico lo amo”.

I Santi francesi in Dolce & Gabbana; gioielli Bulgari

Pablo: “Anche loro seguono una linea stilistica coerente con crop jacket, pantalone e orecchini a catena. Per  makeup e grooming scelgono un soft smokey”.

Diodato in Zegna

Pablo: “Diodato proprio non vuole cambiare hairstyle che è molto minimal anche per l ultima serata. Il mio look preferito rimane il total white della prima serata”.

Fiorella Mannoia in Luisa Spagnoli; gioielli Crivelli

Credit. Alfonso Catalano e SGP Italia

Fiorella Mannoia ha indossato un look esclusivo e custom made firmato Luisa Spagnoli, un abito lungo in velluto di seta dalla linea a sirena con strascico al fondo, ampio scollo davanti che scopre le spalle e maniche lunghe a guanto.

Pablo: “Fiorella Mannoia abbandona l’idea del bianco e torna al total black di velluto. È molto elegante, con una scollatura mozzafiato che lascia libera da gioielli. Indossa orecchini, bracciale sulla manica e molti anelli. Per make-up e capelli niente di nuovo, fedele al suo look di sempre”.

Alessandra Amoroso in Roberto Cavalli; gioielli Damiani

È andata sul sicuro con un altro gown in total black. Per l’ultima sera, però, conserva il miglior hairstyling. La cantante ha indossato orecchini e anelli Belle Époque in oro bianco con diamanti e zaffiri, anelli Belle Èpoque Reel e tennis Luce in oro bianco con diamanti

Pablo: “Ero certo che Alessandra Amoroso ci avrebbe riservato l’effetto wow per l’ultima sera. La scollatura sulla schiena è elegante e molto sensuale. Sembra che il look alla Penelope Tree o Jane Birkin abbiano contaminato non solo Annalisa, ma anche lei. La frangia butterfly è perfetta per il suo viso; avrei solo scalato le extensions per accarezzare meglio la zona mandibolare. Il make-up con un soft smokey e punto luce alla parisienne nell’angolo interno dell’occhio, abbinato a labbra nude”.

Ghali in Marni

Pablo: “Ghali è sempre super fashion! Fra tutti gli artisti è senz’altro  il più contemporaneo. È sempre coraggioso nelle sue scelte e riesce ad essere camaleontico, stupendoci ogni sera. Per l’ultima serata di Festival gioca con geometrie futuristiche e guanti sembrano un omaggio sempre a Micheal Jackson”.

Annalisa in Dolce & Gabbana e gioielli Crivelli

Pablo: “Annalisa ci sorprende con un gioco di trasparenze dal quale si intravede il reggi calze. Scollatura vertiginosa, ma non volgare, in un mix di sensualità ed eleganza. È davvero mozzafiato! L’ eye-liner omaggia la donna più sensuale della storia, Cleopatra, mentre per l’hairstyle si lascia ispirare dalle modelle di fine anni ’60 come Jane Birkin e Penelope Tree”. 

Emma Marrone in Ferrari; gioielli Tiffany & Co.

Pablo: “Stasera make-up e hairstyle mi convincono meno. Mi piace il capello raccolto… ma non così ‘appiccicoso’! La tuta ricorda Eva Kent, forse un po’ pesante. Pezzo forte? La collana, stupenda”.

Angelina Mango in Etro

Fra tutti gli outfit firmati Etro indossati da Angelina mango, questo è senz’altro il migliore, sia per la silhouette che per la stampa non troppo invadente. Bellissime le pumps platform… ma sicuramente un po’ pericolose!

Pablo: “Il trucco e parrucco di Angelina Mango è sempre perfetto. L’outfit sembra il ‘meno peggio’ fra tutti quelli indossati finora, ma non ne sono comunque convinto. È molto caotico. Si crea confusione tra stampe, sovrapposizioni e guanti”.

I Ricchi e poveri in Vivetta

Pablo: “Rosso scoordinato per i Ricchi e Poveri, ma sono sempre molto carichi e regalano leggerezza e spensieratezza”.

Maninni in Antonio Riva

Maninni non ha praticamente sbagliato nulla. La sua giacca con bassorilievo in cristalli è un capolavoro. Il cantante ha indossato Salvini, optando per collana e anello della collezione Battito, anello Magia e orecchini Constellations, tutto in oro bianco con diamanti.

Pablo: “Lui è spettacolare come la sua canzone. Adoro i guanti, la giacca ed il drop del pantalone. Mi piace anche questo hairstyle un po’ più spettinato”.

The Kolors in Emporio Armani

Il frontman dei The Kolors ha indossato Damiani, optando per orecchini e anello Mimosa in oro bianco con diamanti.

Pablo: “Stash sfoggia un look molto originale, con decorazioni su spalla e a specchio sulla gamba opposta. Forse le sopracciglia un po’ troppo nere e tonde?”.

Mr. Rain in Fendi

Mr. Rain ha indossato un look custom made Fendi composto da cappotto in lana nera e pantaloni con dettagli plissé e stivali neri.

Pablo: “Mr. Rain gioca con sovrapposizioni e lunghezze. La giacca coat viene chiusa da una spilla gioiello lateralmente. Sicuramente, la sua altezza gli consente di giocare con il multi layer”.

Fred De Palma in Ssheena

Fred De Palma, in generale, ha fatto scelte molto stylish. Per l’ultima sera, ha inciampato in un crop top che sarebbe stato meglio evitare. Il maxi reverse della giacca è comunque notevole. Il cantante ha indossato Salvini, optando per orecchini della collezione Magia in oro bianco e diamanti e anello Eva in oro bianco e hybrid ceramic rossa.

Pablo: “Stavolta è un po’ too much. Lacrop shirt ricorda un po’ un manga boxer”.

Sangiovanni in Gcds

Photo credits: Daniele Venturelli – Getty Images

Pablo: “Ed ecco Sangiovanni, pronto per andare a dormire. Le macro righe che lo sovrastano sono nulla in confronto ai pantaloni XXXXXXXL”.

Clara in Rabanne

Pablo: “Appare come una dea nella sua semplicità. L’abito dalle linee scivolate è in perfetto match con il sandalo alla schiava. I capelli sono raccolti in una ponytail. L’eyeliner felino è stato il comune denominatore in queste serate. Purtroppo, per la serata finale, le sopracciglia appaiono un po’ troppo sottili nelle estremità”.

Rose Villain in Giorgio Armani Privè; gioielli Damiani

Un abito un po’ “vecchio”, da signora. Questo look non ci ha convinti. La cantante ha indossato l’Alta Gioielleria di Damiani, optando per l’anello Emozioni in oro bianco con diamanti e acquamarina.

Pablo: “Bellissima elegantissima. Il make-up ha un touch di colore e anche i capelli, nonostante il wet look, mi piacciono”.

 

Il funky soul made in Italy: è uscito “(Let’s go to) DISCO” degli Adika Pongo ft. Leroy Gomez

Il funky soul made in Italy: è uscito “(Let’s go to) DISCO” degli Adika Pongo ft. Leroy Gomez

Leroy Gomez, icona della musica disco statunitense, noto ai più per la sua versione di Don’t let me be misunderstood, torna in grande stile con l’album “(Let’s go to) DISCO” in collaborazione con la band italiana Adika Pongo.

Già dai primi secondi di playing, veniamo trasportati in un’atmosfera da Studio 54, con tutto il groove della disco music di una volta. Ad accompagnare la voce calda di Leroy Gomez, la cantante Ms. Francy. “(Let’s go to) DISCO” è disponibile su tutte le piattaforme digitali a partire dal 19 gennaio. 

Il singolo è scritto dai produttori Costantino Ladisa e Alessandro Benedetti, da Ms. Francy (Francesca Silvi) e dallo stesso Leroy Gomez. È uscito a due anni da “Touch my Heart”, grande successo internazionale in collaborazione con il cantante americano D-Train ed edito dall’etichetta discografica inglese Expansion Records, una delle più importanti label di musica Soul e R&B del mondo. Gli Adika Pongo sono l’unica band italiana a far parte del catalogo dell’etichetta. La band ha infatti un lungo rapporto con Expansion Records, che ha pubblicato il loro primo album, “Groovin Up!”, nel 2011 e vari singoli che hanno raggiunto i primi posti nelle Soul Charts di tutta Europa, ma anche di Brasile, Giappone e USA.

Il direttore di Fashion News Magazine, Barbara Molinario, amante della “buona musica” ha espresso il suo entusiasmo per questa nuova uscita: “Un augurio speciale per un grande successo per il lancio del singolo degli Adika Pongo. L’ho già acquistato su iTunes”.

“Il nostro scopo è quello di far divertire il pubblico, permettere loro di lasciar fuori per un paio d’ore, problemi e preoccupazioni. La nostra musica è catartica, o meglio, cerchiamo di renderla tale. Buon ascolto e “Let’s go to Disco”, è un consiglio…” ha commentato Ms. Francy.

Ed allora, alzate il volume, indossate gli occhiali da sole e scatenatevi! 

“Good Vibes”: La colonna sonora, il videoclip, il film –  diretto da Janet De Nardis ed interpretato da Francesca Silvi

“Good Vibes”: La colonna sonora, il videoclip, il film – diretto da Janet De Nardis ed interpretato da Francesca Silvi

Good Vibes: La colonna sonora

Un nuovo e avvincente successo professionale per la regista Janet De Nardis, dopo pochissimi giorni dall’uscita in sala della sua opera prima “Good Vibes”, vi parliamo della colonna sonora e del videoclip. La canzone omonima è stata lanciata in anticipo con l’uscita su tutte le piattaforme digitali, Link:

 

Il brano “Good Vibes” e l’intera colonna musicale è composta da Giuseppe Morgante per Soundiva publishing. La protagonista del videoclip è la cantante Francesca Silvi, voce del Gruppo Adika Pongo, la regia è stata curata dalla stessa De Nardis che ha scelto di inserire alcune scene significative del fanta-thriller. “La passione di Janet De Nardis per la musica non è di certo una novità: nel passato ha fatto parte del gruppo femminile delle Finger Prints e in questi anni è stata conduttrice e radiofonica. L’amicizia con la stessa cantante del brano (anch’essa facente parte delle Finger Prints) risale al 2002, anno in cui entrambe cantarono per i Mondiali in Giappone, a Sendai, condividendo il palco con Antonello Venditti”.

Good Vibes: Il film

Uscito da pochi giorni nelle sale cinematografiche, il 23 novembre, “Good Vibes” aveva già conquistato, nei giorni precedenti, il successo della critica. Caratterizzato da una trama ricca di intrecci e con risvolti spesso inquietanti “la storia e le vicissitudini che coinvolgono i protagonisti del film ruotano attorno all’App di un cellulare che è in grado di copiare il contenuto di qualsiasi smartphone, così da scoprire i segreti di chiunque.  Cinque storie che si intrecciano e danno luogo ad una serie di eventi concatenati che metteranno alla prova i protagonisti di questa vicenda, per molti versi inquietante, ma corrispondente a una realtà purtroppo possibile. Un vero thriller-crime che appassionerà il pubblico e lo porrà davanti a molti interrogativi”. Tra i protagonisti ci sono attori del calibro di Caterina Murino e Vincent Riotta, ma anche Ludovico Fremont, Mimmo Calopresti, Andrea De Rosa, Nicola Pecci, Leonardo Santini, Riccardo Antonaci, Luca Di Giovanni, Alessandro Onorati, Angelica Cacciapaglia, Eleonora Ivone, Antonio Tallura, Giulia Petrungaro e molti altri.

Intervista a Ketty Teriaca: “Da Lontano”, il nuovo album della pianista catanese

Intervista a Ketty Teriaca: “Da Lontano”, il nuovo album della pianista catanese

Si intitola “Da Lontano” il nuovo album dell’artista catanese Ketty Teriaca. Un disco per piano composto da quindici tracce che si configura come un’opera corale, nata dal contributo di otto amici che, tra musicisti, strumentisti, compositori con cui la pianista ha avuto il piacere di lavorare in occasione di concerti e performance musicali nel corso dei suoi trent’anni di carriera, hanno offerto il proprio supporto come tributo dell’amicizia che li lega.

L’album, prodotto dalla casa discografica Modhì Music Company, è un vero e proprio viaggio all’insegna dei sentimenti e dei ricordi. Le melodie appaiono intime e introspettive, espressione di ciò che significa ai giorni nostri l’inquietudine di vivere. La pianista nei suoi brani ci tiene a sottolineare anche l’importanza dei silenzi che a causa dei ritmi frenetici di vita e delle continue corse contro il tempo, non siamo più abituati a goderci.

Quindici i brani in scaletta dalle armonie dense e crepuscolari, partiture per piano solo, alcune inedite, firmate da compositori come Marco Betta (attuale sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo), pianisti come Maria Gabriella Cappelletti, Valentina Grisafi e Luciano Maria Serra, chitarristi come Luca Nobis, Giovanni Seneca, Mario Gulisano e dal brasiliano Daniel Wolff.

Ketty è riuscita a creare un’opera in cui non sono servite le parole per comunicare emozioni; è bastato un piano e le sue mani d’oro per dare vita ad arte pura. Cinquanta minuti in cui potersi immergere completamente nel suo mondo, e farci cullare dalla dolcezza delle melodie e dal ritmo dei tasti suonanti. “Questo disco nasce durante il lockdown, quando in assenza di concerti di musica da camera, mi sono ritrovata a studiare pagine del repertorio solistico. Alla ricerca di nuove partiture, ho coinvolto Luca Nobis chiedendogli la trascrizione per piano di un brano ascoltato durante un suo concerto. Cosa che ho poi ripetuto con tutti gli amici compositori dei quali apprezzavo la scrittura e che mi hanno donato loro partiture”, ha affermato l’artista.

In particolare l’album viene definito dalla stessa autrice un vero e proprio omaggio a sua madre, ma sostiene sia rivolto anche a tutte quelle madri che affiancano con costanza i propri figli nelle loro passioni, supportandoli negli studi, incoraggiandoli nei fallimenti, inevitabili in qualunque percorso di conoscenza, e condividendone i successi. Un messaggio nobile questo, pieno di quotidianità e di amore, quello di una mamma verso il proprio figlio, un amore forte, indissolubile, eterno.

La tracklist:

1. Da lontano
2. Pace
3. Planare
4. Il valzer dei ciliegi
5. Ecuba
6. Due piccoli valzer sentimentali
7. Per Elsa
8. A brief nocturne in B flat minor
9. Nives
10. Ultima luce
11. Cristalina
12. Lamento para Maroca
13. Notturno – Soledad
14. Intermezzo
15. La vita che appare

FashionNewsMagazine ha avuto l’onore di intervistare Ketty Teriaca e di scoprire qualche informazione in più sulla sua carriera artistica e sul suo nuovo disco.

Ti sei diplomata in pianoforte nel 1990 e hai completato la tua formazione musicale laureandoti in Lettere ad indirizzo musicale al DAMS di Bologna. Oltre ad essere una musicista, sei anche una docente al Conservatorio Scarlatti di Palermo. Quali sono i benefici che riscontri nell’insegnamento e nell’entrare in contatto con giovani artisti che si stanno affacciando ora al mondo musicale?

Ho iniziato giovanissima ad insegnare pianoforte, mi è sempre piaciuto condividere con gioia quello che apprendevo studiando. Dell’insegnamento la cosa che preferisco e alla quale punto sempre è entrare nella relazione profonda con l’alunno per poter tirare fuori tutte le emozioni e il vissuto interiore dello studente, dandogli forza e consapevolezza. È un continuo scambio umano che mi arricchisce e lascia colori nell’anima. Inoltre, cerco sempre di stimolare la capacità organizzativa del tempo per lo studio dello strumento in una società frenetica come la nostra”.

Il tuo nuovo album intitolato “Da Lontano” è un’opera corale nata dal contributo che alcuni tuoi amici musicisti e compositori hanno deciso di offrire per la sua realizzazione. Pensi siano riusciti a rispettare in pieno il significato e il messaggio che volevi trasmettere per il tuo disco?

Quando ho scelto i brani per il mio disco e quindi i compositori, conoscevo benissimo il linguaggio con il quale mi sarei rapportata. Avevo già nel tempo suonato musiche di questi musicisti amici e sapevo che le loro partiture avrebbero permesso la mia espressione più intima e profonda”.

Il disco “Da Lontano” è dedicato alla tua mamma, ma anche a tutte le mamme del mondo e al loro amore incondizionato verso i propri figli. Quando hai deciso di diventare musicista? La tua mamma come ha reagito a questa notizia?

Ho iniziato a studiare pianoforte all’età di sei anni. il percorso è stato lungo e faticoso, fatto di cadute e rialzate, sempre aiutata da mia madre, anche talvolta con punte di durezza. Credo di aver deciso di insegnare dopo il diploma di pianoforte, anche se in contemporanea mi stavo creando un’ipotetica alternativa con un percorso universitario al DAMS di Bologna. Naturalmente mia madre è stata sempre entusiasta della mia scelta pur sapendo che sarebbe stato un percorso impegnativo”.

Il tuo nuovo album è composto da quindici tracce. Un viaggio di cinquanta minuti in cui l’ascoltatore è portato ad emozionarsi e a riflettere. Quale di questi brani pensi ti rappresenti di più e perché?

Amo tutti e quindici i brani dell’album, ognuno per quello che mi evoca e per il legame forte che sento con ogni compositore, ma quello che mi rappresenta di più è Da Lontano di Luca Nobis che dà il titolo al disco e che ho scelto per il videoclip. Ho questa immagine forte davanti ai miei occhi, di quando in qualità di organizzatrice di concerti con la mia associazione Darshan, mi sono ritrovata davanti ad una esecuzione straordinaria alla chitarra dello stesso Nobis che con il suono di Da Lontano incantava il pubblico, e lì mi è scattato dentro un desiderio enorme di vedermi a suonare da sola quelle note così belle. Quella sera stessa gli chiesi di scriverne una versione per pianoforte”.

Note che fanno riflettere, ricordare, emozionare. Un album da ascoltare tutto d’un fiato.

Lanternia – dall’8 Dicembre al 10 Marzo la kermesse dedicata alle lanterne giganti arriva in Italia

Lanternia – dall’8 Dicembre al 10 Marzo la kermesse dedicata alle lanterne giganti arriva in Italia

Lanternia – il festival internazionale delle lanterne giganti – arriva in Italia dopo le fortunate edizioni di Amsterdam, Londra, Miami, Tokyo, Tallin, Shangai e New York. Si tratta delle caratteristiche lanterne cinesi, protagoniste di feste, riti e cerimonie dell’estremo oriente. Senz’altro vi sarà capitato di vedere le immagini del capodanno cinese, momento dell’anno in cui viene festeggiata la “Festa delle Lanterne”, durante la quale il cielo viene illuminato con migliaia di lanterne contenenti messaggi di buon auspicio. Un panorama unico e suggestivo. 

Lanternia è un festival internazionale patrocinato dall’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese ed approderà in Italia il prossimo 8 Dicembre presso il parco tematico “Bosco delle favole” di Cassino. Fino al 10 Marzo sarà possibile immergersi nell’atmosfera magica delle lanterne orientali con un’istallazione che ne conta più di trecento lanterne giganti provenienti da tutto il mondo, per un valore complessivo di due milioni di euro. 

Dentro una fiaba

Il percorso è suddiviso in sei aree, dedicate a grandi e piccini, nelle quali verranno esposte lanterne a tema ed organizzati eventi e live show come Dreamland – Il mondo dei sogni, Fantasylandia, Il Regno del Natale, Favole dal mondo, Il Regno Animale, Colorandia. Immaginate lanterne di ogni forma, colore e dimensione. Da quelle alte venti metri, fino a quelle a forma di castello. Potrete passeggiare per il Paese delle Meraviglie di Alice o attraversare la foresta delle piante giganti. 

L’impatto ambientale

La kermesse è stata pensata in un’ottica green, infatti, il materiale utilizzato per realizzare le lanterne è la seta (fibra a basso impatto ambientale); mentre l’illuminazione vera e propria è fatta con una tecnologia a LED ad elevato risparmio energetico. 

In arrivo la XXXI edizione di Romics – il Festival Internazionale del Fumetto, Animazione, Cinema e Games a Roma!

In arrivo la XXXI edizione di Romics – il Festival Internazionale del Fumetto, Animazione, Cinema e Games a Roma!

Liberate il vostro spirito nerd perchè Romics sta per tornare! A partire dal 5 Ottobre, per quattro giorni, una maratona di eventi, mostre, incontri con gli autori, conferenze e laboratori. Oltre 350 espositori, su cinque padiglioni, accoglieranno il pubblico, coinvolgendo i giovanissimi, i giovani, ma anche gli adulti. 

Qualche anticipazione…

“La Trentunesima Edizione di Romics – ha dichiarato Sabrina Perucca, Direttrice Artistica del Festival – accoglie il suo pubblico con lo splendido manifesto targato DC Comics a cura di Panini Comics, realizzato da Gabriele Dell’Otto, che ci mostra Superman planare sopra Roma e al Colosseo, pronto ad accompagnarci nella grande avventura di Romics. Incontreremo tre grandi figure premiate con il Romics d’Oro: Roberto Diso, l’inossidabile autore bonelliano, una straordinaria carriera, tra Mister No e Tex; Declan Shalvey, in collaborazione con la casa editrice saldaPress, il pluripremiato artista irlandese, che ha lavorato a numerosi titoli, da Moon Knight a Batman, da Deadpool a Immortal Hulk sino alla sua ultima opera Old Dog; Richard Anderson, il grande concept artist, illustratore e pittore americano, al lavoro tra cinema e videogames, tra i titoli a cui ha collaborato Moon Knight, Captain Marvel, Arkham Knight, Guardiani della Galassia e Eternals. Ad ogni autore celebrato con l’assegnazione del Romics d’Oro verrà dedicata una mostra originale che ne racconta la straordinaria carriera. L’ampio spazio mostre accoglierà inoltre diverse esposizione tematiche, con originali di grandi Maestri italiani e internazionali. Uno sguardo importante in questa edizione alla letteratura disegnata: i grandi adattamenti a fumetti. Un programma ricchissimo di eventi speciali e sorprese, per quattro giorni all’insegna della fantasia e della creatività”.

Romics 2023: le mostre

Roberto Diso. Da Mister No a Tex: l’autore ha messo a disposizione per la mostra oltre ottanta tavole originali disegnate a mano dal suo archivio personale. Una selezione di undici storie tratte da Mister No, Tex e Mohican.

Declan Shaley. Storyteller spaziale: una selezione di tavole firmate Declan Shalvey, realizzate con Image Comics.

Il genio artistico di Richard Anderson: trenta opere selezionate delatore che uniscono il character design alle atmosfere leggendarie dei grandi Blockbuster di fantascienza.

85 anni di Superman: questa grande mostra per celebrare gli 85 anni di Superman è realizzata in collaborazione con DC Comics e Warner Bros. Verrà sottolineato il ruolo di Superman come icona mondiale di speranza ed ottimismo.

Iride a Fumetti: una fusione di arte e scienza dove Iride, il programma spaziale italiano di osservazione della terra, viene raccontato attraverso i fumetti di artisti italiani. 

Crossroad Comics: per tutti gli appassionati di cinema, fumetto, musica e letteratura – la mostra di Sergio Algozzino ispirata al suo ultimo libro.

Alla Lavagna! 30 anni di scuola romana dei fumetti in mostra

Pietro Battaglia compie 30 anni

I più attesi:

Ricordate il cartone animato “L’incantevole Creamy”? Beh, quest’anno si festeggiano i 40 anni dalla prima messa in onda. Dopo tanto tempo, le avventure di You Morisawa continuano ad appassionare gli spettatori che avranno la possibilità di incontrare, dal vivo, Akemi Takada.

Verrà presentata a Romics 2023 la storia inedita “Topolino e l’avventura a Scatti” di Panini Disney. 

Tra gli special guest, atteso l’illustratore e pittore Simone Bianchi, famosi per i suoi lavori con DC Comics e Marvel. Bianchi si racconterà al pubblico in un incontro condotto dal giornalista Rai Riccardo Corbò.

La voce più amata del mondo dei cartoni animati, l’iconica Cristina D’Avena, si esibirà il 7 Ottobre. Sappiamo che ricordate tutte le parole delle sigle a memoria!

Tutti gli eventi e gli appuntamenti in programma sono consultabili sul sito ufficiale di Romics

Intervista a IOFORTUNATO: esordio discografico per il cantautore all’insegna dell’amor che tutto regge

Intervista a IOFORTUNATO: esordio discografico per il cantautore all’insegna dell’amor che tutto regge

Il cantautore Fabrizio Fortunato, in arte IOFORTUNATO, ha esordito con il suo primo lavoro discografico, dando vita ad un nuovo ed inedito album, “La Guarigione”. “Queste canzoni sono la mia guarigione, il mio primo album”, racconta IOFORTUNATO.

Attivo nel panorama musicale già dal 2011, l’artista vanta esperienze in variegati progetti come la fondazione, insieme a Daniele Lo Coco, Valerio Ragusa e Daniele Schilaci dei Cum Moenia, una band di musica strumentale che lo vede dietro a synth e pianoforte, oppure nel 2013 la partecipazione nei Dryleaf, duo elettrofolk dove si occupa dell’elettronica, e nel 2015 la creazione di Yes/se:f insieme a Salvo Cascio, con il quale arrangia alcune delle canzoni scritte negli ultimi anni, tenute nel cassetto sino ad allora. Il 2020 oltre ad essere un anno difficile per via del Covid che lo obbliga a produrre musica in una stanza di casa adibita a studio, è anche l’anno della svolta: l’incontro provvidenziale e necessario con il noto produttore Roberto Cammarata, già celebrato per il suo lavoro con La Rappresentante di Lista, Omosumo e Cordepazze, dona vita e colori ai suoi pezzi, portandone alla nascita di nuovi e avviando così la vera e propria produzione e l’uscita degli otto brani che compongono la tracklist del primo disco di IOFORTUNATO, “La Guarigione”.

La tracklist di “La Guarigione”:

1. Rosse di fumo
2. Pezzo di cuore
3. CNC (Carne nella Carne)
4. Cappotto verde
5. La guarigione
6. Amore mio
7. Giorni maledetti
8. Il mondo dentro

“La Guarigione” è un disco che unisce pop e tinte elettroniche con un approccio intimista e molto personale, arricchito da arrangiamenti densi ed elaborati. Un’opera che ruota intorno all’elettronica delle drum machine e dei synth che si contrappongono ai fraseggi della chitarra elettrica, al basso elettrico, al pianoforte e agli archi, questi ultimi veicoli di una profonda introspezione che descrive il mood di tutto l’album e che vuole mettere in evidenza il tema che caratterizza tutta la produzione artistica: l’Amore. “L’amore è il sentimento su cui regge l’intero lavoro, la guarigione stessa che attraversa le delusioni, la rabbia, il dolore, la paura. Guarire vuol dire integrare le ferite della vita, ritornare nei luoghi passati, riviverli attraverso gli odori trovando qualcosa di nuovo, di salvato”, ha affermato il cantante.

FashionNewsMagazine ha avuto l’onore di intervistare IOFORTUNATO e di scoprire qualche informazione in più sulla sua vita e sulla sua carriera musicale.

Nel 2020 l’incontro con il produttore Roberto Cammarata ha portato la tua carriera artistica ad un cambio decisivo e radicale. Ti va di raccontarci quel momento?

L’incontro con Roberto Cammarata è stato grazie ad un nostro amico in comune, anche lui musicista, Francesco Incandela che ascoltando alcune delle mie preproduzioni mi ha consigliato di lavorare con Rob. Inizialmente Rob mi fece riflettere più sulle cose che potevamo variare nella mia scrittura, nell’approccio che rimaneva troppo vittima di alcune mie insicurezze, e che quindi oscuravano un po’ ciò che volevo mettere fuori. Da quel momento credo che sia cominciata la mia vera crescita e per questo a Rob devo davvero moltissimo”.

Tra le otto canzoni che compongono il tuo disco “La Guarigione”, quale di queste senti più vicina a te perché legata ad un momento particolare della tua vita?

Sono legato ad ogni singola canzone, perché ognuna di loro ha per me un suo significato profondo, ma volendo rispondere dettagliatamente alla domanda dico “Il mondo dentro” che ho scritto mentre Giulia mia moglie aspettava Beatrice nostra figlia. È stata una canzone che ho cercato profondamente dentro parole che non rendevano giustizia a ciò che portavo dentro, così guardando più in fondo ho trovato in una sorta di confessione il modo giusto per raccontare quel momento”.

Sono ormai più di dieci anni che sei attivo nel panorama musicale. Hai fondato i Cum Moenia, Yes/se:f e hai partecipato nel gruppo Dryleaf, e inoltre hai avuto a che fare con tantissimi professionisti. Quale è l’insegnamento che porti sempre con te dovuto alle tue esperienze passate?

Ogni esperienza è stata importantissima per la mia formazione. I Cum Moenia sono stati la mia prima vera band, ma eravamo troppo giovani e alla fine non siamo riusciti a negoziare le forti differenze caratteriali che ci determinavano, anche se ancora oggi ascolto il nostro disco Yersinia (2015) e mi commuovo. Dryleaf si è concluso perché il cantante Little Gas è andato a vivere in Inghilterra, ma continuiamo a collaborare a distanza. Yes/se:f è stata un’esperienza che mi ha dato molto, ma è stato giusto ad un certo punto cambiare direzione. Tutte queste esperienze sono parte di ciò che sono oggi e di tutto ciò che ho vissuto ne sono immensamente grato”.

Le tue canzoni rappresentano un ponte tra passato e futuro grazie all’uso che fai delle melodie pop e dell’elettronica. Ci sono delle personalità all’interno del mondo musicale da cui trai ispirazione per le tue creazioni?

Da un punto di vista strettamente strumentale, credo che i Depeche Mode siano sempre con me sia consciamente che inconsciamente. È una band che assorbo giornalmente nelle loro sonorità, li ascolto da davvero moltissimo tempo. Tutta la ricerca intorno ai Synth è partita dopo aver conosciuto loro. Naturalmente vengo contaminato da tutti gli altri ascolti che divoriamo nel quotidiano. Durante la scrittura del disco ad esempio ho ascoltato molto “ZABA” dei Glass Animals, “After Hours” di The Weeknd, “La fine dei vent’anni” di Motta, “Afrodite” di Dimartino, e chiaramente tante altre robe con un ascolto meno approfondito”.

Un disco dal forte impatto emotivo, ben scritto e con un sound sognante che accompagna le parole in modo del tutto naturale, facendone risaltare i tratti delicati e intimi che caratterizzano l’arte di IOFORTUNATO; un cantautorato tradizionale che affonda le radici in una musica fresca e rinnovata.

 

Intervista ai RadioSabir: nuovo album per il gruppo siculo dal sapore dialettale e musicalmente contemporaneo

Intervista ai RadioSabir: nuovo album per il gruppo siculo dal sapore dialettale e musicalmente contemporaneo

Nuovo disco per il gruppo siciliano RadioSabir (ex Niggaradio) che ha deciso di chiamare “Cunti e Mavarii pi megghiu campari”. Un’idea nata stando in giro per il mondo, prendendo dal blues del Mali e da quello del Mississippi, dalle musiche ascoltate su tutte le coste del mediterraneo, dal rumore dalle città visitate.

Undici brani riprodotti in dialetto siciliano che rappresentano un melting pot capace di mettere insieme Root Blues, elettronica di base, ritmi, cori, rumori ancestrali, amalgamando tutto in un solo suono e dando vita a quello che la stessa band chiama il loro blues del terzo millennio, in cui si sviscerano momenti di società italiana raccontata, cantata e immaginata da atmosfere siciliane, di popolo e di underground metropolitano. “Siamo un viaggio nella musica che dalle radici della musica rurale tutta, dal blues al folk volge verso un suono elettronico e contemporaneo. Siamo come una come quelle radio nere che hanno cambiato il modo di ascoltare la musica con un linguaggio nuovo provando ad unire il presente, al passato e coniugandolo al futuro”, hanno affermato i RadioSabir.

Già dal loro debutto nel 2014 l’obiettivo per i RadioSabir era ben chiaro: parlare alla gente di vite, persone, speranza e amore e avvenimenti che accadono nei sud del mondo, il tutto attraverso la propria musica. “La musica non è la cura ma certo aiuta e da sempre. I brani di questo album provano a parlare sia alla testa che a tutto ciò che sta sotto la cintura. Raccontiamo di grandi storie e di piccole magie e per farlo soprattutto, usiamo la nostra lingua, non ad omaggiare tradizioni passate ma a farle rivivere oggi, con i modi anche brutali di oggi, con la voce della nostra gente, che certo conosce la lingua com’era, ma la coniuga al presente, nel presente dell’Isola, modellando parole e suoni e incrociandole con altre lingue”, ha dichiarato il gruppo.

La band è formata da Daniele Grasso (chitarre, basso elettrico, synth bass, sintetizzatori, voce e cori, suoni e rumori), Peppe Scalia (batteria, percussioni, cori), Umberto Arcidiacono (percussioni, fisarmonica, marranzano, cori), Elisa Milazzo (voce e percussioni) e Chiara Dimauro (voce).

Undici tracce registrate e mixate da Daniele Grasso che si è occupato anche della produzione artistica, dei testi e della musica per Dcave Records a The Cave Studio di Catania. Il mastering è a cura di Eleven mastering:

1) Na buttigghia i vinu
2) ‘U ferru
3) Voodoo Med
4) Ci voli tempu
5) Ma ‘cchi fai (Ayaya)
6) ‘U munnu sta canciannu
7) ‘A rivoluzioni un si fa chi social
8) Iarrusa
9) 10600 iorna
10) E resta ‘cca
11) Seggia sghemba

Il nome NiggaRadio ha rappresentato per loro una base di partenza, la comunicazione degli ultimi, perché è proprio agli ultimi e agli emarginati che il gruppo vuole dar voce. Ma sensibilità diverse e un certo politically correct odierno hanno portato a un cambio di rotta e così come un’araba fenice che risorge dalle ceneri ecco: Radiosabir, il nuovo nome della band. “Una parte del nostro nome Radio ha sempre suonato come una denuncia, una provocazione e certo in parte lo è. Una Radio che racconta in una lingua che tutti possono capire così come l’altra parte del nostro nome Sabir, la lingua franca che per centinaia di anni ha consentito alle genti del Mediterraneo tutte di comprendersi”, ha dichiarato la band.

FashionNewsMagazine ha avuto l’onore di intervistare i RadioSabir e di scoprire qualcosa in più sulla loro vita e carriera musicale.

A causa del “politically correct” che in questi anni ha preso piede nella nostra società odierna, siete stati soggetti a numerose critiche riguardo al vostro precedente nome della band NiggaRadio, tanto da doverlo cambiare in RadioSabir. Come avete reagito a questi giudizi e soprattutto cosa avete provato quando avete capito che era arrivato il momento di questo cambiamento?

Grazie della domanda che ci consente di chiarire ancora una volta del perchè del cambiamento. Per far questo è utile ricordare il significato che noi si dava al nome NiggaRadio. Noi siciliani viviamo e facciamo parte di quei sud che sono spesso in ritardo rispetto a quella comunità internazionale che vive splendidamente rispetto alla gran parte del mondo. Sentivamo così di voler rappresentare questa fetta di umanità discriminata racchiudendola nella parola Nigga e la parte della comunicazione nella parola Radio, da qui Niggaradio. Purtroppo il proseguire di atti di discriminazione e violenza in paesi come gli Stati Uniti ha fatto si che la giusta causa del Black Lives Matters rendesse ancora meno tollerabile qualsiasi espressione che richiamasse quella discriminante del colore. In realtà i richiami non erano molti, abbiamo sempre avuto molti fans di colore, ma quelli che arrivavano erano stizziti e non volevano ascoltare nessuna motivazione. L’apice l’abbiamo toccato a Firenze quando un professore afroamericano ha organizzato un sit in contro il nome. Pur condividendo le nostre idee sociali non è stato possibile convincerlo. Certo è che ci è rimasto il dubbio del perché la parola Negro compresa nel nome Negramaro non gli desse fastidio, così come in Negrita. Comunque questo e un po’ di festival saltati ci ha fatto pensare che in molti la sostanza è meno della forma e quindi, ecco RadioSabir col suo nuovo nome, splendido e splendente”.

Siete un gruppo che guarda al passato, inserendo le vostre origini siciliane e il dialetto che rappresenta tutto il file rouge della vostra musica, ma buttate un occhio anche al futuro perché i vostri punti di forza sono caratterizzati da suoni contemporanei e innovativi, e da una scrittura trasversale. Quale è il messaggio che volete trasmettere con la musica al vostro pubblico?

In realtà tutt’altro. Noi scriviamo e cantiamo nel dialetto che si parla oggi nelle nostre strade, una lingua contemporanea che tiene conto si delle proprie radici e tradizioni, ma le coniuga al presente per quei ragazzi, quelle persone che la usano come una lingua viva, di una terra vivissima. Il suono è il giusto compendio di questa direzione. La musica ha il dono meraviglioso di attaccarsi alle persone che ne fanno ciò che vogliono. Per noi, in questa che spesso viene definita l’età dell’ansia, il nostro suono non è certo la cura, ma di certo aiuta. Quindi ecco perché diciamo che è una musica per la testa, ma anche per tutto ciò che avete dalla cintura in giù. D’altronde come da titolo del disco, questi sono racconti e incantesimi per vivere meglio”.

La Pandemia vi ha costretto a mettere in pausa le esibizioni dal vivo, ma dopo questo brutto periodo che ha coinvolto e fermato tutta l’umanità, siete ripartiti più carichi ed energici di prima. Quali sono le emozioni che vi trasmette salire sul palco e cantare live di fronte a tanta gente?

Non eravamo mai stati così tanto fermi sia collettivamente che individualmente senza palchi. Per rispondere a cosa succede ci è più facile dirvi alcuni dei pensieri che ci passano per la testa prima di quei pochi scalini che ci portano al palco: accidenti, non mi ricordo niente; mi verrà fuori la voce?; ogni volta è come far sesso con qualcuno di bellissimo. Ma la più importante di tutte è: questo è un rito e noi siamo gli officianti. Infine come diciamo sempre al nostro pubblico: voi siete la musica, noi siamo solo la band”.

I vostri testi sono veri e sinceri. Le vostre canzoni parlano soprattutto di come trovare la propria strada e il proprio posto nel mondo nell’ormai dilagante razzismo. Siete molto attenti a questa tematica e ci tenete particolarmente. Pensate di poter cambiare questo trend attraverso la vostra musica?

Parliamo di amore, di chi è discriminato perché migra, perché è di un altro colore (che vorrà dire poi? Siamo tutti di colore diverso), perché è povero, di chi è un po’ diverso di testa. Se vuoi parlare di amore, devi far sì che tutti nelle loro diversità siano uguali, che i diritti siano di tutti altrimenti sono privilegi, che la ragione del profitto non sia l’unica che governa questo mondo, che il diritto ad aver la possibilità di provare ad essere felici sia di tutti, ovunque senza distinzione di ceto, sesso, religione etc. Se questo è scrivere e cantare contro il razzismo, si è vero cantiamo di amore per tutti e contro tutti i razzismi”.

Siete usciti quest’anno con il vostro album “Cunti e Mavarii pi megghiu campari” che ha riscontrato un notevole successo. Guardando un po’ avanti, state già lavorando a qualche progetto futuro?

Il disco sta raccogliendo grandi consensi. Per ora ce li godiamo e portiamo avanti il progetto con i live per la sua promozione. Supporteremo a breve il tutto con un po’ di singoli e abbiamo come pensiero di preparare un tour europeo. Infine siamo coinvolti in diversi progetti multimediali e, come già abbiamo fatto una volta, stiamo preparando un evento con tanti musicisti in cui racconteremo le nostre storie per fare beneficenza a supporto dell’amore per gli altri”.

Siamo abituati a resistere cercando di restare noi stessi pur evolvendoci anche quando intorno tutto cambia. Siamo noi anche quando a cambiare è il nostro stesso nome”. (RadioSabir)

Intervista agli Okiees: “Rageen” e la loro inedita forma di concept album

Intervista agli Okiees: “Rageen” e la loro inedita forma di concept album

Un progetto decisamente coraggioso, quello che gli Okiees, gruppo musicale di origini catanesi che, formato da Andrea Rabbito (voce, chitarra e professore di Cinema, fotografia e televisione presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”), Adriano Murania (violino e musicista dell’Orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania e collaboratore di Carmen Consoli e Franco Battiato), Simone Liotta (tastiere ed elettronica), Mauro Melis (grafica e title design) e l’attore Pippo Delbono (uno dei più autorevoli e rivoluzionari esponenti del teatro contemporaneo), portano a compimento nel loro “Rageen vol.1”.

Quello che è stato prodotto non è un libro, non è neanche un album musicale, e neppure un film. E quindi ci domandiamo cosa rappresenta effettivamente questa opera?

È un’inedita forma di concept album che sposa l’idea della narrazione transmediale di Henry Jenkins, fondendo principalmente l’album musicale con il libro e con il film sperimentale, a cui si aggiungono inoltre poesia, videoarte, narrativa, illustrazione, performance, reading.

Il volume, composto da dodici tracce, parla di corpo oltre che di voce, poiché grazie all’esclusiva tecnologia QR-BOOK™ il volume è abilitato alla fruizione di contenuti multimediali attraverso un QR-Code, che consente di arricchire l’esperienza di lettura estendendone le potenzialità. Si propone dunque l’idea di un nuovo modo di fare e offrire musica, avvertendo la necessità di legare questa espressione artistica ad altri linguaggi, in una dimensione unitaria e complessa, e che vede coinvolto attivamente l’ascoltatore/spettatore/lettore nella costruzione dei vari pezzi del mosaico offerti.

Il progetto edito da Edizioni Kappabit e il film distribuito da Distribuzione Indipendente, rappresentano i vari tasselli che, integrati fra loro, compongono la storia riguardante l’amicizia conflittuale tra Roger Benjamin e il suo compagno Benjamin Rye. Un rapporto tra i due che aprirà le porte ad un viaggio nei lati oscuri dell’uomo, proponendo un percorso introspettivo su una declinazione della figura dell’hostis (il migrante, il diverso, il disagiato, il reietto, il disturbato psichico, il ribelle senza causa), ovvero sull’Altro da Sé, su quello straniero che vive in noi. “Quella rabbia e malinconia che esprimiamo non sono solo del migrante, ma anche di molti di noi, adagiati nel Paese del benessere. Un rageen diverso da quello provato da chi è costretto a scappare dalla propria terra, ma pur sempre vibrante e inteso, e forse più perturbante”, ha dichiarato Andrea Rabbito.

In questo viaggio transmediale l’immagine insieme alla musica e alla narrazione, hanno un ruolo principale: fondono sperimentazione videoartistica con found footage sia nelle illustrazioni del libro, sia nella produzione audiovisiva. Il carattere transmediale è dunque la vera cifra che distingue questa inedita e multiforme sperimentazione, capace di una totale rielaborazione delle tradizionali definizioni di tecniche, medium e linguaggi. Non a caso i testi delle canzoni e di una parte dei reading propongono il personale stream of consciousness di Roger che recupera e altera la lingua inglese (lo stesso “Rageen”, ad esempio, è la crasi tra “rage” e “spleen”), palesando i suoi problemi non tanto cognitivi, ma psichici. “L’incontro tra le nostre riprese e le immagini di repertorio ci ha permesso di essere, da un lato, puramente evocativi, giocando sul piano delle emozioni nella loro relazione con la musica; ma, dall’altro lato, ci ha consentito di fornire una narrazione attenta di ciò che accade ai due protagonisti; ogni immagine scelta è funzionale al racconto, e assume senso nel montaggio con le altre immagini e con la musica, con il testo narrativo, con le illustrazioni”, ha affermato Andrea Rabbito. Quello che gli Okiees hanno messo in chiaro sin da subito è stata perciò la volontà di giocare con i linguaggi, prendersi la libertà, senza temere di alterare e “sporcare” a loro piacimento ciò che usano per esprimersi.

FashionNewsMagazine ha avuto l’onore di intervistare gli Okiees e scoprire qualcosa in più sul loro album Rageen.

Il nome del vostro gruppo Okiees si offre come alterazione del termine dispregiativo “Okie” rivolto ai migranti provenienti dall’Oklahoma descritti da John Steinbeck in “The Grapes of Wrath”. Ricordate il momento in cui avete deciso insieme di dare questo nome al vostro gruppo. Che significato ha per voi?

La scelta è stata di Andrea [Rabbito N.d.R.], subito accolta molto positivamente da tutti i membri del collettivo [Adriano Murania, Fabrizio Motta, Mauro Melis, Simone Liotta]. Il nome “Okiees” esprime una forma di dichiarazione d’amore per quella letteratura americana in cui i protagonisti sono gli sconfitti appartenenti ai territori più desolati; letteratura a cui Andrea ha attinto per la scrittura dei differenti testi che compongono il progetto Rageen. Nello stesso tempo il nome Okiees dichiara a quale compagine vogliamo dar voce: quella dei migranti, degli emarginati, degli esclusi, di coloro che subiscono. Ci rivediamo in loro e tramite loro ci vogliamo esprimere; manifestiamo la loro rabbia e il loro malcontento, che poi sono anche nostri, sebbene sorti da motivi differenti. Ricordiamo che noi membri del collettivo siamo quasi tutti siciliani, ovvero i terroni che scapparono, e purtroppo, in forme diverse, tuttora scappano dalla propria terra di appartenenza. Insomma, tra un Okie e un terrone per certi versi la differenza è labile. Noi siamo una delle tante declinazioni di un Okie. Va aggiunta un’altra cosa: anche l’alterazione fatta al termine Okie nasconde un’altra dichiarazione di intenti. Trasformato in Okiees, il termine esprime la libertà nell’uso della lingua inglese che è stata presa nella composizione dei brani, per rispondere più al linguaggio del flusso di coscienza ed essere affrancato dai dettami della grammatica e della ratio; la doppia e, nello specifico, vuole creare un legame con Spleen, termine che, fuso con Rage, dà nome al titolo del nostro progetto Rageen”.

Il progetto si compone di dodici tracce che integrano differenti generi musicali tra cui indie rock con influenze folk ed elettroniche. Quale è la canzone dell’album a cui siete maggiormente affezionati e che vi rappresenta di più?

Non è facile individuare un brano a cui essere più legati, perché come collettivo composto da vari soggetti, ciascuno ha un suo personale parere, ma più che altro perché Rageen è un concept album, in cui i vari brani che lo costituiscono sono per noi parti di un intero corpo. Ed è verso l’interezza del suo corpo, verso ogni elemento che lo definisce, che si manifesta il nostro legame affettivo, così come è l’intero Rageen che ci rappresenta appieno, con la sua rabbia e la sua malinconia, con la sua delicatezza e violenza, con la sua dolcezza e malessere”.

Il canto di Pippo Delbono e i suoi reading in veste del ruolo del Narratore e di Roger Benjamin, accompagnano questo viaggio transmediale. Come è stato collaborare con lui a questo progetto?

Consideriamo Pippo Delbono uno dei più grandi artisti a livello mondiale, uno dei più profondi interpreti del nostro tempo, un rivoluzionario, un eretico, capace di scardinare le regole e creare meraviglie. Non solo nell’ambito teatrale, ma in tutti i diversi campi artistici in cui ha sperimentato e continua a sperimentare. Per questi motivi lavorare con lui è stato un privilegio, un atto di conquista di realtà profonde, un’acquisizione di conoscenza, una lezione di vita e di arte importante e profonda per la quale gli siamo profondamente riconoscenti”.

Il primo volume è solo l’inizio della trilogia di Rageen. Cosa dovremmo aspettarci dagli altri due volumi?

Nei due prossimi volumi porteremo avanti la nostra sperimentazione nel campo artistico, attraverso l’idea di un dialogo tra linguaggi differenti. Come è successo per il primo volume, anche nei prossimi volumi, film, poesia, illustrazione, musica, letteratura, performance, diventeranno unità per il racconto su Roger Benjamin e compagno. Con il primo volume è stato sviluppato il primo atto della storia dei due protagonisti, il loro rapporto di amicizia è mutato in odio, ha prevalso la rabbia di Rog, il suo lato più folle. Nei volumi successivi verrà rappresentato lo sviluppo di questa vicenda sempre attraverso l’idea di transmedialità, sempre con l’idea di fondere e miscelare media e linguaggi differenti per la creazione di qualcosa di nuovo, non facilmente incasellabile nelle classiche aree artistiche e mediali. Ancora oggi ci chiedono se quello che abbiamo realizzato è più un libro, un disco o un film, domanda a cui rispondiamo nella maniera più semplice: quello che abbiamo creato è un’unità complessa dove ogni linguaggio è profondamente legato con gli altri, secondo un concetto di transmedialità e di ibridazione”.

Un nuovo modo di fare e offrire musica è quello che gli Okiees hanno la missione di comunicare, avvertendo la necessità di legare questa espressione artistica ad altri linguaggi, in una dimensione unitaria, complessa ed estremamente interessante.

Italia Green Film Festival: il 19 Maggio a Roma la consegna della Golden Leaf

Italia Green Film Festival: il 19 Maggio a Roma la consegna della Golden Leaf

Si è svolto a Roma, dal 14 al 23 Aprile, l’Italia Green Film Festival: una rassegna che ha visto in cartellone oltre trecento film provenienti da tutto il globo dedicati a sostenibilità, ambiente, ecologia, ma anche temi sociali.

La rassegna è stata accolta calorosamente dal pubblico, sopratutto da quello più giovane, con un record di presenze sia durante le proiezioni che durante i GreenTalk di approfondimento.

Italia Green Film Festival – la premiazione

Il prossimo 19 Maggio si terrà a Roma la cerimonia di premiazione e consegna della Golden Leaf dell’Italia Green Film Festival. Verranno premiate undici fra le trecento pellicole partecipanti. I riconoscimenti coprono diverse sezioni: dal mondo scolastico alla natura, passando per i social, il teatro e l’animazione. 

Obiettivo del Festival, ideato dall’art director e Creative Pierre Marchionne, è quello di diffondere la cultura green nel cinema e, sopratutto, fra i giovani. “Il cinema è cultura ed è giunto il momento di diffondere tale cultura Green & Social a tutti i giovani della terra utilizzando le opere cinematografiche internazionali in concorso per una Istruzione di Qualità 2.0. Utilizzare la potenza delle immagini e la magia del cinema per insegnare, attraverso le emozioni, quanto di più ancestrale c’è nell’uomo. Mettere al centro della nostra società moderna e tecnologica la natura, la tutela delle biodiversità e quindi la Cultura Green è una priorità, la vera guerra da combattere, coinvolgendo tutti i giovani”, ha commentato Marchionne.

La promotrice dell’Italia Green Film Festival, Maria Rosito, ha dichiarato: “La felicità è reale solo se è immersa nella bellezza e nell’armonia della natura. Il nostro è un format innovativo e rivoluzionario e per questo sta riscuotendo grande successo, non solo in Italia. Il nostro obbiettivo è far diventare l’Italia Green Film Festival un punto di riferimento del cinema green e social nel mondo. La sfida è aperta”.

Il nostro Direttore Barbara Molinario con l’Art Director Pierre Marchionne

Partner dell’evento è anche l’Associazione no-profit Road to Green 2020, della quale il nostro Direttore, Barbara Molinario, è Presidente. “Come Presidente di Road to green 2020 credo che appoggiare iniziative di alto valore culturale come questa sia essenziale per promuovere la cultura green, sopratutto fra i più giovani. La risposta positiva della Generazione Z, che ha riempito le sale durante proiezioni e GreenTalk, è un dato molto incoraggiante. Le nuove generazioni sono molto sensibili alle tematiche ambientali e noi continuiamo a lavorare sodo per donare loro un futuro più verde” ha commentato Barbara Molinario.

La cerimonia di premiazione e consegna della Golden Leaf si terrà venerdì 19 Maggio presso il Teatro di Villa Torlonia, in via Lazzaro Spallanzani. 

I film premiati:

Miglior Lungometraggio: Cry,my river (Ucraina)

La vita di un grande fiume, il Dniepr, è minacciata dall’uomo che per secoli ha vissuto sulle sue rive ma che adesso l’inquina quotidianamente e ne modifica il corso naturale. Il rapporto tra uomo e fiume è reso attraverso immagini di vita tradizionale e di attualità, ma anche con la vicenda parallela di crescita e liberazione nel fiume di una sua creatura, speranza di riconciliazione tra uomo e natura.

Green Short Film: 68415 (Italia) 

In un mondo apparentemente normale, si assiste alla mostruosa trasformazione in divoratrice di plastica  di una giovane donna, paziente di un istituto di cura.

Social Problem Film: La lixeira –la dignità degli invisibili (Italia)  

La vita quotidiana in una discarica del Mozambico. Abitata da famiglie, donne e bambini protagonisti di una capacità di sopravvivenza che diventa denuncia delle ingiustizie sociali.

Premio speciale Scuole: Ci salvarono gli alberi (Italia) 

Di fronte alla violenza della guerra la natura si trasforma in un alleato e il racconto dei civili della Lunigiana, vittime dei massacri nazifascisti nella seconda guerra mondiale, mostra una natura amica verso chi l’ha sempre conosciuta e frequentata.

Premio speciale Animazione: A dream of Hawaii (Norvegia)  

Un viaggiatore solitario intraprende in un mondo di plastica un viaggio verso le isole Hawaii, che emergono come cartoline di un mondo scomparso, ma è troppo tardi!

Premio speciale Teatro: 27 dollari (Italia)  

Lo spettacolo di un balletto, l’esecuzione di un canto, il montaggio incalzante di immagini. Per dare voci ed immagini al pensiero di Yunus a favore di una economia a misura di uomo.

Premio speciale WWF: Il sentiero dei lupi (Italia)        

In armonia con la natura, la reintroduzione e la protezione del nostro maggiore predatore, il lupo, come esempio di tutela e sperimentazione di completa convivenza con la natura.

Premio Aria: Milva (Italia)                  

L’annosa vicenda dello stabilimento ILVA di Taranto come lotta dei cittadini per avere un’aria respirabile e un percorso chiaro delle cose da fare per una riconversione.

Premio Terra:  Dune ferite (Italia)              

Un paesaggio normalmente trascurato ma che si rivela ricco di vita, Le dune, come luogo dove nasce la terra, in conseguenza dell’erosione nel tempo dell’acqua e del vento.

Premio Acqua: Posidonies (Cipro)                

Il mare visto sotto l’aspetto della Posidonia, un’alga che respira immaganizzando anidride carbonica, e anche una divinità marina che vive nelle sue acque. Una vita parallela e mitica.

Premio Fuoco: L’ultimo calore d’acciaio (Italia)           

Una storica industria siderurgica triestina in cui le vicende degli uomini che vi lavorano e vi hanno lavorato sono vissute dentro l’attività produttiva in cui il fuoco è protagonista.

Economia Circolare e rifiuti RAEE approdano sul piccolo schermo: Materia Viva, il docufilm

Economia Circolare e rifiuti RAEE approdano sul piccolo schermo: Materia Viva, il docufilm

È stata presentata a Roma la pellicola Materia Viva. Docufilm prodotto da Libero Produzioni in collaborazione con Erion WEEE.

Il film si apre e si chiude con un omaggio a Piero Angela che riflette sul rapporto fra esseri umani, tecnologia ed ambiente. La pellicola è stata realizzata nell’ambito del programma di comunicazione “DireFareRAEE”, promosso da Erion WEE ed ha ottenuto il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero della Cultura.

La sceneggiatura è firmata da Andrea Frassoni e Marco Falorni che, insieme a Stefania Vialetto, hanno anche curato la regia. Il docufilm verrà trasmesso su RAI e sarà disponibile su RAIPlay.

“Da una ricerca che abbiamo condotto con IPSOS emerge che un italiano su due ancora non conosce il significato della parola RAEE e che 2 su 3 non sanno come conferire correttamente i propri rifiuti elettrici ed elettronici. Il 55% degli Italiani non conosce il ritiro 1 contro 0 da parte dei negozi e solo il 36% si avvale dei servizi di ritiro previsti dalla legge. Questi dati rendono evidente che c’è un gap informativo da colmare al più presto. Grazie ai numerosi testimonial che hanno deciso di sostenerci in questo tentativo, con questo docufilm – e più in generale con l’intero programma di comunicazione ‘DireFareRAEE’ – vogliamo cercare di spiegare ai cittadini (e in particolare ai più giovani) l’importanza di cambiare i comportamenti quotidiani per rendere concreta quella transizione ecologica di cui il nostro Pianeta ha urgentemente bisogno.” – ha dichiarato Giorgio Arienti, Direttore Generale di Erion WEEE.

Insieme a Marco Falorni, l’altro autore regista, abbiamo deciso di scegliere RAI, prima azienda culturale italiana, come partner editoriale: il modo più efficace per comunicare ad una grande platea argomenti come riciclo e tutela dell’ambiente, temi molto importanti per il presente e il futuro di tutti“ – ha dichiarato Andrea Frassoni, autore e regista di MATERIA VIVA. “Grazie alla collaborazione con Erion WEEE abbiamo potuto esplorare tematiche fondamentali per diffondere una reale cultura della sostenibilità che ci porti verso un’economia sempre più circolare”.

Da destra:
Marco Falorni – Autore e produttore Libero Produzioni
Giorgio Arienti – Dir Generale Erion WEEE
Marta Macchi – Marketing & Communication Manager Erion WEEE
Gabriele Bertipaglia – ufficio stampa
Andrea Frassoni – responsabile contenuti Libero Produzioni
Emilio Cozzi – Giornalista e divulgatore scientifico
Francesca Fialdini – Conduttrice TV

 

Materia Viva

Il docufilm racconta il nostro rapporto con gli ormai indispensabili dispositivi elettronici. Viene ripercorsa la loro vita, dal momento in cui li acquistiamo fino a quello in cui diventano un rifiuto RAEE. Ed è infatti questo l’aspetto su cui ci si focalizza, ovvero sulle potenzialità di questi rifiuti, se smaltiti nel modo corretto. La narrazione viene portata avanti grazie al contributo di star nazionali ed internazionali come Susan Sarandon, Shailene Woodley, Carlo Conti, Alessandro Del Piero o Irene grandi, per citarne alcuni. Vengono affrontati temi come il rapporto fra l’uomo e l’ambiente o il rapporto fra arte e tecnologia. 

Spazio anche alle voci degli esperti, come la climatologa Serena Giacomin che spiega quanta nuova materia prima è possibile ricavare dai rifiuti RAEE: “In uno smartphone, per esempio, ci sono ben 69 elementi della tavola periodica”.

Si riflette sul nostro nuovo e deleterio approccio ai consumi: “Nei prossimi cinquant’anni se non cambia qualcosa avremo bisogno di tre pianeti per soddisfare la nostra domanda di materie prime”, commenta l’attivista e giornalista Marica di Pierri. 

Ma, come spiegato dall’astrofisico Luca Perri “Non bisogna essere castrofisti, però bisogna sapere che siamo in debito con il nostro pianeta”.

 

Intervista a Valentina Olla: un’artista poliedrica dalle mille sfaccettature

Intervista a Valentina Olla: un’artista poliedrica dalle mille sfaccettature

Poliedrica, eclettica e frizzante, le qualità che rappresentano perfettamente Valentina Olla, classe 1975, artista completa e di grande talento che vanta anni e anni di esperienza nel tanto bello quanto difficile e tortuoso mondo dello spettacolo.

Erano gli anni ‘90 quando la sua carriera artistica prende piede. Il suo esordio avviene come ballerina in Rai nella trasmissione “Su le Mani” condotto dal celebre Carlo Conti e successivamente viene ingaggiata nel corpo di ballo del programma “Tira e Molla” presentato da Paolo Bonolis, facendo parte delle “sellerette” che accompagnavano Ela Weber. Ed è proprio grazie al presentatore che il successo di Valentina inizia a decollare al punto da essere scritturata come ballerina nel noto programma televisivo di Canale 5, “Ciao Darwin” per ben quattro edizioni.

Negli anni 2000 la Olla ritorna in Rai, questa volta vestendo i panni di autrice e conduttrice di due importanti programmi televisivi: “Danzarte” e “Tersicore”. Il salto di qualità avviene quando entra a far parte di “Unomattina Estate” come inviata spericolata per i balli dell’estate lavorandoci per diverse stagioni. Nel frattempo la sua passione per il mondo dello spettacolo la porta ad accettare un contratto lavorativo per prendere parte nel cast del programma guidato da Carlo Conti, “I Migliori Anni”.

L’amore per il teatro e la recitazione, discipline che poi diventeranno la sua forma d’espressione artistica principale, portano l’artista sul palco di numerose opere teatrali, un percorso che si consolida nel 2011 quando viene scritturata come attrice per la commedia “Guardami Guardami” diretta da Biagio Izzo. Galeotto fu lo spettacolo perché proprio durante questa rappresentazione incontra l’uomo della sua vita, Federico Perrotta, altro attore e produttore celebre italiano, con cui formerà una famiglia e instaurerà anche un sodalizio lavorativo, fondando insieme nel 2017 la Uao Spettacoli srls, Unità Artistica Organizzativa; attori e produttori, protagonisti della scena indipendente italiana e non solo, due figure simbolo di una rivoluzione culturale possibile. “Lavorare come ballerina è stato sicuramente un grande privilegio, però soprattutto il magnifico corpo di ballo cede alle inesorabili lusinghe del tempo, quindi ad un certo punto ho trovato una maggiore corrispondenza artistica nel parlare e nell’agire piuttosto che nel ballare. Ballare e recitare, difatti, sono diversi linguaggi espressivi che rispondono ad un’unica istanza creativa che, detto in modo più semplice, vuol dire che il teatro mi ha salvato la vita”, ha affermato Valentina Olla.

Appassionata non solo di tv e teatro, nel 2019 sbarca anche al cinema partecipando al film “A.N.I.M.A.” di Rosario Montesanti e Pino Amendola. Lo stesso anno si dedica anche alla musica intraprendendo un percorso di ricerca e sperimentazione sulla canzone popolare romana e sui sonetti di Trilussa scrivendo “Na vorta c’era Roma – Raccolta di stornelli romaneschi”, e l’anno successivo esce il suo primo singolo, “Il pubblico dov’è”.

Tutti i suoi sforzi vengono ripagati quando, responsabile e organizzatrice del progetto sulla condizione della donna afgana “Come pietra paziente” di Atquim Raimi, vince il bando “Spettacolo dal Vivo” della Regione Lazio annualità 2021 per arrivare poi nel 2022 a produrre lo spettacolo “Rita, un genio con lo zucchero filato in testa” dedicato a Rita Levi Montalcini, neurologa, accademica e senatrice a vita italiana, Premio Nobel per la medicina nel 1986, con cui l’attrice è tutt’ora in tour. “Mi sono accorta che la figura di questa donna è un concentrato di materiale umano che volevo e voglio raccontare. Scienza, guerre, discriminazione di genere, la difficoltà di affermarsi in un mondo di uomini ed io mi sento di riassumere quanto ho imparato dalla vita di una ragazza di 103 anni”, ha dichiarato l’artista.

FashionNewsMagazine ha avuto il piacere di intervistare Valentina Olla e di conoscere qualche dettaglio in più sulla sua carriera artistica.

Inizialmente ti sei avvicinata al mondo dello spettacolo come ballerina in diversi programmi televisivi, ma successivamente hai iniziato ad affacciarti al teatro, partecipando e producendo importanti rappresentazioni e così, sei attiva da molti anni nel panorama artistico. Che cosa diresti o consiglieresti alla Valentina Olla degli inizi ora che hai raggiunto una maturità artistica e hai alle spalle anni e anni di carriera?

Questa domanda mi fa commuovere perché ho affrontato tutto da sola, confidando sulle mie forze, cercando di combattere la timidezza con la quale ancora convivo, ma sono riuscita a gestire. Alla Valentina degli inizi direi di stare tranquilla che andrà tutto bene, di divertirsi tanto e seguire di più la sua pancia senza fare troppi ragionamenti, perché l’istinto, almeno nel mondo artistico, ti guida sulle scelte giuste e sbagliate. Forse direi qualche no in più e qualche sì in più alle persone giuste. Mi sono bruciata tante volte delle occasioni perché avevo paura di cambiare, di accettare nuovi lavori come per esempio l’America che mi è passata davanti già un paio di volte, almeno agli inizi della carriera, ma allora non mi sono sentita pronta a dire sì a quelle occasioni lavorative”.

Hai iniziato ad approcciarti al mondo dello spettacolo già da molto giovane. Ricordi ancora quando tutto è incominciato? Il primo giorno della tua carriera artistica? La tua famiglia ti è stata di supporto nel proseguire questa tua passione?

Ho iniziato molto giovane nel mondo dello spettacolo. In realtà è iniziata un po’ per gioco. Ho iniziato a fare la cubista, perché all’epoca si facevano performance artistiche. Io ero minorenne, avevo sedici anni e ho iniziato a lavorare sul palcoscenico del Gilda e del Gilda on the Beach che erano delle discoteche molto rinomate nel panorama romano. Lo facevo tramite la mia insegnante di danza che era alla direzione artistica, e quindi un primo approccio con le performance artistiche e con gli spettacoli dal vivo è nato lì. Poi a diciotto anni ho fatto un casting per Uno Mattina, cercavano delle vallette ballerine, mi presero e così iniziai con mamma Rai. Il primo giorno di lavoro me lo ricordo bene agli studi di Saxa Rubra, ero molto emozionata e mi ricordo quella cosa che mi ha continuato a piacere molto, ossia l’odore degli studi televisivi. Quell’odore di luci, di cavi elettrici, che è molto diverso dall’odore del teatro, che invece sa molto di legno, di tessuti, di stoffe, sono due odori diversi. La mia famiglia era preoccupata perché non avendo esperienza nel settore, non avendo nessuno in famiglia che aveva iniziato a percorrere il mondo dello spettacolo, avevano paura che non sarei riuscita. Mia madre mi ha sempre detto di laurearmi, di cercare un piano B, poi alla fine ho seguito solo il piano A”.

La tua carriera da attrice vanta partecipazioni in numerose rappresentazioni teatrali e come autrice la realizzazione di altrettante produzioni. Che significato ha per te il teatro? Quali emozioni si scatenano in te quando ti trovi sul palco?

Come attrice, autrice e produttrice teatrale, il teatro per me significa una nuova incredibile prospettiva. Il teatro non ha età. In teatro come al cinema si possono interpretare ruoli molto più adulti, non c’è una scadenza come riguarda invece il mondo della danza. Per me il teatro è vita. Mi piace progettare nuove avventure e quando salgo sul palco sono molto contenta, a volte anche molto stanca, perché per una persona come me che affronta anche il lato produttivo e autorale, questo momento non è l’inizio, ma la fine del processo creativo, e quindi c’è proprio un senso di liberazione. Salgo sul palco, si apre il sipario e mi dico che finalmente si gioca”.

Tra tutte le opere teatrali a cui hai partecipato come attrice e produttrice quale è quella che ti è rimasta più nel cuore e che suscita in te forti emozioni?

Sicuramente tra le opere teatrali a cui ho partecipato come attrice e produttrice quella che mi è rimasta più nel cuore è sicuramente Mamma Mia Bella con la regia di Elena Sofia Ricci, scritta da Sabrina Pellegrino e anche da me e parla della mia gravidanza. Attraverso la storia della mia gravidanza, la storia vera, abbiamo messo dentro tutta una serie di racconti ed esperienze di altre donne, di come la società e la famiglia cambiano quando arriva una nuova creatura, soprattutto dal lato femminile, e lo abbiamo fatto in commedia. Una rappresentazione esilarante, a tratti grottesca, divertente, dissacrando un po’ quel mondo patinato e quei mesi di dolce attesa che poi tanto dolce non è neanche troppo. Sono legatissima a questo progetto perché è stato un processo creativo che ha conciso anche umanamente con una serie di evoluzioni, compreso il grande legame che mi ha permesso di instaurare con una straordinaria donna e artista come Elena Sofia Ricci. È uno spettacolo che ancora va in giro e si dimostra essere quasi un classico, perché poi non cambiano le reazioni al periodo della gravidanza. È uno spettacolo che emoziona tanto e fa riflettere, perché analizza anche tanti punti di vista diversi come chi non può diventare mamma, chi non vuole, chi non si sente abbastanza, quindi sono affrontate tutta una serie di tematiche a me molto care. Sentire dal pubblico quando esce da teatro che si è riconosciuto, che è stato stimolo di riflessione, è per me sempre un grande successo e soprattutto quando si tratta di uno spettacolo che ho scritto anche io”.

Attualmente ti trovi in scena con la rappresentazione teatrale “Rita, un genio con lo zucchero filato in testa” ti va di parlarcene un po’? Sei già all’opera per qualche progetto futuro? Ci daresti qualche anticipazione?

Lo spettacolo parla di questo straordinario esempio di persona, Rita Levi Montalcini. Questo ruolo mi permette di analizzare delle tematiche a me molto care come la discriminazione di genere, la forza delle donne, la discriminazione razziale e quanto con gentilezza d’animo, profonda determinazione e consapevolezza si possono ottenere straordinari risultati. Io sono un tramite per far conoscere di più questa persona anche alle nuove generazioni che rispondono sempre in maniera molto emozionante. Per quanto riguarda i nuovi progetti, sono felicissima di annunciare che a breve debutterà a San Vito Romano prima, poi al Teatro Sette di Michele La Ginestra e al Teatro Manfredi di Ostia, Bastarde Senza Gloria. Un’operazione divertentissima dove attraverso il linguaggio della commedia all’italiana, contaminato con i diversi linguaggi artistici che ha deciso di utilizzare la regista Siddhartha Prestinari, raccontiamo di sette donne: sette donne operaie, ognuna con un background completamente diverso, ognuna con un’estrazione sociale completamente diversa, un’età diversa, diverse ambizioni, insomma raccontiamo il variegato mondo femminile e soprattutto cosa accade quando tante donne sono costrette a vivere insieme e a prendere una decisione importante, ossia quella di dover licenziare una di loro e indicare un nome. È l’occasione per far uscire un po’ il nero dell’animo umano, di farlo uscire ovviamente sempre in maniera divertente e grottesca, anche con un pizzico di romanticismo, perché poi queste bastarde sono anche un po’ romantiche. Attualmente siamo in piena sala prove, siamo riusciti ad andare in una residenza artistica Tenuta Grimaldi a Matelica in provincia di Macerata che ci ha ospitato, ci ha dato l’occasione di fare una full immersion e così siamo riusciti ad avviare il progetto in una maniera molto intensa. Non vedo l’ora di debuttare”.

La perseveranza e la tenacia hanno reso Valentina Olla un’attrice molto amata, ma anche un’autrice altrettanto stimata. La sua bravura è indiscutibile: il successo raggiunto è il risultato di tanta professionalità e di un duro lavoro, svolto sempre con semplicità, umiltà e con uno spiccato spirito di dedizione. Il tutto realizzato sempre e comunque per amore della sublime arte del varietà.

Il digitale e il sociale: un linguaggio vincente

Il digitale e il sociale: un linguaggio vincente

La XVI edizione del Festival dei Tulipani di Seta Nera vede protagoniste le Digital serie, prodotto portato alla ribalta in Italia da Janet De Nardis più di dieci anni fa con il Digital Media Fest. Grazie a questo formato sono tanti i registi che hanno trovato il proprio trampolino di lancio come nel caso di Ivan Silvestrini, ora alla guida della serie TV “Mare Fuori”, ma anche Vincenzo Alfieri, o creativi some Saverio Raimondo o i The Jackal.

Oggi, presso il cinema The Space Moderno di Roma, insieme alle finaliste delle sezioni Cortometraggi (diretta da Paola Sassone), sezione documentari (diretta da Gianfranco Pannone), sezione Social clip (diretta da Grazia Di Michele), sono state annunciate le 12 Digital Serie finaliste e in visione presso la Piattaforma Cinema Sociale e Sostenibile Tulipani di Seta Nera – Rai Cinema Channel dove competeranno per il “Premio Sorriso Rai Cinema Channel”.

Per annunciare le date del festival che si terrà dal 4 al 7 maggio, hanno presenziato Diego Righini (Presidente del Festival) insieme a Paolo Del Brocco (AD. Rai Cinema), Carlo Rodomonti (Responsabile Marketing Strategico e digital Rai Cinema), Roberto Natale (Dir. Rai per la Sostenibilità), Giuseppe Sangiovanni (Dir. Rai Pubblica Utilità). A dare un tocco di ironia e arte hanno contribuito l’istrionico Pino Insegno e alla bravissima Claudia Gerini.

La Direttrice Artistica della sezione digital serie ha annunciato le 12 finaliste:

AD MAIORA – STORIE DI RESILIENZA

AKA-BUS GLI ALTRI SIAMO NOI

ARCHITUTTO… IN GREEN

FAMILIAS CON ESTRELLA

GAETANO È TORNATO

IL CONDOMINIO – WEBSERIE DI UDICON

KIDS STUFF

MALEPAROLE

PLAY YOUR RIGHTS

RICERCATORI FANTASTICI E DOVE TROVARLI

RICHIESTA D’AMICIZIA

La De Nardis ha concluso ricordando quanto per i giovani sia necessario guardare al futuro con speranza e leggerezza, con creatività e determinazione, con la rassicurazione che il talento verrà premiato. “La diversità è lo strumento più importante per ricordare che la differenza la fa la nostra unicità.”

Intervista a Bruno Pitruzzella: l’artista dell’improvvisazione e il suo concetto personale di Ri-Nascita

Intervista a Bruno Pitruzzella: l’artista dell’improvvisazione e il suo concetto personale di Ri-Nascita

Bruno Pitruzzella, classe ’87, racconta la propria idea di rinascita nel suo nuovo Ep dal titolo Re-Spawning, che costituisce una sorta di secondo volume rispetto al primo “Spawning” (uscito per Almendra Music nel 2019). Cinque brani realizzati con una musica strumentale, caratterizzata da un mix di post rock, jazz, punk e pura improvvisazione, elemento distintivo del talento artistico del cantautore.

Si tratta di un lavoro fin troppo variegato, ma rispecchia il percorso che ho avuto, spesso non troppo coerente se non fosse per l’ostinazione e la necessità di cercare una propria via personale nella musica, spesso trovata nell’improvvisazione. Questo può essere il vero filo conduttore: Re-Spawning ha trovato la sua forma definitiva partendo sempre da improvvisazioni, che poi sono diventate composizioni, quindi scrittura. Ma l’improvvisazione è la matrice di base. Per improvvisazione non si intende solo quella melodica di matrice jazzistica, a volte è proprio totale e, anche se non posso dire sia radicale in senso specifico, c’è sempre qualcosa di pre-esistente, si viene sempre da una direzione“, ha dichiarato l’artista.

Cinque tracce registrate allo Zeit Studio di Palermo da Luca Rinaudo:

Shift
Depicted
Bees
Bug 1
Clay Riff

Diplomato in chitarra classica al Conservatorio V. Bellini della sua città nel 2011, Bruno ha fatto del chitarrismo contemporaneo l’elemento cardine di questo album e la summa di quella che è la propria esperienza musicale. Un’opera che nasce dall’esigenza di un percorso in proprio, ma soprattutto da riflessioni e meditazioni su tutto ciò che circonda la musica.

Il respawn consiste nella riapparizione di un personaggio o di un nemico dopo la sua morte o distruzione. Concetto che si sposa con il contenuto musicale di questo nuovo Ep, che è costituito da cinque tracce tutte strumentali, in cui l’uso creativo del multieffetti e dei loop spesso maschera o nasconde totalmente la chitarra acustica, utilizzata con un’accordatura alternativa”, ha raccontato Pitruzzella. Un lavoro, dunque, che oltre ad avere una chiara connotazione di rigenerazione, rimanda anche all’immaginario videoludico, al gergo dei videogame, come viene sottolineato dalle grafiche 8 bit che caratterizzano tutto il progetto.

Fashion News Magazine ha avuto l’onore di intervistare Bruno Pitruzzella e scoprire qualcosa in più riguardo la sua vita personale e la propria carriera musicale.

Durante la tua formazione e la tua carriera hai avuto modo di conoscere e collaborare con importanti e influenti personalità del panorama artistico-musicale. Ne ricordi una alla quale sei particolarmente affezionato? Cosa ti è rimasto da questa conoscenza?

È difficile sceglierne solo una, tutte le conoscenze e le collaborazioni sono state importanti e formative. Forse un momento particolare è stato il workshop con il chitarrista Pat Metheny, durante il festival di Sant’Anna Arresi in Sardegna. Era il 2005, avevo diciotto anni, così come i ragazzi della mia band con cui abbiamo condiviso questa esperienza. È stato un punto di svolta decisivo perché in quel periodo Metheny era il mio idolo assoluto e conoscerlo di persona mi ha permesso di uscire dalla tipica fase adolescenziale di “adorazione”, oltre ovviamente ad aver dato degli input straordinari. Metheny è un artista vero, ha una grande sensibilità e soprattutto una grandissima umiltà, che è la dote più importante per chi vuole andare avanti sul serio. Ci ha insegnato che solo con la pratica quotidiana, la passione e l’abnegazione si ottengono risultati e ci si può togliere soddisfazioni, al di là degli esiti che ognuno può o vuole raggiungere nel proprio percorso. Può sembrare una banalità, ma per noi diciottenni di fronte a un mito di quel tipo, ha avuto un forte impatto. Poi per essere sinceri, sono concetti che tutti gli insegnati e i musicisti con cui ho avuto la fortuna di lavorare mi hanno trasmesso. Non posso non citare ad esempio i miei maestri storici, Marco Cappelli e Francesco Guaiana”.

Re-Spawning è il titolo del tuo nuovo EP contenente cinque tracce musicali. In quale di queste canzoni ti rispecchi maggiormente e perché?

Probabilmente il pezzo a cui sono più legato è il primo della tracklist, “Shift”. È stato il primo di questa serie a venire fuori e credo che rispecchi maggiormente il mio percorso e il significato del lavoro. È un pezzo con uno sviluppo progressivo, in questo senso tecnicamente non si può neanche definire una canzone in quanto la forma è proprio diversa. Ci sono tutti gli elementi caratteristici dell’EP: il loop di partenza (qui con un suono fortemente alterato dal frequency shifter) che si trasforma e diventa base per uno scenario totalmente differente; l’improvvisazione che poi diventa scrittura, l’assolo melodico sul finale e la chitarra acustica usata in modo più ritmico come fosse una batteria, ma forse è soltanto il brano che mi piace di più”.

Re-Spawning assume il significato di rinascita. Come intendi precisamente questa connotazione nel tuo EP? Ha effettivamente un collegamento con i cinque testi dei brani musicali?

Respawn è un termine che si usa nell’universo videoludico per indicare la riapparizione di un personaggio o di un nemico dopo la sua morte o distruzione. Ad esempio il tipico cattivo dei videogiochi che risorge ogni qual volta lo si elimina, ma vale lo stesso per il protagonista “buono”. Il nesso c’è anche da un punto di vista estetico sonoro perché i suoni dell’EP a volte richiamano un po’ qualcosa che rimanda alla dimensione audio dei videogiochi. La rinascita in senso stretto ha a che fare con la riapertura di questo progetto per chitarra sola, dopo quattro anni dall’uscita del primo album che si chiamava “Spawning” (cioè generare, germinare, riprodursi in ambito zoologico marino in quel caso, ma anche nascere per i videogiochi ). I brani sono tutti strumentali, per cui non ci sono particolari collegamenti testuali, neanche nei titoli. È sempre difficile assegnare un significato preciso alla musica in generale, a quella strumentale in modo speciale. Per cui il concetto è anche qui soltanto accennato in modo che ogni ascoltatore possa trovare un suo significato e una sua suggestione”.

Hai fatto dell’improvvisazione il tuo marchio di fabbrica. Quali sono le emozioni che ti suscitano suonare con la tua chitarra e improvvisare?

L’improvvisazione in musica è per me un bisogno primario, è il modo in cui mi esprimo meglio, in cui riesco a essere veramente me stesso e in cui mi diverto di più. Non parlo solo di improvvisazione melodico/ritmica come quella che troviamo nel jazz, ma nel senso più ampio di composizione estemporanea. Questa esigenza credo sia scaturita naturalmente, e per opposizione, dal percorso che ho fatto: studiando chitarra classica ci si può sentire spesso bloccati o incatenati dalla partitura, quindi per me è davvero una liberazione potersi esprimere tranquillamente e dare una forma musicale a quello che sento. Anche per questo mi sono avvicinato al jazz e all’improvvisazione radicale. Tuttavia, bisogna fare una precisazione importante: l’improvvisazione non si improvvisa. Bisogna studiare molto, praticare molto, ascoltare tutto e allenarsi sia da soli che in gruppo a trovare il posto giusto per sé stessi e i propri suoni. Per cui nulla di tutto ciò esisterebbe per me senza lo studio della musica classica, la pratica del jazz, della musica leggera e del rock. Bisogna pur attingere da qualche parte per produrre qualcosa. È un po’ lo stesso concetto che vale per gli scrittori, è necessario leggere molto per trovare le proprie parole. In questo senso ho avuto fortuna perché ho incontrato ottimi insegnanti (voglio citare Lelio Giannetto grande maestro di improvvisazione e anche Luca Rinaudo con cui ho prodotto i lavori in solo), ma anche fantastici compagni di avventura nelle band in cui suono (Utveggi, Forsqueak, etc.)”.

Brani questi in cui ritroviamo un’altra composizione e cultura musicale di Pitruzzella, il quale, con il suo album, è stato in grado di regalarci nuovamente un altro scorcio interessante di quelle che sono le sue radici artistiche.

Intervista a Fabio Macagnino: Sangu, il nuovo progetto dell’artista che ripercorre le sue amate radici calabresi

Intervista a Fabio Macagnino: Sangu, il nuovo progetto dell’artista che ripercorre le sue amate radici calabresi

Buon “Sangu” non mente, difatti Fabio Macagnino, cantautore, percussionista e performer teatrale, è uscito alla ribalta con un nuovo progetto discografico dal nome Sangu fatto di suoni che si insinuano prepotentemente in quella cultura del riscatto di una terra, la Locride (in provincia di Reggio Calabria), raccontandola in modo sincero e nitido.

Il suo scopo è quello di sradicare dall’isolamento settoriale la musica popolare per proiettarla su una scena d’ampiezza internazionale, portando la Locride in Europa. “Ho lasciato tutto, ho lasciato il rock, mi sono dedicato alla musica popolare, l’ho fatto per molto anni e lo sto tuttora facendo con entusiasmo e con molta felicità”, ha dichiarato Fabio. 

Il cantante ci ha così parlato delle sue tradizioni musicali e di quali effetti queste abbiano sul mondo e sulle persone. “La musica crea quell’atmosfera conviviale che a me piace tanto: fa unire le persone di tutte le età e di varie estrazioni sociali”, ha affermato il cantante.

Dieci brani per circa trentadue minuti di musica. L’album è un percorso emozionale con chitarre acustiche e tarantelle a ritmo sostenuto. Cantato in dialetto il progetto centra l’obiettivo, ossia quello di valorizzare musicalmente un territorio come è quello della Locride, bello quanto aspro per tanti motivi, buttando un occhio non più verso il passato, ma proiettandosi verso un futuro migliore. “Mi dicevo che la Calabria stava cercando il suo riscatto soltanto nella rivalutazione del proprio passato, delle proprie tradizioni e questo non andava bene, perché importante era cercare anche di immaginarsi un altro futuro. E quindi ho deciso di scrivere, di cominciare a scrivere delle canzoni che attingessero un po’ alla nostra atmosfera, ma allo stesso tempo sento di voler essere un uomo completamente con i piedi nel presente”, ha confessato il cantautore. 

Sangu è stato prodotto da Sveva Edizioni, registrato da Mujura all’Arango Sonic Studio e missato da Mujura al The Vessel Recording. Il mastering è a cura di Giovanni Versari. Fabio Macagnino (voce, chitarra classica) è stato affiancato da Sonia Totaro (voce, cori), Mujura (basso, chitarra acustica mandola, chitarra elettrica, cori), Federico Placanica (batteria), Francesco Loccisano (chitarra classica), Andrea Simonetta (chitarra battente) e Gino Giovannelli (organo).

L’album, che uscirà in versione fisica a settembre, definisce una tracklist che sintetizza il lavoro di sperimentazione, adattamento e rielaborazione delle atmosfere popolari regionaliste, alla ricerca di quei passe partout che rendono il significato universale:

1.Eu non perdunu

2. Cani lordu

3. Fortuna

4. Tarantella bocca

5. Figurati tu

6. Ndri nera

7. Janestra mi fici 

8. Catarinè

9. Gnignaru

10. Si fussi amuri 

FashionNewsMagazine ha avuto il piacere di intervistare Fabio Macagnino e scoprire qualche dettaglio in più sulla sua vita e sulla sua nuova produzione musicale.

È uscito il tuo nuovo progetto musicale dal titolo Sangu. Quale è l’origine dell’attribuzione di tale nome al tuo album?

Il titolo è conseguenza del mio stato d’animo durante i mesi di lockdown. In realtà tutto il disco ne è conseguenza. Per reagire al confinamento forzato, ho pensato ad un album rabbioso, ma vitale. Il sangue è, secondo la concezione comune, da sempre, simbolo di vita. Il sangue è prezioso, è pulsazione, il suo colore è forte, ed è una parola che ricorre diverse volte nei testi del disco”.

Un disco composto da dieci brani in cui l’essenza della tradizione calabrese si fa sentire in maniera molto forte. Quale di queste canzoni reputi ti rappresenti di più? 

È difficilissimo pensare ad una sola canzone che mi rappresenti. Questo album è caratterizzato da brani rabbiosi, pieni di sdegno, ma anche da diverse ballate morbide. Vi tocca ascoltarlo tutto”.

Nel 2014 hai pubblicato il libro dal titolo “By the Jasmine Coast”, il racconto di un viaggio fatto di musica, immagini e parole. Sei nato a Hilden in Germania e poi ti sei trasferito in Calabria all’età di 15 anni; da tedesco come hai vissuto e vivi la costa dei gelsomini?

Il libro è una sorta di gioco, in cui immaginavo di essere un viaggiatore, del periodo dei Grand Tour; fantasticavo di prendere appunti, per poi relazionare al rientro in Germania. Ho vissuto molti anni da “osservatore” in Calabria. Non mi sentivo parte di questa cultura ma, me ne sono innamorato così tanto che sono diventato calabrese per scelta”.

Nel tuo album parli anche di prospettive, aspirazioni, desideri, sogni. Quale è il futuro che speri e che ti piacerebbe si realizzasse per la tua amata Calabria?

A me questa regione piace così com’è. Ho scelto di viverci proprio perché ancora resiste, con i suoi paesaggi naturali e antropizzati, con il suo “stile di vita” a modelli omologati. La Calabria ha una bellezza diversa. Non è la bellezza opulenta, ricca. È essenziale, asciutta, priva di gesti superflui e di effetti speciali, è bellezza povera. Povertà, che per me significa, eliminazione di tutto ciò che non è necessario e che permette di entrare in relazione con lo spazio in una comunione percettiva e diretta. Non credo affatto alle classifiche sulla qualità della vita stilate dai giornali nazionali. Ovviamente, conosco benissimo i problemi di questa regione, ma è inutile elencarli, se ne parla continuamente”.

Un album sanguigno, a tratti animalesco e punk”, ha affermato l’artista. Sangu, dunque, è un’opera che ha come funzione quella di promuovere dibattito, di svelare quello che altri nascondono, di essere tramite l’informazione motrice di cambiamenti. Ci auguriamo così che artisti validi come anche Fabio vengano sempre più valorizzati e apprezzati, che trovino nuove opportunità per comunicare messaggi sentiti come questo e che aiutano il mondo verso notevoli miglioramenti. 

“Un anno straordinario” – il docufilm dedicato alle Nazionali di pallavolo

“Un anno straordinario” – il docufilm dedicato alle Nazionali di pallavolo

Il prossimo 13 gennaio andrà in onda su Rai 2 “Un anno straordinario 2021-2022”, il docufilm dedicato alle Nazionali di pallavolo prodotto da Francesca Aiello per AF Project Srl con il sostegno della Fivap, scritto e condotto da Jacopo Volpi con la regia di Mario Maellaro.

Verranno ripercorse tutte le tappe dell’anno della pallavolo italiana, partendo dalla delusione delle Olimpiadi di Tokyo, passando per le Vittore dell’Europeo e della VNL, fino all’ultimo Mondiale.

La squadra

Sono le storie di uomini e donne dalla grande determinazione che, nonostante tutte le critiche subite, hanno impegnato mente e corpo negli allenamenti dimostrando la loro forza a tutta l’Italia. Sono giovanissimi gli atleti del gruppo di Fefè De Giorgi, con Giannelli promosso capitano. Più rodati, invece, gli atleti del gruppo di Davide Mazzanti che dopo la grande delusione delle Olimpiadi ha dimostrato una grande voglia di riscatto. 

Storie che si intrecciano fra loro, raccontate da materiale di repertorio edito ed inedito tra sfide mozzafiato, amicizie, paure e lacrime. Lo spettatore ripercorrerà quel susseguirsi di emozioni che hanno portato al successo Mondiale degli uomini ed allo storico bronzo femminile.

Wepro: un cristallo della nuova wave rock emergente

Wepro: un cristallo della nuova wave rock emergente

Ho avuto il piacere di intervistare Marco Castelluzzo, in arte Wepro, che da subito mi ha colpito per la sua vena artistica rock e la sua anima sensibile. Wepro è un accostamento che non ti aspetti: come il bianco ed il nero che sono completamente opposti ma calzano a pennello insieme.

1. Pensa di trovarti davanti ad un pubblico che ti vede oggi per la prima volta: come ti presenteresti? E perché proprio come Wepro?

Il palco spesso può farti diventare un’altra persona. Cosa vorrebbero vedere le persone? Come potrei intrattenerle nel modo giusto? Domande frequenti per un performer.

Quello che ho imparato io è che non importa se tu sia impacciato, timido o spavaldo, la gente vuole vedere te, il vero te quindi è sempre quello che vorrei portare sul palco. 

Wepro è un nome nato così, da un nickname che usavo nei primi anni di Facebook (il nome è la fusione delle parole Wedding Project ovvero la mia primissima band, nulla a che vedere con i matrimoni). Da allora tutti i miei amici iniziarono a chiamarmi così, un pò per gioco, alla fine mi ci sono affezionato. Wepro sono io sicuramente, ma alcune volte mi piace anche immaginarlo come il mio alter ego, e la cosa mi ha aiutato a superare tante cose che Marco non sarebbe riuscito a superare da solo, quindi ogni volta che mi trovo in una situazione dove devo scegliere mi chiedo sempre cosa la versione alla massima potenza di me farebbe.

Cosa farebbe Wepro? 

Quindi Marco e Wepro coesistono nelle loro fragilità e nel loro voler dare il massimo, ed è questo che si vede sempre sul palco, il nome di Wepro ed il cuore di Marco.

2. Per due anni voi artisti avete passato un momento molto duro a causa del Covid, com’è stato tornare a poter suonare live? 

Il periodo Covid e la quarantena mi hanno cambiato, lo sento e ci penso spesso. Sei li a casa e ti scopri, ti poni delle domande, stranamente impari a conoscerti. Chi sei tu da solo, senza gli altri, sia come artista che come persona. E capisci tante cose. Una volta tornati in mezzo alla gente, non è stata più la stessa cosa. Ho avvertito una consapevolezza diversa dopo letteralmente quasi 2 anni in solitaria potremmo dire. Tornare live è stato bello, liberatorio, sentire di nuovo la “puzza delle persone” davanti al palco è stato stupendo, poi chi fa un genere come il mio ha davvero tanto bisogno del live, è la manifestazione di tutto. Quando i live non ci sono una parte grossa di te viene silenziata ed è frustrante, credetemi. 

Ora giochiamo di nuovo ed è incredibilmente bello, vorrei che lo stop dei concerti fosse stato solo un brutto sogno.

3. Musica e moda sono interdipendenti, puoi spiegarci un po’ cosa significa per te essere definiti “rock”?

Il rock non è la chitarra elettrica, non è indossare abiti strani. Non lo è più. La concezione del rock affonda nella ribellione verso qualcosa, nella battaglia, nella rivoluzione dei concetti e dei valori. Anche se per alcuni i valori che proponeva erano opinabili, la trap è stato il genere più rock di tutti agli inizi per il suo modo spudorato di dire le cose dopo un periodo plasticoso musicale degli anni precedenti, era tutto così punk, così rock. Mi è piaciuto tantissimo vedere queste persone esporsi senza filtri, sia nelle canzoni che sui social. Era tutto così vero. Ovviamente poi come in ogni cosa spesso può scivolare nel business dove le cose potrebbero sporcarsi un pò. Ma i più duri resistono. 

La moda è una forma d’arte, è espressione, e nonostante sia una realtà diversa rispetto alla musica, è bello che vadano di pari passo magari senza fare in modo che scavalchi o offuschi la musica stessa che ha la priorità (inteso per un musicista). È importante dare una “visione” alla musica, oltre che ad essere fighissimo è stimolante per chi guarda e ascolta e aiuta la tua musica ad avere un suo film. Alcuni dei migliori sono stato Marilyn Manson e David Bowie. Che stile si, ma che musica anche.

4. Come vivi il Marco che vediamo sul palco con il Marco in backstage?

Il Marco prima, quello nel backstage, è molto severo, evito di bere, di fumare e mi scaldo bene. Lavoro tanto sul rendere perfette le mie performance, ci tengo tanto e le cullo.

È importante che chi viene a vedere un concerto si goda uno spettacolo stupendo con i suoi imprevisti e le imperfezioni che possono capitare, ma prima di salire mi assicuro che tutto venga fatto al 100%, dalle prove agli allestimenti palco ecc. 

Poi quello che succede sul palco è imprevedibile ed è il bello del live.

5. Un consiglio a coloro che vorrebbero perseguire il sogno della musica come hai fatto tu, fino a farlo diventare un progetto concreto.

Guardatevi intorno ma rimanete veri, non fermatevi, lavorate tantissimo sul perfezionarvi, cercate modi per far conoscere la vostra arte, prendetevi cura del bambino che è in voi e ricordate come sempre che la grande storia che volete raccontare da grandi è quella che state vivendo ora, godetevela.

Al via sabato 19 e domenica 20 novembre la seconda parte di “Antecedente” nel centro storico di Orvieto

Al via sabato 19 e domenica 20 novembre la seconda parte di “Antecedente” nel centro storico di Orvieto

Partirà sabato 19 e domenica 20 novembre presso la Sala dei Quattrocento del Palazzo del Capitano del Popolo, nel centro storico di Orvieto, la seconda tranche della programmazione di “Antecedente”. Per queste giornate è prevista l’esibizione di Ensemble Micrologus e lo spettacolo per voce, danza e live electronics “Una Voce”. I Micrologus, gruppo di musica antica con più di 35 anni di carriera internazionale alle spalle, si esibiscono portando in concerto canzoni e danze tipiche delle corti italiane del XV secolo, con un forte legame con le tradizioni storiche che unisce polifonia vocale e colori strumentali. Con “Una voce” si intende indagare la sinergia ed il legame esistenti tra voce e corpo in una serie di esecuzioni ed improvvisazioni di brani contemporanei.

La stagione di Antecedente, ha presentato concerti di musica classica e contemporanea al Teatro Mancinelli di Orvieto, è stata inaugurata il 1 novembre di questo anno ed ha già visto una successiva esibizione il 5 novembre. Un programma ricco ed eterogeneo, che porta in scena opere come il Quartetto Prometeo, l’Ensemble Micrologus e l’Orchestra Filarmonica Vittorio Calamani, orchestra in residence al Mancinelli di Orvieto. “Antecedente ha come obiettivo quello di creare una programmazione di eventi continuativa e di alto livello, che diventi un nuovo punto di riferimento musicale e culturale, inserendosi anche nell’offerta turistica del territorio che la ospita. L’iniziativa ha il Patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Umbria, del Comune di Orvieto e di RAI Umbria, oltre alla media partnership di RAI Radio3”. Un unico obiettivo principale, quello di portare nella città umbra eventi di alto livello artistico, musicale e culturale, proponendosi al pubblico e al territorio come motivo di produzione ed incontro. Un progetto nato nel 2020 in pieno lockdown da AISICO Associazione e dalla direttrice artistica Anna Leonardi “comprende eventi e concerti in cui si indagano le pagine meno conosciute della musica classica ed in cui si sperimentano virtuose commistioni fra musica classica e musica d’oggi”.

Intervista a Vinnie: riflessioni sul senso della vita e sulla doppia faccia della “Fama”

Intervista a Vinnie: riflessioni sul senso della vita e sulla doppia faccia della “Fama”

Il cantante palermitano Vincenzo Colonna Romano, conosciuto con lo pseudonimo di Vinnie, è riuscito a realizzare un featuring con Francesca Teriaca, anche lei giovane pianista e cantautrice siciliana, dando vita ad un testo esuberante ed esplosivo dal titolo “Fama” (etichetta Mind). La produzione artistica del brano è stata creata da Alessandro Messina, Dario Di Matteo, Francesco Junior Foresta e Valerio Frósini, mentre quella audio dagli stessi Alessandro Messina, Dario Di Matteo e Valerio Frósini.

Classe 2001, la cultura musicale del cantante inizia già da molto giovane quando all’età di sedici anni ha iniziato a frequentare il Brass Group di Palermo per poi finire ad oggi a studiare Pianoforte Jazz e perfezionarsi alla Siena Jazz University di Siena.

Nonostante il suo stile venga influenzato molto dal jazz e dal soul, attualmente Vinnie afferma di non riuscire ad inquadrarsi in un genere ben definito, ma di aver lasciato spazio in questo nuovo brano a sonorità fluide e beat più morbidi, ammiccanti e funky, in grado di trascinare ma anche di sedurre, grazie alla combinazione del sax ed il sapiente intreccio con la voce magnetica di Francesca Teriaca. “Questo brano è quello che meglio incarna la voglia di farsi divorare dalla vita che alberga nella nostra società, ma anche un’analisi disincantata della doppia faccia del successo, inteso come una sirena che può inebriare oppure uccidere, ma alla quale pur tuttavia si corre incontro”, ha dichiarato l’artista essere questo il messaggio comunicativo del testo.

Con gusto sempre personale, nella sua musica Vinnie propone un incisivo connubio tra l’arroganza tipica della generazione Z ed il cliché romantico delle classiche canzoni melodiche contaminate da influssi trap, rap e indie. Il suo timbro sporco ma fluido accompagna l’ascoltatore in tutto il brano. Il risultato? Un cocktail di pura eleganza e sensualità.

Un artista estremamente sincero e cosciente che canta per passione, per desiderio personale di esprimersi, ma allo stesso tempo per lasciare un segno, un messaggio ogni volta chiaro e ben preciso. I testi delle sue canzoni, infatti trasmettono un’emotività molto profonda, realizzati con un linguaggio attento e adatto ai temi scelti. La sua è un’anima libera che vive la musica, qualunque sia il mood, con una ferma intenzione, impegno personale e una grande qualità.

FashionNewsMagazine ha incontrato Vinnie per scoprire qualche dettaglio in più sulla sua vita personale e sulla sua carriera musicale.

“Fama” è nata dalla collaborazione con una tua collega Francesca Teriaca, anche lei di origini siciliane. Come è stato condividere insieme questa esperienza musicale?

Lavorare con Francesca è stato intenso e divertente, ed ha dato ad entrambi la possibilità di esplorare territori musicalmente nuovi. La collaborazione è nata in maniera abbastanza naturale. Ci trovavamo nello stesso studio per lavorare ai nostri progetti e, durante le pause, ci siamo ritrovati a cantare l’uno sul brano dell’altra, in modo del tutto spontaneo. Sicuramente, far parte della stessa etichetta discografica ha giocato un ruolo fondamentale nel progetto: fin da subito Mind ha sposato la nostra idea con entusiasmo e ci ha messi nella condizione ottimale per realizzala”.

Il tuo amore per la musica nasce già da molto giovane. Che ruolo ha giocato la tua famiglia in questo percorso? Ti sei sentito sostenuto nel perseguimento del tuo sogno?

Assolutamente sì. Suono il pianoforte da quando avevo otto anni e canto da quando ne avevo quattordici. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto in questo, anzi, senza di loro probabilmente non avrei intrapreso questa strada così giovane”.

Sei riuscito a fare della tua passione un lavoro. Confucio diceva: “scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita”. Che significato ha per te la musica?

La musica, per me, è tutta la mia vita. Si tratta di dedizione, quella che non riservi ad un semplice hobby. La musica mi consente di trasformare ciò che sento e vedo in suono e parole, di comunicare con chi mi ascolta, perciò l’impegno che impiego è totalizzante e a volte stancante, ma ne vale sempre la pena, perché nasce da un’esigenza”.

Sei una giovane promessa del panorama musicale italiano con uno stile interessante e di grande talento. Come e dove ti vedi tra dieci anni?

Penso sia giusto avere degli obiettivi a lungo termine, ma se mi chiedi come mi vedo o dove mi vedo, ti rispondo che io penso al presente e vedo il presente: procedo un passo alla volta”.

La vita è imprevedibile, ma di una cosa sono sicuro, che darò tutto me stesso alla musica, e voglio, come dice un mio maestro, che la musica entri dentro di me ed io dentro la musica”. (Vinnie)

Intervista a Delvento: la forza di non mollare mai e il coraggio di lottare per la musica

Intervista a Delvento: la forza di non mollare mai e il coraggio di lottare per la musica

Jacopo Genovese, in arte Delvento, classe ‘93, producer e cantautore messinese, dopo l’uscita del suo capolavoro musicale “Miserere”, vincitore nel 2020 del concorso musicale “Road to the Mainstage by Firestone Spa”, torna alla ribalta con una nuova canzone, “Fughe e Dintorni” dal mood profondo e introspettivo che avvolge l’ascoltatore proiettandolo direttamente nell’universo che l’artista ha voluto ricreare, ricercando il suono nei malinconici beat britannici, nelle open tuning tipiche della chitarra folk, nelle filigrane sonore tipiche della Low-fi wave e infine nella colorata esplosione dell’elettronica.

Il testo e la musica del brano sono di Delvento, la produzione e management di Art Show di Arturo Morano, cantautore/produttore Italiano di fama nazionale, e la distribuzione di Ada Music Italy.

Ma chi è Delvento? Quale è il suo stile musicale? Il cantante che sembra non riconoscere i confini del susseguirsi degli stili e del passare delle ere, prende in prestito qualsiasi impulso o sensazione gli si presenti sul cammino mixando così elementi personali, impersonali, storie di gente e stili musicali al fine di creare una musica Intima e non soggetta allo scorrere del tempo. “Ho iniziato a suonare il sax verso i dieci anni, poi sono passato alla chitarra. Mio nonno Cleofe Lanese, tastierista del gruppo i Gens, mi ha insegnato lui a suonare il piano. A sedici anni, ho invece cominciato a scrivere con il mio migliore amico. Era inizialmente un cammino parallelo al mio percorso di vita. Verso i ventiquattro anni, ho però deciso di intraprendere a tempo pieno il viaggio nella musica e nella scrittura”.

Nonostante i grandi sacrifici e gli ostacoli che ha dovuto affrontare e superare lungo questo cammino, come accettare ingaggi anche non retribuiti, ritrovandosi a spostarsi da un luogo ad un altro pagandosi tutte le spese di tasca propria, Delvento è sempre rimasto ben concentrato sui suoi obiettivi senza mai mollare la presa da quello che realmente lo faceva sentire vivo, la musica.

Come tanti giovani Jacopo Genovese si è dovuto trasferire a Milano, patria assoluta della moda e degli artisti, per inseguire il suo sogno. Attaccato fortemente alle sue radici siciliane, il cantautore non perde mai occasione per ritornare nella sua terra e prendere ispirazione per sviluppare la sua anima creativa e produrre nuova musica. “Ogni volta che torno a Messina dai miei viaggi scrivo una canzone, fare musica a Messina per me vuol dire grande fonte d’ispirazione”, ha dichiarato.

FashionNewsMagazine ha intervistato l’artista per scoprire qualcosa in più sulla sua vita e sulla sua carriera musicale.

A ventiquattro anni hai deciso di abbandonare la tua vecchia vita per intraprendere questo cammino e dedicarci anima e cuore. Come ha reagito la tua famiglia a questa notizia? Ti sei sentito sostenuto e compreso riguardo la tua decisione?

La mia famiglia ha sempre lasciato che scegliessi da me. Certo è che intraprendere un cammino del genere non è roba da tutti”.

Fuga e Dintorni è il tuo nuovo singolo. Dove nasce l’idea per questo brano?

Fughe e Dintorni è un brano che ho scritto durante il primo lockdown da Covid 19. Parla di un Amore agli inizi subito stroncato dalla lontananza”.

La tua musica è unica, originale e divertente. Quale è lo stile e la direzione musicale in cui ti piace essere riconosciuto, e in cui la tua personalità si rispecchia completamente?

Non c’è uno stile ben preciso, mi piace spaziare negli universi sonori cercando di tradurre sensazioni passeggere in un qualcosa di definito, che rimanga e che io possa riascoltare (mi piace riascoltarmi, mi regala un senso di vittoria nei confronti di me stesso)”.

Hai partecipato a numerosi concorsi musicali, riuscendo ad ottenere anche diversi premi e riconoscimenti. Quale è la tua opinione riguardo i talent show che oggi spopolano in televisione e sul web? Accetteresti mai di partecipare ad un programma se te lo proponessero?

I talent fanno parte del percorso come booster. Partecipare ad un talent in un determinato momento della propria carriera musicale può essere molto utile come anche molto dannoso. Meglio ponderare”.

Delvento, un talento fresco e giovane, ma allo stesso tempo un cantante ben strutturato e sicuro della propria musica che nel futuro ci riserverà tante belle sorprese. Non ci resta che stare ad aspettare e vedere cosa succederà.

Intervista ai Cordepazze: la famiglia come unico comune denominatore per il nuovo disco della band palermitana

Intervista ai Cordepazze: la famiglia come unico comune denominatore per il nuovo disco della band palermitana

I Cordepazze, famosa band siciliana vincitrice di numerosi premi e riconoscimenti musicali a partire dal 2007 con il Premio De Andrè, dopo sette anni dall’ultimo album, tornano con un disco completamente nuovo intitolato “I Giorni Migliori” dalle sonorità coinvolgenti e avvolgenti in cui ogni canzone trascina verso l’altra ed è difficile interrompere l’ascolto.

Orecchiabilità non scontata, arrangiamenti curati, testi accattivanti quanto intelligenti e una voce perfetta, quella di Alfonso Moscato (testi, voce, chitarre acustiche ed elettriche, violoncello, sintetizzatori) che racconta la sua visione del mondo e fa intravedere la sua luce con eleganza e sobrietà. Completano la band: Francesco Incandela (violini, viole, mandolino elettrico, chitarra elettrica, pianoforte, sintetizzatori) e Vincenzo Lo Franco (batteria, percussioni). Hanno partecipato inoltre all’arrangiamento e alle musiche: Roberto Cammarata (sintetizzatori, chitarre, programmazioni), Carmelo Drago (basso elettrico), Alice Alagna e Serena Bisconti (cori).

L’album è stato registrato e prodotto da Roberto Cammarata presso il Fat Sounds Studio di Palermo (registrazioni aggiuntive presso il Bunker Studio di Palermo), mixato da Marco Caldera presso il Vulcano Studio di Bologna e masterizzato da Giovanni Versari presso La Maestà Mastering Studio di Tredozio (Fc).

Un EP unico nel suo genere di cui sentiremo parlare per molto tempo, la cui cifra stilistica è caratterizzata dalla freschezza, spontaneità e trasparenza. Una dedica evidente al tema della famiglia che narra le certezze e insieme i dubbi che porta una rete di affetti quotidiani così importante, viscerale, totalizzante. “I giorni migliori” è dunque una raccolta di immagini sulle contraddizioni della vita domestica a partire dalla copertina che raffigura una camera da letto di un bambino, colorata e disordinata, metafora di felicità e caos. Nove tracce che raccontano gioia e dolori, crisi, speranze e la paura di non farcela mista alla voglia di essere all’altezza di una potenza affettiva come quella famigliare.

Tutto gira intorno alla famiglia, ai figli da proteggere e che ti proteggono, ai figli da crescere e ai figli che ti crescono, come attirato da una forza gravitazionale irresistibile tra gioia e felicità, paure e cose fatte male. Tornare a casa e rimanere sulla porta come un coglione, come un re e un mendicante. Come uno che ha perso il tempo, che ha perso il treno, ma investito da una luce abbagliante. Sentire l’attimo e avvertirne ogni interminabile frazione sulla pelle, nella pancia, nel battito testardo del cuore e a un certo punto capire che i giorni migliori sono ogni giorno”, ha raccontato la band.

FashionNewsMagazine ha incontrato la band per scoprire qualche dettaglio in più sul loro disco e sulla loro carriera musicale.

Le vostre opere artistiche, dal sound particolare e ricercato, sono sempre non banali con uno stile unico e ben riconoscibile. Come definireste la vostra musica? Come definireste i Cordepazze come artisti?

Negli anni le nostre canzoni sono cambiate con noi anche se rimane in tutta la nostra produzione l’amore per le storie e i personaggi, il paradosso, il grottesco e l’ironia. Come musicisti ciò che ci caratterizza secondo me è la curiosità”.

È uscito il vostro album dal titolo “I Giorni Migliori” dove il tema della famiglia rappresenta il filo conduttore di tutto l’EP. Potreste rivelarci cosa significa esattamente per i Cordepazze il termine “Famiglia”?

La famiglia non è un uomo, una donna e dei figli. La famiglia è ovunque ci siano almeno due persone. Io ho vissuto in una famiglia minima, io e mia madre. A Natale tavolata da due, domeniche pomeriggio in due, litigi e abbracci in due. La famiglia minima è una famiglia al di sotto della quale sei solo. Mia madre per molti anni è stata tutto quello che avevo anche se non me ne rendevo conto. Il fatto poi della genitorialità non è neanche un aspetto necessariamente genetico. Funziona come nell’innesto, io ti taglio un po’ di carne del cuore e ci metto dentro un bambino, poi lego tutto con lo spago e lui cresce da te, anche se non sei sua madre o suo padre, non è neanche una questione di amore, è una questione di vita”.

L’anno 2020 è stato un periodo molto difficile costringendo il mondo a fermarsi per il Covid. Come avete vissuto questa esperienza e quanto ha influito sui vostri progetti musicali?

Ha influito nelle vite di tutti credo. Noi ne abbiamo approfittato per dedicarci alla produzione de “I giorni migliori”. L’apprezzare la vita nel suo stato essenziale credo sia stato un insegnamento di questo periodo ed “I giorni migliori” hanno questo spirito. In fondo è un disco che parla della felicità”.

Come artisti siete degli spiriti creativi, amanti della sperimentazione e sempre appassionati. Vi state già occupando dei vostri prossimi progetti oppure per ora vi state godendo il meritato successo? Potreste svelarci qualcosa riguardo i vostri lavori futuri?

Siamo sempre alla ricerca di una nuova via. Abbiamo un disco nel cassetto, ma al momento ci stiamo dedicando nel comunicare a più persone possibili questo disco e le nostre canzoni. A breve comunicheremo il calendario delle date estive”.

Qualsiasi cosa sia come un focolare, un bambino o un sentimento forte, per i Cordepazze la felicità è nella stessa famiglia tra istinto protettivo, insicurezze, malinconie ma anche tante gioie e soddisfazioni. Un’attesa che ne è valsa la pena per la band che ha dato vita ad un capolavoro artistico e musicale di quelli che più li ascolti e più li canti, di quelli che impari in fretta i testi e non ti stancano mai.

Intervista a Isotta: fragilità e dolcezza dietro il lato oscuro e romantico delle sue canzoni

Intervista a Isotta: fragilità e dolcezza dietro il lato oscuro e romantico delle sue canzoni

Isotta Carapelli, in arte Isotta, classe 1992, ha portato a termine il suo album d’esordio dal nome Romantic Dark; “Dark” per le atmosfere oscure e “Romantic” perché le canzoni, come sostiene l’artista, altro non sono che dei romanzi. Attraverso una sua speciale poetica dell’arte, la cantautrice toscana canta la sua vita, i suoi ricordi, le sue emozioni, frantumandole e ricomponendole sempre con naturalezza ed eleganza.

Vincitrice dell’ultima edizione del Premio Bianca D’Aponte 2021 col brano Io, presente in tracklist, Isotta si affaccia sul mercato oggi con la sua prima opera: 13 tracce (Romantic Intro/ Io/ Doralice/ Cryptocornuta/ Psicofarmaci/ Kebab/ Un due tre Stella/ Pornoromanza/ Palla avvelenata/ Hawaii/ Bambola di pezza/ Tecniche di sopravvivenza/ Ti amo ma ho da fare) in cui l’artista racconta nello specifico i legami umani, le difficoltà quotidiane, le fragilità e la violenza, sotto ogni sua forma. L’album d’esordio è stato prodotto ed arrangiato da Pio Stefanini, con il quale Isotta ha scritto la maggior parte dei brani e condiviso il linguaggio musicale e sonoro che ha portato alla realizzazione di questo suo primo lavoro discografico.

Isotta rientra in un progetto discografico tutto al femminile con la Women Female Label & Arts, etichetta che ha promosso Romantic Dark e rappresenta con grande orgoglio l’arte al femminile. Women Female Label & Arts è un contenitore artistico a 360 gradi che si propone come struttura di comunicazione, ufficio stampa e distribuzione digitale per progetti artistici e forme d’arte nate dalle mani e dalla mente delle donne. “La collaborazione con Women Label mi gratifica tanto perché essendo donna racconto le mie esperienze e quindi si sposa benissimo con il mio progetto. Sono stata felicissima quando mi è stata proposta questa collaborazione, pensavo esistesse già una etichetta discografica di sole donne e invece no. Io sono tra le prime tre donne a far parte di questo progetto che valorizza l’arte delle donne e cerca quantomeno di sensibilizzare a questi argomenti e penso sia molto importante”, ha dichiarato la cantautrice.

Artista a suo modo classica nella scrittura, ma assai contemporanea nello scegliere non solo i temi da trattare, spesso rivolti al sociale, ma anche nel modo in cui affrontarli, Isotta è stata brava a non perdere la rotta, a non cadere nella retorica, a rimanere sempre fedele a se stessa e ai propri istinti. Romantic Dark dunque, è un disco in cui la cantante riversa tutti i suoi sentimenti e i suoi stati d’animo: “Ciò che scrivo mi appare come un flash, non è il frutto della mente condizionata, ma è la mia parte più sincera e spontanea a parlare, che spesso mi è così oscura e nascosta, ma essenziale per esprimere le emozioni più profonde. Canto parole che mi colpiscono come frustate e mi scuotono lasciandomi senza fiato, apparentemente senza senso, e su questa spinta scrivo le mie canzoni. Scrivere è catartico e attraverso le parole voglio liberarmi da ogni trappola interiore che mi soffoca e trattiene: sono io che appartengo alla mia musica, non viceversa. Lotto per ottenere coraggio ogni giorno, forse solo così potrò riuscire a conoscere davvero chi sono. Ci vuole più coraggio ad avere coraggio e oggi non è (mai) il giorno per arrendersi”, ha spiegato la cantautrice.

FashionNewsMagazine ha intervistato Isotta per sapere di più sul significato delle sue canzoni e sulla ricerca del suo sound così originale.

La copertina del tuo album d’esordio Romantic Dark rappresenta un’immagine in bianco e nero del tuo viso coperto di lacrime. Quale è il messaggio che volevi trasmettere al tuo pubblico guardando questa foto?

Vorrei esprimere con le lacrime il sentimento di grande sofferenza che ci accompagna nel percorso del nostro passaggio, una sofferenza che mi si è presentata dapprima con la divisa del nemico poi, cercando con il tempo di osservare con una prospettiva diversa, mi sono accorta che si è mutata nelle vesti di un maestro inflessibile ma leale. Ci sto lavorando, nella speranza di farmela amica in questo sentiero che non so dove potrà condurmi. Lo sguardo è deciso e rivolto a scoprire cosa si presenterà sul cammino, e chissà che le lacrime non siano il mezzo per svelarlo”.

Quali sono le tracce di Romantic Dark che più evocano in te dei ricordi passati a cui sei molto legata? Ci diresti anche il motivo?

Quale di più e quale di meno, ogni brano di Romantic Dark evoca in me dei ricordi del passato. Il brano che più mi avvicina all’Isotta bambina è Doralice, nella quale racconto la nostra continua e infinita ricerca, durante tutta l’età adulta, delle stesse connessioni emotive spontanee che avevamo con le persone e con le cose quando eravamo piccoli. Poi c’è Palla avvelenata dove canto un periodo della mia vita difficile, in cui sono stata vittima di bullismo. È una testimonianza, un invito a guardare con leggerezza i nostri piccoli drammi personali”.

Il coraggio di raccontare la tua musica non ti manca affatto e già da molto giovane inizi ad esibirti dal vivo. Ricordi la tua prima esibizione? Che emozioni ti suscita ripensandoci?

La mia prima esibizione dal vivo fu a 6 anni durante il saggio di una scuola di canto della mia città, a Siena. Cantavo un brano scritto insieme alla maestra di canto, che diceva: — piccoli passi nel bosco farò, e per non perder la strada, sassi a colori io dipingerò… — e poi non la ricordo più. Le prime volte mi mancava la saliva e tremavo (anche oggi ogni tanto ci ricasco, in fondo non sono cambiata poi così tanto nell’esprimere le emozioni). Se ci ripenso mi viene una gran voglia di abbracciare quella bambina così timida ed impacciata”.

Il sound delle tue canzoni è molto particolare, varia da tonalità più cupe ad atmosfere più rilassate e sognanti. Che tipo di percorso hai dovuto affrontare per la costruzione della tua personalità artistica?

Il sound delle mie canzoni non fa altro che rispecchiare l’ampia gamma di stati emotivi che sono venuti ad abitare nella mia coscienza. Il mio percorso artistico credo sia venuto fuori soprattutto dall’ascolto maniacale della musica che mi ha sempre accompagnato, e poi dall’interazione con appassionati di musica e, non ultimi per importanza, con tutti i componenti, umani e non, che hanno in vario modo composto quell’insieme denominato vita”.

Un augurio alla cantante di continuare in questo modo, che è già partita alla grande e di rimanere sempre così dolcemente complicata e così semplicemente Isotta. “Ho avuto qualche fallimento nella mia vita, ma adesso sono molto contenta. Ho passato periodi brutti e so che ne passerò ancora, ma guardo sempre alla vita con ottimismo, sapendo che con l’impegno e la volontà si può andare molto lontani. Questo momento positivo che sto vivendo è anche frutto dei tanti momenti negativi. Ho molte aspettative e quando si sogna non ci si deve accontentare. Senza sogni non si può vivere e la musica è per me un sogno che si sta realizzando” (Isotta).

Simona Molinari presenta il suo nuovo Album “Petali”

Simona Molinari presenta il suo nuovo Album “Petali”

Non solo ambiente, cibo ed eco sostenibilità, a Sempre più in forma green vogliamo dare voce ai talenti del panorama musicale italiano, scoprendo le loro pratiche green. Durante la puntata di martedì 26 luglio, la voce protagonista è stata quella della cantautrice Simona Molinari… non potevamo essere più fortunati.

Simona Molinari-Petali

Ciao Simona! Noi ci conosciamo da molti anni, da quando durante i primi dischi curavo i tuoi look. Raccontaci della Targa Tenco, il premio che ti è stato assegnato.

Si, sono felicissima. Andrò a ritirare la Targa Tengo ad ottobre, proprio sul palco dell’Ariston. “Petali” è un disco al quale ho lavorato tanto insieme alla mia etichetta discografica, la BMG, ed è l’inizio di un nuovo percorso; sono stata assente dalla discografia per diversi anni, durante i quali ho formulato un nuovo modo di cantare e di interpretare. Vincere questa Targa è stata una soddisfazione immensa.

Questa Targa è anche un’attestazione, non solo della tua bravura, ma anche una medaglia al valore.

Esatto, in Italia è il premio più ambito nella musica d’autore.

Simona Molinari

Sei una cantautrice che fa tanti concerti a stretto contatto con il pubblico, quindi il premio dimostra anche quanto siano grati al tuo lavoro.

Si, la mia carriera è soprattutto live. Ho percorso l’Italia in lungo e largo, vivendo a stretto contatto con il pubblico.

È bello vedere come nei posti le persone che mi seguivano aumentavano di anno in anno, capire come questa famiglia si allargasse nel tempo.

Il tuo ultimo album si chiama “Petali” ed è uscito il 1 aprile, noi abbiamo ascoltato “Lei balla sola”. Sei molto legata a questo pezzo?

Si, ci sono affezionata perché parla di una donna un po’ randagia, che parte da sola per viaggiare in tutto il mondo. È ciò che vorrei essere, senza essere legata a costrizioni, ma libera di andare in ogni luogo possibile.

Dove possiamo ascoltarti?

Potete ascoltare l’album su tutte le piattaforme online. Sarò poi il 4 agosto in Nora di Pula, in Sardegna e il 5 verso Arbatax. Poi sarò tra la Puglia e la Campania nel mese di agosto. Sul mio sito potete trovare tutte le date del tour e le info necessarie.

Ma adesso vogliamo conoscere le tue buone pratiche green quotidiane!

Per fortuna ho sempre ricevuto un’educazione green, quindi molte cose mi vengono naturali: dalla differenziata alla mobilità elettrica o al risparmio dell’acqua, soprattutto in questo periodo particolare.

 

Grazie a Simona Molinari, nella speranza di rivederci in uno dei tuoi prossimi concerti.

 

Intervista a Francesca Teriaca : debutto discografico per la cantante siciliana

Intervista a Francesca Teriaca : debutto discografico per la cantante siciliana

Guardami” è la canzone d’esordio di Francesca Teriaca, una ballad pop-rock che accompagna l’artista in una delle dimensioni che più caratterizzano il suo stile musicale: fresco, ritmato e ricco di significati profondi.

Il brano, prodotto dall’etichetta discografica MIND è accompagnato dal videoclip diretto da Vincenzo Guerrieri per MIND che in tutta la sua professionalità è riuscito a catturare l’essenza del brano rappresentando visivamente momenti intensi ed espressivi. La produzione artistica di “Guardami” è a cura di Valerio Frosini, Dario Di Matteo, il quale si è occupato anche del mix, e Francesco Junior Foresta. Mastering Hannes Jaeckl, presso Hannes @ home Vasoldberg.

Francesca racconta una storia d’amore tra due amanti, una promessa di un sentimento forte e duraturo nonostante gli errori, il tempo, le difficoltà. Il pezzo ha previsto una scrittura attenta e precisa basata su tematiche e valori che possono riscontrarsi in una relazione amorosa: passione, rispetto, libertà, amore, ma anche dipendenza, sofferenza e paura. La cantante, dunque, insieme alla sua etichetta discografica è riuscita in grande armonia a riunire, tra parole e musica, tutti i tasselli di un bellissimo puzzle che si è formato ed è arrivato alla sua conclusione con la canzone “Guardami”.

Il brano proietta l’ascoltatore in una dimensione dove il reale si miscela con l’ideale, all’interno della quale la voce della cantante e le eleganti sonorità pop si muovono sapientemente nel testo. L’intenzione dell’artista era quella di creare una canzone che mettesse al centro un’esperienza consapevole per porla al servizio di un sentimento che viene quindi descritto anche nelle sue contraddizioni.

Francesca Teriaca, classe 2001, è una cantautrice e pianista la cui musica dall’anima estremamente pop non rinuncia ad influenze e contaminazioni musicali eterogenee, che spaziano dal blues, al jazz fino al rap.

La sua voce calda e ricca di sfumature si muove con grande curiosità fra i generi, creando uno stile già molto maturo e riconoscibile. La musica per Francesca rappresenta un linguaggio, attraverso il quale l’essere umano esprime e comunica sempre un qualcosa di personale; la forma d’arte più accessibile, dove poter sfogare le proprie sensazioni e i propri pensieri. Per questa ragione, da sempre ha deciso di scegliere questo mezzo per comunicare agli altri ed esprimere se stessa.

FashionNewsMagazine ha incontrato Francesca Teriaca per scoprire qualche dettaglio in più sulla sua vita e sulla sua esordiente carriera artistica.

Hai da poco debuttato con il tuo singolo “Guardami” che racconta una storia d’amore ricca di patos. È un testo autobiografico oppure ti sei semplicemente lasciata trasportare dalla fantasia e dalle emozioni?

Non è un testo autobiografico ma più un’idea di come sarebbe se realmente lo avessi vissuto. Spesso i miei testi non trattano cose che ho vissuto davvero, ma che vivo nella mia mente o che ho visto vivere ad altre persone”.

Sei una giovanissima cantautrice che sta muovendo i primi passi nel mondo della musica. Come vedi la tua carriera tra dieci anni?

Tra dieci anni mi vedo su un palco davanti un mare di persone che conoscono a memoria i testi delle mie canzoni e li cantano con me, spero di essere una donna forte e felice dei traguardi raggiunti”.

Al giorno d’oggi i talent show sembrano la strada più facile per farsi conoscere e fare carriera velocemente. Cosa ne pensi a riguardo? Parteciperesti mai a qualche programma televisivo?

Penso che i talent show siano una lama a doppio taglio. Se ci vai con l’idea che piacerai sicuramente a tutti e farai successo perdi in partenza, se invece vai lì per far parlare la tua musica, senza aspettative di piacere a ogni singola persona ma con un’unica consapevolezza, quella di credere in ciò che fai senza fermarti alla prima difficoltà, allora andrà bene in ogni modo. Io credo che sia una splendida opportunità partecipare a un talent show, lo farei perché mi piace mettermi in gioco, far conoscere il mio mondo e modo di esprimermi, mi piacerebbe sapere da un parere esperto cosa ne pensa”.

Il panorama musicale è un mondo molto difficile e pieno di sacrifici, ma può regalare allo stesso tempo soddisfazioni e riconoscimenti. Che consiglio ti senti di dare ad un giovane come te che vorrebbe intraprendere questa carriera?

Un consiglio a chi vorrebbe intraprendere questa carriera è sicuramente quello di concentrarsi sullo studio della musica e non demoralizzarsi davanti a una porta chiusa in faccia”.

L’idea di un amore che non segue schemi o regole precise in cui si presentano momenti felici, ma anche angoli di sofferenza; un brano su cui vale la pena soffermarsi per rivivere ricordi e assaporare emozioni.

Intervista ai vincitori di AW LAB IS ME Music Edition 2022

Intervista ai vincitori di AW LAB IS ME Music Edition 2022

L’evento finale del contest AW LAB IS ME Music Edition, nella sua quarta edizione, ha incoronato Giovanni Giardina in arte “Vannino”, nuova promessa della scena musicale italiana. Sul podio insieme a lui il vincitore dell’edizione spagnola Mario Luis Guardado Novais in arte “The Soul Hunta” e il premio della giuria Martina Molaro, in arte “Zoelle”

Conosciamo meglio i tre giovani talenti protagonisti di questa edizione.

Il vincitore italiano, Giovanni Giardina, in arte “Vannino”, è siciliano, classe ‘99. 

Inizia a cantare a 10 anni accompagnandosi con la chitarra acustica. Circondato dalla musica sin da piccolo grazie alla madre pianista, a 14 anni scopre i vinili e il djing iniziando a sperimentare con la musica elettronica e nuovi suoni.  Si avvicina all’R&B e all’Hip Hop e continua a dedicarsi alla sua prima passione, il canto, mescolando sonorità urban con il soul, perfetto habitat per il suo timbro ruvido.

Dalla collaborazione con L’Elfo, noto artista della scena rap, nascono i brani “Pagine” e “Karma”. Dal 2020 vive a Milano dove inizia a lavorare al progetto musicale insieme al produttore Aaron Loud e la Statale 115.

“AW LAB IS ME è stata una magnifica esperienza, mi ha permesso di crescere artisticamente grazie al confronto e alle lezioni con dei professionisti del settore, e sicuramente un’ottima opportunità per far conoscere la mia musica ad pubblico più ampio. Sono molto felice che “Bugie” sia stato apprezzato dalla giuria, è uno dei miei brani a cui tengo maggiormente, sentirlo andare in onda su Radiodeejay è stato davvero gratificante. AW LAB IS ME è solo l’inizio di una lunga serie di traguardi che voglio raggiungere con la mia musica, ho tanta voglia di fare, tanti brani pronti e altri a cui sto lavorando, non vedo l’ora di salire sul palco e farli sentire a tutti!”

Mario Luis Guardado Novais aka The Soul Hunta è un MC afro-portoghese, cantante e produttore residente a Barcellona dal 2011. Il suo primo contatto creativo con la musica è stato attraverso la scrittura di testi, successivamente inizia a dedicarsi alla produzione musicale. Il sound della sua musica attraversa il soul, l’hip-hop e il funk.

“Partecipare ad AW LAB IS ME è stata un’esperienza fantastica, mi ha permesso di venire per la mia prima volta in Italia e partecipare ad un evento in una stupenda location, insieme agli altri finalisti con cui mi sono divertito molto. Uscirà un mio album in ottobre e ci sono tanti singoli in progress. Spero che questa collaborazione con AW LAB possa aiutarmi a promuovermi. Parola d’ordine: funky!”

Martina Morlano, in arte Zoelle, è una rapper e cantautrice nata nel 1997 a Torino.
La sua passione per la musica nasce da giovanissima studiando pianoforte. Inizia a comporre musica già da liceale, i suoi riferimenti musicali, i Blink 182, gli Skillet e i My Chemical Romance. Si avvicina al rap a 15 anni grazie a Salmo e inizia a scrivere i suoi testi ispirandosi a Primo Brown, Rancore, Marracash e Guè Pequeño.

A 20 anni inizia a realizzare le prime registrazioni in un piccolo studio di Torino e nel 2020 pubblica il suo primo singolo, “Fanfara Dark”. Il 31 Dicembre 2021 pubblica il suo primo EP dal titolo L’Amour C’est Fou progetto di otto tracce in cui compaiono anche i rapper Etmo, Safe e YomiWave.

“L’esperienza Aw Lab Is me è stata senz’altro una delle più belle e formative del mio percorso fino ad oggi. Lo rifarei altre 1000 volte, sia per le opportunità che questo contest mi ha dato, sia per i bellissimi legami creati con gli altri finalisti. Ho vinto il contest con il brano “Fanfara Dark”, singolo a cui sono molto legata; non solo perchè è stato il primo ad essere pubblicato ufficialmente ma anche perchè quando l’ho scritto venivo da un periodo particolarmente complicato della mia vita. Questo pezzo è un urlo catartico urlato in faccia a chiunque nella vita ti faccia sentire non abbastanza. Per questo sono doppiamente felice che abbia vinto questo pezzo; spero che questo messaggio arrivi a tutte le persone che hanno vissuto situazioni simili. Quanto al futuro, ho tantissimi brani inediti che voglio farvi ascoltare, sto lavorando ad alcuni featuring che usciranno verso la fine dell’estate, e ovviamente tanti live. Mi piacerebbe portare la mia musica in giro per tutta l’Italia, e perchè no, in futuro anche in Europa!”

Quest’ultima edizione ha visto la partecipazione di 4.000 candidati tra Italia e Spagna e consentito ai finalisti selezionati di partecipare ad un vero e proprio percorso formativo. L’Academy creata da AW LAB si è avvalsa di Masterclass sui temi principali che un artista deve saper affrontare con professionalità, dalla scrittura allo styling. I ragazzi sono stati accompagnati in questa esperienza esclusiva da artisti noti al grande pubblico e da coach professionisti. Tra i primi Ana Mena, Casadilego, e Il Tre, protagonisti di queste lezioni esclusive insieme ad altri grandi professionisti della scena musicale, esperti coach guidati dalla radio personality Michele “WAD” Caporosso e supportati dalle etichette musicali coinvolte nel progetto. I quattro talent special guest, insieme ad Anna, sono stati anche i volti della campagna di lancio scattata da Cosimo Buccolieri.

In Spagna il progetto vanta la collaborazione di radio Primavera Sound che ha supportato il contest attraverso le call to action di artisti molto amati dal pubblico spagnolo.

La finale di AW LAB Music Edition 2022 si è tenuta a Milano presso Terrazza Martini. Special guest dell’evento Manuelito Hell Raton.

I vincitori di AW LAB IS ME Music Edition 2022

I vincitori di AW LAB IS ME Music Edition 2022

Si è appena conclusa la quarta edizione di IS ME Music Edition, il contest per giovani talenti della musica di AW LAB. Ben 4000 gli artisti in gara, fra Italia e Spagna. I finalisti hanno avuto la possibilità di accedere alla Academy di AW LAB con Masterclass specifiche che vanno dalla scrittura allo styling. I giovani musicisti sono stati guidati da grandi artisti noti al pubblico fra i quali Ana Mena, Casadilego e Il Tre, oltre a grandi professionisti del mondo della musica, esperti coach guidati dalla radio personalità Michele “WAD” Caporosso e supportati dalle etichette discografiche coinvolte nel progetto. 

In Spagna il progetto ha visto la collaborazione di radio Primavera Sound che ha supportato il contest attraverso le call to action di artisti amati dal pubblico spagnolo. 

La finale di AW Lab Music Edition 2022

Si è svolta presso la Terrazza Martini di Milano. Premiati Martina Morlano, Giovanni Giardina e Mario Luis Guardado Novais. Per i tre vincitori la promozione artistica di AW LAB per un intero anno. La finale milanese è stata trasmessa in diretta da Radio Deejay con Michele WAD Caporosso.

“L’edizione 2022 di AW LAB IS ME Music Edition è stato, innanzitutto, un percorso di formazione che i finalisti hanno avuto a disposizione attraverso la partecipazione degli entourage degli artisti giudici del progetto. L’evento di chiusura, con la partecipazione speciale di Manuelito Hell Raton, ci ha concesso di premiare i tre finalisti e condividere la chiusura di questo progetto insieme ai brand che ci hanno accompagnato e tutti i protagonisti che hanno reso unico, anche quest’anno, un evento di grande richiamo e a cui hanno partecipato ben 4.000 ragazzi tra Italia e Spagna” Antonio Marrari Head of Marketing AW LAB. 

AW LAB è supportato nel progetto da

adidas Originals, Converse, Puma, Reebok, Levi’s, New Era Cap e Eastpak che si sono resi protagonisti sia nella scelta artistica che nella composizione strategica delle Masterclass. 

Fashion News Magazine vi porta nel laboratorio delle maschere de Il cantante mascherato

Fashion News Magazine vi porta nel laboratorio delle maschere de Il cantante mascherato

La passata edizione del programma Il cantante mascherato condotto da Milly Carlucci ha tenuto il pubblico attaccato allo schermo con la curiosità di scoprire, fino all’ultima puntata, i volti noti che si celavano dietro ogni singola maschera.

Noi di Fashion News Magazine, non ci siamo accontentati di questo e, mossi da una maggiore curiosità, abbiamo voluto conoscere come e dove nascono le maschere tanto amate dal pubblico.

Abbiamo deciso di farlo, a riflettori spenti e a programma terminato, attraverso una doppia intervista proprio ai professionisti che, da zero, hanno lavorato per dare vita, forma e colori alle maschere che hanno ospitato i vari concorrenti nel corso delle puntate.

Una coppia nella vita e per questa evenienza anche sul lavoro, lui è Tiziano Morelli, titolare del laboratorio di effetti speciali a Settecamini Studio Laboratorio 51, lei è Noemi Venerucci, Make up artist. Ci racconta Tiziano: «Tutto è iniziato a maggio 2021 quando sono stato contattato da Endemol, poi sono seguiti i primi incontri con Milly Carlucci e le varie pianificazioni sulle 14 maschere e costumi da realizzare. Milly è stata molto presente in tutte le fasi di work in progress, era lei stessa a darci indicazioni e consigli precisi sui colori o sulle espressioni che avrebbero dovuto avere le maschere».

 

Continua Noemi: «Abbiamo lavorato giorno e notte, i primi giorni avevamo in mano solamente i bozzetti delle maschere con le misure ed i campioni dei tessuti per i costumi, questo comporta una continua sorpresa anche per noi proprio perché le maschere sono sempre nuove e le continue modifiche sono all’ordine del giorno. Siamo noi i primi a stupirci ed emozionarci nel vedere che gradulamente prendono forma. Ѐ stata una vera e propria sfida anche con me stessa venendo dal mondo del make up». Si prosegue con la spiegazione dei procedimenti tecnici ed artistici, si prende la pelliccia sintetica, si ritaglia la forma madre, si cuciono ed assemblano i pezzi, infine si rifinisce il tutto con il rasoio elettrico da barbiere.

 

Man mano si scelgono i colori e gli accessori adatti, le forme e le espressioni degli occhi come quelli estremamente realistici in 3D di Goldfish, continua Noemi: « Goldfish è  la maschera che mi è rimasta nel cuore, pensare che all’inizio c’è stato un rapporto di amore e odio. In generale mi sono affezionata a tutte anche perché sono sempre state sotto la nostra tutela e ci siamo occupati noi di farle indossare ai personaggi nei rispettivi camerini, ovviamente il tutto era top secret».

Grande emozione, per i due, effettuare gli smascheramenti, Tiziano si è sentito molto rilassato e a proprio agio nonostante fosse la primissima volta sotto i riflettori e davanti le telecamere, per Noemi invece, dopo l’imbarazzo della prima puntata il resto è andato tutto liscio grazie anche alla complicità e supporto del suo compagno.

Intervista a Federico Stabile: galeotto fu quel “Gin Tonic”, reazione di una sbronza sentimentale

Intervista a Federico Stabile: galeotto fu quel “Gin Tonic”, reazione di una sbronza sentimentale

Federico Stabile esce con una nuova canzone dal nome Gin Tonic, un brano pop sperimentale in dialetto siciliano, lingua d’origine del cantautore. “Per me il siciliano oltre ad essere la mia lingua madre, è una potente forma di espressione musicale grazie alla sua particolarità fonetica ed espressiva”, ha dichiarato il cantante. Il testo, inoltre trae ispirazione da diversi elementi sonori che abbracciano il Nu Jazz, New Wave e R&B. La musica dell’artista, difatti trae ispirazione dal funk, dalla poetica del blue mood e da Palermo come contenitore di contaminazione e delle sue storie, da riscoprire soprattutto dal punto di vista linguistico; un teatro dove ogni giorno vengono messe in scena le emozioni che Stabile esprime in musica e parole.

Insieme a Federico Stabile (Voce e Chitarre), al pezzo, registrato a Palermo nell’autunno del 2021 (Indigo Studio) e prodotto da Fabio Rizzo, hanno collaborato: Filippo Migliore (Basso), Giulio Scavuzzo (Drums), Alessio Masi (Tastiere, Synth), Vincenzo Salerno (Sax), Walter Nicosia (Cori). L’utilizzo del basso e dei synth danno un’aria sospesa, quasi onirica. Il ritornello caratterizzato da sonorità importanti, è riprodotto da una serie di strumenti come il sax e la batteria che si amalgamano perfettamente uno con l’altro insieme ai cori. “Grazie a Fabio Rizzo che ha prodotto, registrato e missato il brano, la resa sonora è davvero notevole”, ha commentato il cantante.

Gin Tonic porta con sé tutta una serie di suggestioni emotive più o meno romantiche causate dal cocktail: “Una sbronza sentimentale quando l’alcol diventa lubrificante per le relazioni. Condividere con un’altra persona, qui compagna di bevute, il destino alcolico della serata che può sfociare in amore, ma un amore a tempo determinato. Più precisamente il giorno seguente, a sbronza finita e a mente lucida. Magari con un po’ di mal di testa”, ha affermato Federico.

FashionNewsMagazine ha incontrato il cantante palermitano per scoprire qualche dettaglio in più sulla sua vita e sul suo percorso musicale.

Gin Tonic è il tuo nuovo singolo che parla di come l’alcool possa essere un lubrificante per le relazioni. Quanto di autobiografico c’è in questa canzone? Parli per esperienza personale?

Penso che possa essere considerato un brano totalmente autobiografico. Ho voluto condensare in musica e parole forse uno o più incontri/scontri notturni e tutto ciò che ne deriva: dalle sensazioni amplificate, dal bere insieme agli amori e alle passioni che nascono e si concludono il giorno stesso”.

Il brano presenta un mix di diverse sonorità che vanno dal Nu Jazz al New Wave e R&B. In quale stile musicale il tuo essere artista si sente maggiormente rappresentato?

Non ho uno stile predefinito. Non mi sento molto a mio agio con le etichette. Preferisco prendere elementi da ogni genere e linguaggio e farli andare verso una mia visione di insieme. Penso che questo sia dovuto ai miei ascolti musicali fin da bambino. Ho ascoltato e ascolto tutt’ora veramente di tutto: dal Punk alla Motown, da Leonard Bernstein al French Touch, dallo Choro a Rosalìa”.

Hai iniziato a scrivere e comporre musica di tuo pugno già dal 2014, esibendoti nei locali in giro per la Sicilia e scrivendo testi in siciliano. Che legame hai con la tua terra e soprattutto con la tua lingua d’origine?

La mia lingua è il legame più forte con la mia terra. Riesco a pensare la musica e i testi solo in siciliano. Ma voglio precisare che il mio scrivere in siciliano non è uno scrivere della Sicilia o in qualche modo un revival di un passato glorioso e folkloristico. Io scrivo in siciliano perché lo parlo qui e adesso. Ho la fortuna di avere una famiglia nella quale si parla quotidianamente il siciliano, quindi per me è qualcosa di autentico e viscerale. Poi ovviamente non posso negare che tutta una serie di luoghi, sensazioni, ricordi e persone della mia terra continuano a farmi innamorare di questo posto”.

La musica è la tua passione, la tua vita, insomma possiamo dire che sia parte integrante di te. Ricordi quando hai composto la tua prima canzone? Quale è stato il tuo primo pensiero? Hai sempre voluto diventare un artista?

No, non ho sempre voluto diventare un artista e, per essere sincero questa parola mi mette un po’ a disagio, forse perché le do un significato troppo alto. Preferisco musicista, così mi sento più comodo. Ricordo molto bene quando una persona a me cara mi prestò l’album E Sona Mo’ di Pino Daniele, il live a Cava de Tirreni. Avevo 14 anni. Rimasi folgorato e iniziai a pensare la musica e l’approccio alla chitarra in maniera diversa. Il primo pezzo che ho composto è stato una bossa nova in siciliano e pensai che funzionava molto bene”.

La lingua siciliana, oltre alla musicalità del pezzo, diventa così protagonista, lo strumento prediletto ed essenziale che fa emergere l’intensità e la profondità dei pensieri di Federico Stabile, la quale insieme a ritmi pop e funk porta a compimento atmosfere suggestive e altrettanto riflessive.

Intervista ai Bar Ponderoso: la band dal sound rock made in sud

Intervista ai Bar Ponderoso: la band dal sound rock made in sud

I Bar Ponderoso, la band formata da Luca Anello (batteria), Manuel Bisazza (basso e voce), Rosario Lo Monaco (chitarra), sono tornati con un nuovo album (etichetta Brutture Moderne), “Siamo Tutti Brutti”. “Noi siamo una band che ama la musica suonata con gli strumenti e che quando la suoni sudi parecchio e ti esalti”, hanno confessato gli artisti.

Tra i brani presenti nell’Ep sicuramente si fa notare “Marshmallow”, una sinuosa power ballad gusto frutta che racconta un irriverente e crudo spaccato della società attuale: “Una società già narrata da Oscar Wilde ai tempi della rivoluzione industriale e giunta fino a noi sempre più carica del termine consumismo. Un consumismo alienante sfociato anche in termini relazionali, nel vedere l’altro come un’opportunità, come una mera e confortevole mangiatoia. Tuttavia, è proprio grazie all’amore di un’altra persona che il narratore torna a sognare, proprio per mezzo di quella forza universale che è l’antidoto agli scaffali di un centro commerciale”, ha affermato il trio. Il testo scritto da Manuel Bisazza e Luca Anello, che si è occupato anche della produzione, è stato registrato e mixato da Andrea Scardovi.

I Bar Ponderoso sono un trio rock diretto ed eclettico, che nota dopo nota nelle loro canzoni disegnano un groove elettrizzante e dinamico. Il ritmo è la colonna portante di tutte le loro opere artistiche: “Le melodie e la scrittura a volte nascono prima, ma è principalmente il lavoro sul ritmo che rende le nostre canzoni come le vogliamo”, ha dichiarato la band. Basso distorto, batteria e voce. La band presenta un bel suono compatto, carico e soprattutto a fuoco in cui la sperimentazione la fa da padrona grazie alla ritmica incalzante. I Bar Ponderoso sono anche artefici di un particolare genere musicale da loro nominato “Fresh Stoner”, un misto tra stoner, rock and blues. “Il nostro progetto include la mission di rilanciare un genere musicale che in Italia ha avuto periodi migliori; vorremmo vedere più ragazzi appassionati alla musica suonata e che si emozionano davanti a qualcuno con una chitarra in mano piuttosto che a un microfono con l’autotune”, ha sostenuto il gruppo.

In questo nuovo album le note creano a loro volta un mood musicale fatto di suoni vibranti. Le atmosfere dure e mai banali presentano un’alternanza di momenti cupi a sonorità più leggere e scatenate, racchiudendo al tempo stesso un ritmo trascinante e aggressivo, caratteristico della band, rappresentato da un basso vertiginoso che qui si fa sentire in maniera imponente. Tre artisti, autori di scosse emozionanti e melodia, in un disco che suona il loro fascino da rockers cresciuti con stoner e blues elettrico.

Fashion News Magazine ha incontrato il chitarrista Rosario Lo Monaco per scoprire qualche dettaglio in più sul percorso musicale del trio rocchettaro.

È uscita la vostra ultima opera. Cosa dobbiamo aspettarci da questo album?

Rosario – “L’impatto sonoro è diverso dalle ultime pubblicazioni della band. La costante ricerca musicale e l’ingresso di un terzo elemento (Rosario Lo Monaco alla chitarra) hanno contribuito a questo cambiamento. Abbiamo voluto mescolare ingredienti diversi in modo tale da creare un disco eterogeneo pur mantenendo la firma caratteristica del Bar Ponderoso. “Siamo Tutti Brutti” è un disco Stoner Rock, anche se non mancano le parentesi più morbide”.

La vostra musica è sempre molto creativa, irriverente e dannatamente rock. Quale è il filo conduttore di questo nuovo disco?

Rosario – “Abbiamo lavorato al disco stando attenti a rimanere lontani dagli schemi che il mercato discografico spesso impone, appunto per questo l’elemento comune in tutti i pezzi è proprio la libertà di espressione. Ci sono vari modi per comunicare e noi abbiamo trovato il nostro. Certo, spesso il messaggio non è così diretto, ed è proprio questa la nostra strategia, fare in modo che l’ascoltatore torni ad ascoltare le canzoni e soffermarsi sul messaggio che ti stanno lanciando”.

I testi delle vostre canzoni sono sempre ricchi di significati emozionanti. Quale è il messaggio che volete comunicare con questo album?

Rosario – “L’intero disco è una critica alla società di oggi, una critica che rivolgiamo prima di tutto a noi stessi ma che vorremmo arrivasse a tutti come uno schiaffo morale. Bisogna convivere con le nostre brutture per poterle comprendere e accettarle, solo dopo possiamo lavorarci su per migliorarle”.

Siete siciliani dalla nascita, ma milanesi di adozione. Quali sono le assonanze e le differenze che riscontrate in queste due realtà?

Rosario – “In realtà ci piace l’idea di considerarci cittadini del mondo, già questo ci aiuta a non sentirci adottati. È innegabile che ci siano delle differenze culturali, siamo cresciuti in un contesto molto diverso da quello milanese e certe distinzioni le vediamo con più facilità. È anche vero che l’identità di Milano è talmente influenzata dalle svariate culture che la popolano tanto da smussare sensibilmente queste differenze tra Nord e Sud“.

La formula per i Bar Ponderoso dunque è semplice: basso e batteria, sudore e passione. Un power trio graffiante e dalla semplicità musicale devastante, che suscita la voglia di perdersi dietro ritmi di rock cantato in italiano.

“ESSERE NORMALE”: FREDDO racconta del suo ultimo singolo, tra relazioni spezzate e salute mentale

“ESSERE NORMALE”: FREDDO racconta del suo ultimo singolo, tra relazioni spezzate e salute mentale

Federico Portelli alla nascita, Fred Portelli per gli amici e in arte FREDDO.

Nome creato da un accento londinese che ha aggiunto una “O” in più: “un bell’aggettivo” come ha dichiarato il cantante.

Durante la puntata di mercoledì 4 maggio per “Sempre più in forma green”, in onda su RID 96.8, ho intervistato l’artista FREDDO in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “ESSERE NORMALE”.

Il brano regala un’unione tra musica elettronica e acustica, grazie ad una melodia sofisticata; un vero e proprio viaggio tra i pensieri del cantante, nel ricordo di una persona che ha scelto di togliersi la vita.

Si parla di depressione e salute mentale, di relazioni interrotte e amicizie concluse.

Conosciamo meglio FREDDO!

Cover- ESSERE NORMALE

Ciao Fred, so che chiami da Londra.

Vuoi raccontarci di più del tuo ultimo singolo “ESSERE NORMALE”? Io tra i commenti ho letto: “riesce a disegnare un viaggio emotivo con parole di grande delicatezza e rabbia insieme”. Come riesci a farlo?

Il brano parla di argomenti molto complessi… di suicidio e depressione.

Tre anni fa sono venuto a sapere della morte di una persona che conoscevo e che ha scelto di togliersi la vita. Da lì, in pieno lockdown, ho immaginato un dialogo tra un lui e una lei e da una frase di partenza “che cosa ho fatto di sbagliato adesso”, ho creato l’intero brano.

La canzone non si riferisce a quella storia specifica ma volevo trattare il tema della salute mentale, del quale ancora si parla troppo poco.

Io sono “cintura nera di ansia” e quindi so bene cosa significhi.

FREDDO

Adesso dobbiamo entrare nel privato. Questa è una trasmissione che tratta di ambiente, quindi voglio chiederti quali sono le tue buone pratiche green!

Sono super pronto su questo!

Intanto io abito a Wood Green, quindi più green di così non si può (ride).

A parte gli scherzi…io non guido una macchina da 6 anni. A Londra è facile, perché qua le biciclette sono di uso comune.

Ma soprattutto ci tengo a dire che dieci anni fa, con mio padre, ho piantato 10.000 querce. Sono molto legato alle mie origini marchigiane, quindi tengo molto ai miei luoghi, tanto che il video di “ESSERE NORMALE” è stato girato proprio là, lo scorso gennaio.

Adesso sto lavorando al video di una versione radio dell’album uscito anno-scorso intitolato “Due”, che sarà legato proprio all’ambiente.

 

Grazie a FREDDO, continueremo sicuramente a seguire i tuoi progetti!

Intervista a Chris Obehi: dalla Nigeria a Palermo con la musica nel cuore

Intervista a Chris Obehi: dalla Nigeria a Palermo con la musica nel cuore

Il cantautore Chris Obehi, nigeriano di origine e palermitano di adozione, racconta la sua storia di riscatto nel nuovo singolo “Actions and Consequences”, pubblicato da 800A Records e registrato tra Palermo e Lagos (Nigeria), in occasione del viaggio che dopo sei anni ha riportato Obehi nella propria terra, da cui era migrato nel 2015.

La canzone, prodotta da Fabio Rizzo e mixata da Tommaso Colliva, presenta una forte impronta groove afrobeat, vera essenza del sound di Lagos. “È una canzone sulla Nigeria, un gigantesco Paese senza energia elettrica, una gigantesca nazione senza acqua pulita, un gigantesco popolo senza pace e protezione”, racconta l’artista.

Un brano notevole per la sua qualità dei suoni e degli arrangiamenti, per la sua originalità di scrittura e per la vocalità espressiva del suo interprete, in continua ricerca di un equilibrio tra un mood pop e sperimentale caratterizzato dalla mescolanza e contaminazione di suoni e generi, punto di forza di Chris. Un testo pensato e prodotto all’insegna di una naturale sincerità e di una profonda introspezione che mettono al centro gli aspetti più umani del fare musica. “Credo che la musica possa farsi sentire, far arrivare dei messaggi importanti dritti al cuore delle persone. La musica fa riflettere, può far arrivare lontano delle storie e può dar voce anche a chi una voce non ce l’ha. Ma soprattutto la musica deve sprigionare emozioni”, ha affermato Obehi.

Nel frattempo, è in corso la campagna di crowdfunding (Produzionidalbasso) per la realizzazione di “Back to Motherland”, documentario girato a Lagos dal regista nigeriano Shayo Three, in cui Chris racconta la sua splendida storia di riscatto e libertà, di determinazione e di nuove possibilità, coronata con la realizzazione del suo sogno: ritornare a casa come artista e da essere umano che ha preso in mano la propria vita ed i propri sogni, dopo aver attraversato il mare su una barca piena di migranti, insieme a gente che come lui era in cerca di speranza e di una nuova vita. La storia che ci racconta è quindi materia viva, ricca di emozioni e bellezza. “Sono tornato in Nigeria per produrre nuova musica nella culla dell’Afrobeat, dove tutto è nato. Sono partito con la gioia di rivedere i posti che conosco, la mia famiglia, le persone che ho lasciato, le strade che ho percorso sin da bambino. Sono tornato a casa per un progetto importante come musicista, pronto ad immergermi di nuovo nella cultura da cui provengo, cogliendone tutte le sfumature e le vibrazioni artistiche”, ha dichiarato l’artista.

 

Già al primo sguardo si percepisce che per Chris la musica è davvero come l’aria che respira. “È la mia lingua, il modo di esprimere i miei pensieri e le mie emozioni e per sorpassare la mia timidezza. Sento la necessità di suonare ogni giorno o almeno di essere in contatto con la musica quotidianamente. Quando questo non è stato possibile, come durante il mio viaggio per arrivare in Europa, la musica è stata sempre dentro di me, è stata la mia forza nei momenti difficili”.

Fashion News Magazine ha incontrato Chris Obehi per scoprire qualche dettaglio in più sulla sua vita e sul suo percorso musicale.

La musica è un elemento essenziale nella tua vita. Come nasce questa passione? Ricordi un momento in particolare in cui hai pensato di voler diventare un artista?

La musica è stata presente nella mia vita fin da quando ero piccolo. Mia mamma cantava in un coro gospel in una chiesa della mia città natale, Warri in Nigeria e a mio padre è sempre piaciuta molto la musica reggae (Bob Marley, Peter Tosh, Lucky Dube) e l’afrobeat (Fela Kuti), l’ascoltavamo tutti insieme molto spesso a casa. Mio zio poi suonava il piano in chiesa ed io che sono sempre stato incuriosito dalla musica, ho incominciato così ad imparare il pianoforte, chiedendo a mio zio di insegnarmi a suonare. Piano piano ho incominciato anche io a suonare in una chiesa evangelica per fare pratica, ma in realtà lo strumento che mi attirava di più era un altro: il basso. Non avevo assolutamente idea di come si suonasse, ma un giorno mi sono fatto coraggio e ho chiesto al ragazzo che suonava il basso nella chiesa dove andavo se poteva insegnarmi a suonare. Lui mi guarda e mi dice – Certo! Ma sei disposto a fare questo sacrificio? Non sarà facile! E soprattutto, sei disposto a darmi un piccolo contributo? – E fu così che il contributo che mi davano per suonare il pianoforte in chiesa si trasformò direttamente nel contributo per pagare il mio nuovo maestro di basso. Il basso è diventato il mio strumento principale e piano piano le persone cominciarono a chiamarmi Bass Talker, perché piaceva molto come suonavo il basso, come se facessi parlare il mio strumento. In Nigeria ho poi imparato a suonare percussioni e batteria e quando sono arrivato in Italia ho imparato la chitarra da autodidatta impiegandoci sei mesi. Ho sempre pensato di diventare un musicista e di suonare in una band famosa, ma non avevo mai pensato di creare una band tutta mia e suonare la mia musica. Tutto ciò è diventato realtà al mio arrivo in Italia, dove ho incominciato a cantare e a comporre le mie canzoni, cosa che prima non avevo mai fatto”.

 

Allo stesso tempo questa tua passione per la musica ha comportato da parte tua anche studi e sacrifici. Ti va di raccontaci un po’ il tuo percorso di formazione artistica e musicale?

Disclaimer: io suono ad orecchio, non so leggere la musica, o meglio, sto ancora imparando. Col basso, mi basta sentire una canzone per improvvisare una linea di basso. Per imparare a leggere la musica avevo iniziato a frequentare il conservatorio a Palermo, ma per ora ho dovuto mettere una pausa agli studi. Per quanto riguarda le mie canzoni, creo la traccia strumentale e i testi da solo, per poi lavorarci con il mio produttore Fabio Rizzo di 800A Records. Stessa cosa per i beats del mio nuovo progetto afrobeats, creo io tutto da casa e mi diverto un mondo a farlo. Da quando sono entrato in una casa discografica non è cambiato molto in realtà: scrivo i testi delle canzoni a casa, a volte parto dall’arrangiamento a volte dal testo. Mi capita anche nei momenti più improbabili: sull’autobus, mentre cammino o vado in bicicletta. Se sono preso dall’ispirazione, tiro fuori il cellulare e registro la melodia che ho in testa, canticchiandola, e poi appena arrivo a casa lavoro a quest’idea. Ciò che è cambiato dal 2018 ad oggi è sicuramente dove mi esibisco: se prima facevo molto busking, suonavo per strada sia per avere un sostentamento economico, ma anche per potermi esercitare e far sentire alle persone la mia musica e il mio sound, ora le vie di Palermo sono solo un bellissimo ricordo. Ho avuto la possibilità di esibirmi durante diversi festival: Festivalle ad Agrigento, Mondo Sounds Festival a San Vito Lo Capo, Marranzano World Festival a Catania, Festival Spaziale a Paestum e Afrobrix a Brescia. Il mondo dello spettacolo a causa della pandemia si è un po’ fermato negli ultimi due anni, ma non vedo l’ora di riprendere a fare concerti. Mi manca sentire le vibes della gente, incrociare gli sguardi e i sorrisi del pubblico e creare una bellissima atmosfera tutti insieme”.

Le canzoni di Rosa Balistreri hanno fin da subito attirato la tua attenzione. Cosa ti ha colpito maggiormente dell’artista e che significato ha per te la canzone “Cu ti lu dissi”?

Rosa Balistreri ha per me la capacità di esprimere emozioni vere attraverso i suoi testi e le sonorità delle sue canzoni scritte in siciliano. Raccontano storie appartenenti ad una terra ricca di tradizioni e Rosa era una donna molto forte secondo me, capace di far sentire la sua voce. Ho conosciuto la musica di Rosa Balisteri grazie ad un mio amico, Francesco Riotta, anche lui musicista e fondatore della band Famiglia del Sud. La prima volta che mi ha fatto ascoltare Cu ti lu dissi non riuscivo a togliermela dalla testa, trovo che il Siciliano abbia una sonorità pazzesca. All’inizio non capivo nulla del testo, ero da poco in Italia e capivo a malapena l’Italiano, figuriamoci il Siciliano. Le parole di Rosa però, mi trasmettevano una forte energia e le ho volute imparare, cercando di capire il significato delle sue canzoni. Cu ti lu dissi è una canzona d’amore che porterò sempre nel cuore, le persone non si aspettano di sentire cantare un ragazzo africano una canzone della tradizione siciliana e sicuramente questa mia volontà di cantarla ha sempre suscitato grande stupore e curiosità. Imparare delle canzoni in siciliano per me è stato un gesto d’amore nei confronti della terra che mi ha accolto, un modo per sentirsi parte di questa comunità”.

In Sicilia ti sei sentito accolto, al sicuro, libero di cantare ed esprimerti attraverso le tue canzoni. Quale è il tuo ricordo più bello non appena sei arrivato in questa terra che porterai con te per tutta la vita?

Il ricordo più bello che porterò sempre con me riferito proprio al mio arrivo in Italia è vedere la felicità di un bambino piccolo non appena abbiamo messo piede a Lampedusa. Il suo sorriso, pieno di gioia e gratitudine non me lo scorderò mai. Questo bambino era tra le persone che c’erano insieme a me sul gommone che dalla Libia ci ha portati nel bel mezzo del Mediterraneo prima di essere salvati perché la nostra imbarcazione era in avaria. Questo bimbo durante il viaggio si era accasciato vicino a me, era molto infreddolito e per le sue condizioni di salute non era sicuro che ce l’avrebbe fatta. Viaggiava con la sua mamma, che era sotto shock per l’esperienza che stava vivendo e quando ho visto questo bambino di circa due anni che stava morendo dal freddo, l’ho preso e l’ho stretto vicino a me per il resto del viaggio per cercare di riscaldarlo. Questo particolare ricordo mi ha ispirato a scrivere Non siamo pesci siamo umani, canzone che ho scritto proprio su questa mia esperienza di viaggio verso l’Europa. La canzone l’ho scritta in italiano anche come forma di ringraziamento verso il Paese che mi ha accolto e che ora considero la mia seconda casa”.

Da giovane ragazzo che ha lasciato la propria casa, nella sua amata Sicilia che lo ha accolto con grande calore, Chris è diventato un uomo, maturando umanamente e artisticamente, tanto da esprimersi nelle sue canzoni addirittura in lingue diverse. Così come è stato in grado di attraversare stili e generi musicali, è riuscito ad oltrepassare anche confini linguistici e barriere culturali, diventando ad oggi uno dei migliori giovani artisti in circolazione nel panorama musicale.

Il Martedì delle donne – Francesca Silvi: in radio porto la voce delle donne di oggi

Il Martedì delle donne – Francesca Silvi: in radio porto la voce delle donne di oggi

Il martedì delle donne continua con le interviste alle speaker di RID 96.8 FM, la radio con una squadra tutta al femminile capitanata dalla pink editor Michelle Marie Castiello. Fashion News Magazine incontra Francesca Silvi, che dal lunedì al giovedì dalle 9:00 alle 12:00 racconta le Donne di oggi 4.0

Parlaci di te. Lavoro, amore, famiglia, passioni, progetti.

Sono una mamma cantante che vive di musica e di figli, questo è il mondo.

Hai lavorato come modella per affermati nomi dell’Alta Moda Italiana, coltivi da sempre la passione per la musica. Quante donne hai conosciuto nel tuo percorso professionale?

Ho iniziato a lavorare come modella a 14 anni. Ho lavorato a Roma, Milano, in America, in Spagna. Ero spesso in viaggio, con dietro i libri di scuola, amavo molto studiare. Con la musica ho iniziato prima, avevo 11 anni. Per quattro anni ho studiato chitarra classica, poi un anno di basso e poco dopo sono passata al canto lirico e leggero. Di donne nella moda ne ho incontrate molte, dalle top model degli anni ‘90, periodo in cui ho iniziato, alle agenti di moda e stiliste. Il “sesso femminile” andava per la maggiore, ho sempre avuto con ognuna di loro rapporti sereni e collaborativi, non c’è mai stata competizione con le mie colleghe. Nel mondo della musica, almeno quella che vivo io, disco, funky e soul, i miei colleghi sono quasi esclusivamente uomini. Insomma, ho avuto la possibilità di lavorare con entrambi i sessi ed in entrambi i casi ci sono pro e contro.

Sei autrice e compositrice di musica, attualmente voce di Adika Pongo, prima band italiana distribuita da un’etichetta inglese indipendente, l’Expansion Records. Che cosa rappresenta per te la musica?

La musica è il mio mondo, la mia vita, non potrei immaginarmi a fare nient’altro. È una parte importante di me, ti direi che è il mio cuore ma è anche la mia testa. È talmente viscerale il rapporto che ho con la musica che la sento in ogni fibra del mio corpo, non potrei vivere senza.

 

Parlaci del tuo programma “Donne di oggi 4.0” come e perché questa scelta?

RID 96.8 fm è un meraviglioso progetto colorato di rosa, “Donne di oggi 4.0” è proprio questo, un “contenitore” che racchiude quello che siamo, donne con esperienze diverse, messe a disposizione di altre donne. La scelta non poteva essere che questa. Sono mamma di tre figli e lavoro da molto tempo, conosco la fatica di essere una mamma lavoratrice ma anche semplicemente una mamma.

Chi sono le donne di oggi? Chi sono gli ospiti che racconti ogni giorno ai microfoni di RID 96.8 fm?

Le donne di oggi sono quelle che ogni giorno si impegnano affinché ogni compito sia portato a termine, in ogni ambito, nel lavoro e nella famiglia. I nostri ospiti portano in voce la loro esperienza vissuta, fondamentale perché solo così possiamo sentirci meno sole. Abbiamo associazioni che si impegnano per tutelare i più deboli, coloro che non hanno la possibilità di difendersi da soli, ospitiamo anche donne imprenditrici che lavorano su progetti straordinari. Tutto questo all’insegna dell’inclusione, dello scardinare stereotipi di ogni genere.

Come si comunica in radio l’universo femminile?

In Radio si ha la possibilità di parlare direttamente alle persone che ascoltano, i messaggi arrivano diretti, non filtrati da espressioni che spesso mascherano le emozioni. La radio è uno strumento meraviglioso e parliamo alle donne proprio come lo facciamo nel quotidiano, con comprensione e delicatezza.

 

Che cosa significa per te essere una speaker di RID 96.8 fm?

RID 96.8 fm è una grande famiglia e proprio come avviene nelle grandi famiglie si lavora tutte insieme verso una stessa direzione. Trattiamo i più disparati argomenti in modo che siano fruibili da un vasto pubblico, non facendo mai mancare un po’ di ironia e leggerezza, che non significa superficialità ma sorridere insieme, anche dei nostri difetti. Questa sono io, per me è un dono straordinario poter condividere la mia esperienza e ascoltare storie, siamo quello che abbiamo vissuto e doniamo ciò che abbiamo, questa è una cosa da fare sempre.

C’è una donna che ami prendere come esempio di vita? Chi sono le donne che ti circondano nella tua quotidianità?

Le donne che mi vengono in mente sono due, perché rappresentano le mie due personalità, molto contrapposte. Frida Kahlo, artista controversa e irriverente. Ha vissuto una vita al limite, assaporando il bene ed il male in ogni suo eccesso, senza aver mai paura di un giudizio, soffrendo e amando intensamente. L’altra è Madre Teresa di Calcutta, ha passato la sua vita aiutando gli altri senza risparmiarsi mai. Insomma sono un po’ diavolo un po’ acqua santa. Le donne che ho intorno, mia madre, unica e sempre presente, mi ha donato il forte valore della famiglia che viene al primo posto. Mia sorella, l’altra parte di me, il mio cuore, viviamo in simbiosi e non potrei immaginare neanche un giorno della mia vita senza la sua presenza costante. E poi le mie piccole donne, le mie figlie, parte di me e io parte di loro. Con loro ho imparato ad essere genitore e ancora lo sto facendo.

 Come ti vedi tra dieci anni?

Tra dieci anni mi vedo ancora a cantare e a scatenarmi sul palco!!! A parte questo, il mio sogno è quello di aprire un locale di musica live, logica conseguenza per chi ha fatto live per circa vent’anni. Si, mi vedo così, alla direzione di un favoloso locale!!

 Un consiglio che ti senti di dare a tutte le lettrici di Fashion News Magazine.

La vita è breve, godiamoci ogni attimo, non dobbiamo farci condizionare dal giudizio altrui, sembrerà banale ma più si va avanti negli anni più ci si rende conto che molte scelte che abbiamo fatto, sono state dettate da eventi esterni e non da nostri reali desideri. Quindi viva noi, viva la vita e viva RID 96.8 fm!

KARIMA, la cantante senza filtri: l’intervista radio all’artista per presentare il suo nuovo progetto musicale “No Filter”

KARIMA, la cantante senza filtri: l’intervista radio all’artista per presentare il suo nuovo progetto musicale “No Filter”

“No Filter” è il nuovo progetto musicale della cantante KARIMA, che sceglie di presentarsi in un modo diverso e più intimo, unendo lo stile Jazz a quello pop, in un’innovativa versione acustica.

Karima ha aperto il 25 Marzo, presso l’Auditorium Gazzoli di Termi, la nuova stagione di Visioninmusica, che sin dal 2004 ha visto partecipi alcuni dei più grandi artisti del settore musicale.

L’organizzazione del festival della musica è stata affidata a Silvia Alunni, la quale ha voluto fortemente la grintosa voce di Karima per aprire la nuova stagione.

No Filter è il brano che intitola il nuovo album della performer, prodotto da Aldo Mercurio per Parco della Musica Records e Jando Music, con gli arrangiamenti di Piero Frassi.

Abbiamo avuto la fortuna di intervistare Karima per la Radio RID Radio Incontro Donna 96.8 FM, nella giornata del 23 Marzo, all’interno del settimanale appuntamento “Sempre più in forma Green”, in onda tutti i mercoledì dalle 12 alle 14 e condotto dal nostro Direttore, Barbara Molinario.

Ciao, Karima, siamo entusiasti di ospitarti qua a RID. Oggi vogliamo parlare insieme a te di “No Filter”, il tuo nuovo progetto musicale. Tu ormai è da anni che canti, sin da quando eri piccolissima. Hai fatto della tua passione la tua professione, partendo da Bravo Bravissimo, poi Domenica In ed infine approdando ad Amici. Insomma, ne hai fatta di gavetta prima di arrivare ad aprire un Festival importante come quello di Visioninmusica.

Credo sia una grande fortuna poter mangiare con la propria passione. Si… ne ho fatta tanta di gavetta. Ho cantato per tre anni in un coro gospel, ho fatto musical, ho cantato ai matrimoni di americani, nei night club…etc.

Cantare ai matrimoni è stata la vera gavetta: lì metti alla prova la tua capacità vocale, perché canti dalle tre alle tre ore mezza, non come ad un concerto.

Lo studio è importante ma la vera scuola è il palco. Posso conoscere ogni singola nota, ma se non so relazionarmi con i musicisti e con il pubblico, tutto quello che ho studiato non serve a niente.

“No filter” è il tuo ultimo lavoro, ma voglio comunicare anche un altro dei tuoi ultimi progetti: il tuo vinile, che secondo me potrebbe essere un regalo pazzesco per Pasqua. Ci vuoi dire cosa possono trovare i nostri ascoltatori all’interno del disco?

Il vinile è tornato di moda come i pantaloni a zampa di elefante (ride). È un disco registrato in forma diretta, possibilmente senza filtri, con brani, alcuni cantati da molti anni, altri mai cantati.

È stata una vera sfida, come buttare il cuore oltre l’ostacolo.

Mi sono cimentata in questo progetto con tutta l’umiltà e il rispetto nei confronti degli autori di queste canzoni. Ho reinterpretato questi brani attraverso il mio vissuto e con gli arrangiamenti di Piero Frassi, il pianista con il quale lavoro da 18 anni e che mi conosce molto bene, meglio di me stessa. Ha vestito queste canzoni con le tonalità che più si adattavano alla mia voce.

Karima

Prima di lasciarci, volevo farti un’ultima domanda. Quali sono le tue pratiche green?

Tra le mie pratiche green, ovvero i miei piccoli gesti quotidiani, c’è sicuramente quella di chiudere l’acqua quando ho smesso di usarla. Ad esempio, dico sempre a mia figlia di chiudere il rubinetto quando si sta spazzolando i denti, perché non serve sprecare acqua in più. Sono di origine algerina, quando fa molto caldo e l’acqua scarseggia è veramente brutto. Oltre a questo, sfruttiamo il più possibile la luce del sole così da risparmiare elettricità.

Poi, quello che dico sempre è di sensibilizzare il più possibile gli altri verso i gesti sostenibili. Spesso io e mia figlia, quando siamo al mare, ci muniamo di occhialini e maschera, e ripuliamo i fondali del mare.

 

Direi degli ottimi messaggi, ti ringraziamo per il tuo contributo all’ambiente!

Salutiamo Karima, e le auguriamo tanta fortuna per la sua carriera.

 

 

 

 

Intervista a Ëlle: la cantante siciliana racconta il legame cosmico dell’amore nel suo nuovo singolo “Feels”

Intervista a Ëlle: la cantante siciliana racconta il legame cosmico dell’amore nel suo nuovo singolo “Feels”

La cantante palermitana Ëlle (nome d’arte di Eleonora Meschis), protagonista di “Feels”, singolo dalle sonorità spiccatamente R&B/Neo Soul, racconta una storia d’amore inusuale e il legame cosmico che unisce due innamorati.

La canzone, attualmente disponibile in digitale e in rotazione radiofonica, deve la sua realizzazione alla stessa Ëlle e alla collaborazione di Maria Chiara Bergantin (in arte MaRie). La produzione, inoltre, è stata opera del producer palermitano Yahweh (Giuseppe Billeci). “Penso di aver trovato il giusto equilibrio con gli artisti e i musicisti con cui ho lavorato e questo ha favorito il nostro processo creativo”, ha dichiarato la cantautrice.

“Feels” descrive quello che dovrebbe rappresentare la quinta essenza di una “connessione” che va oltre i canoni ordinari e che sfugge alle leggi della logica. Contemporaneamente però nasconde anche il timore del rimettersi in gioco nelle relazioni e nei rapporti umani. L’amore, la paura, il coraggio, sono questi dunque i sentimenti che l’artista vuole comunicare: un susseguirsi di mood espressi dall’alternanza di linee melodiche e vibrazioni R&B/Soul. “In questo singolo descrivo il conflitto interiore della protagonista della storia: da una parte l’istinto che la porta a percorrere la strada verso l’oggetto del suo desiderio, in una sorta di connessione mistica tra i due amanti, e dall’altra la paura di affogare dentro questo legame cosmico che lega i due. L’intero brano è quasi un crescendo che si risolve in un finale in cui metto a nudo il culmine del percorso di crescita: rimettersi in gioco quando finalmente si vince la paura di innamorarsi nuovamente”, ha raccontato Ëlle.

Ëlle classe 1994, inizia così il suo percorso musicale già da molto giovane, studiando canto, pianoforte e danza, appassionandosi maggiormente, in quest’ultimo campo, ai generi urbani, alla cultura Hip-hop e a tutti i balli caraibici. Per quanto riguarda il mondo della musica, si avvicina sempre più alla Black culture, facendone matrice delle sue forme di espressione artistiche, abbracciando il mondo R&B/Soul e ispirandosi a figure come Mariah Carey, Lauryn Hill, Beyoncè. Nel 2021 esce il suo primo singolo “Ritornerò”, brano introspettivo ed autobiografico, seguito poi a giugno dello stesso anno con il singolo “Bonnie&Clyde” per poi arrivare al traguardo con l’uscita del terzo brano “Feels”.

FashionNewsMagazine ha incontrato la cantante per scoprire qualche dettaglio in più sul suo percorso musicale.

La musica sembra essere stata una certezza nella tua vita già da molto giovane sia con il canto che con la danza. Che significato ha per te?

Si esatto. Sin da piccola per me la musica è sempre stata una certezza, una valvola di sfogo e non solo. I miei due grandi amori, il canto e la danza, mi hanno sempre permesso di esprimere ciò che a voce mi veniva difficile dimostrare e conoscere lati di me stessa che spesso tendo a tenere nascosti”.

Sei nata in Sicilia, la terra del mare e del sole. Quale è il tuo luogo preferito dove ti piace andare quando sei in cerca di ispirazione?

Da inguaribile siciliana ammetto che la figura del ‘mare’ ha sempre avuto il suo fascino per me. Anche in Feels ed in Ritornerò, il mio primo singolo, nascondo dietro questa figura il mio vero stato d’animo. In Feels poi il mare sta a simboleggiare il mondo delle mie emozioni e delle mie relazioni. Spesso mi trovo a scrivere davanti al mare della mia città natale, Palermo. Mi ispira e mi calma”.

“Feels” è un brano che rispecchia perfettamente il tuo background musicale e lo spessore emotivo che caratterizza tutte le tue canzoni. Come ha avuto origine questo singolo?

Feels nasce da una collaborazione artistica tra Yahweh (Giuseppe Billeci) producer palermitano e me. Ascoltando questo beat ho subito iniziato a scrivere e comporre delle Top Line. Lui ha proprio capito il mio stile e quello che è il mio gusto musicale. Da lì poi è stato un crescendo di idee e di emozioni che piano piano hanno preso forma. Il pezzo è sicuramente influenzato dalla R&B old school, ma in una nuova chiave del tutto inedita”.

La nascita di “Feels” ha visto la collaborazione di Maria Chiara Bergantin (in arte MaRie). Quanto è stato importante il suo contributo per la realizzazione del pezzo?

L’aiuto e la collaborazione con MaRie sono stati davvero fondamentali. Mi ha aiutata ad esprimere al meglio la storia che fa da protagonista nel testo di Feels. Il fatto che oltre ad una stima professionale reciproca ci sia anche un rapporto di amicizia ha solo facilitato il processo creativo, facendo sì che non ci fossero imbarazzi e che ogni cosa fosse al posto giusto”.

Ëlle con la sua nuova uscita ha dimostrato così di aver sviluppato una notevole maturità musicale, continuando la corsa verso il suo sogno e la sua realizzazione artistica.

Nunzia De Girolamo brilla negli abiti firmati Luigi Borbone

Nunzia De Girolamo brilla negli abiti firmati Luigi Borbone

Dal 12 Febbraio, Nunzia De Girolamo presenta Ciao Maschio, programma in seconda serata su Rai 1. Diamo un’occhiata agli outfit della presentatrice e della coppia che ha caratterizzato le serate, le Karma B

Gli outfit di Nunzia De Girolamo

Durante l’ultima puntata di Ciao Maschio, Nunzia De Girolamo ha optato per un little black dress con maniche a tre quarti e lunghezza appena sopra il ginocchio con spacco. Ha accessoriato il look con un girocollo e delle pumps nere classiche.

É la maison Luigi Borbone a vestire Nunzia de Girolamo per “Ciao Maschio” su Rai 1. Luigi Borbone descrive questa collaborazione come “un sogno che si realizza”, dato che “Nunzia è una donna donna straordinaria, di talento, elegante e coraggiosa, rappresenta in pieno l’ideale della donna che indossa le mie creazioni”.

Il primo outfit di Borbone indossato dalla De Girolamo é composto da una camicia in chiffon di seta color zinco con un plastron impunturato a mani e un pantalone crepe cady in seta color giallo oro. I colori che vengono scelti per Nunzia De Girolamo sono sempre sobri ed eleganti: da un total red ad un black&white, senza mancare mai di originalità e novità.

Karma B : la coppia che spicca

Gli outfit colorati ed eleganti di Nunzia De Girolamo non sono gli unici a spiccare. Non possiamo non nominare, infatti, anche quelli chic e scintillanti delle Karma B. Le cantanti drag non illuminano la serata solo con le loro voci. Importante per i loro abiti la collaborazione con Balls Mania, per quanto riguarda gli accessori, mentre l’azienda americana Pleaser Shoes per le scarpe. I colori degli abiti sono eccentrici, ma non sfociano mai nel volgare.

Dal profilo Instagram delle Karma B abbiamo potuto riguardare gli outfit della scorsa settimana. In questo look protagoniste assolute le frange, accompagnate da piume e paillettes che formano un disegno peacock. Il look è stato curato da K.B. Project con accessori Balls Mania. 

Raffaele Renda racconta a FNM il suo nuovo singolo “PUMA”

Raffaele Renda racconta a FNM il suo nuovo singolo “PUMA”

Dopo l’uscita del suo primo Ep, “Il sole alle finestre”, Raffaele Renda torna al lavoro con un secondo album, anticipato dal nuovo singolo “PUMA”, disponibile in radio già dal 17 dicembre 2021. “PUMA” rappresenta la confusione di due persone in una relazione sentimentale, lo stato d’animo di chi ha la paura di esprimere il proprio interesse e per questo si rincorre senza lasciarsi mai andare davvero. Il brano segna un cambiamento nelle sonorità tipiche di Raffaele, che per questo progetto ha deciso di abbracciare ritmi più pop/urban. Spiega l’artista a proposito della nuova release:

«Con “PUMA” volevo arrivare a descrivere il gioco pericoloso che si crea quando l’orgoglio si mischia con il sentimento. Parla di un amore a senso unico, che non viene ricambiato al cento per cento. Rappresenta il filo conduttore con il mio precedente lavoro. Fa parte del mio progetto creativo stilistico e musicale che mi porta alla ricerca di una personalità in continua evoluzione».

Raffaele Renda è un artista calabrese. All’età di 16 anni partecipa a Sanremo Young su Rai1 e arriva in finale classificandosi al secondo posto. 

Successivamente si esibisce nella 68esima edizione del Festival di Sanremo, su Rai1, insieme ai ragazzi di Sanremo Young.  Studia canto da oltre dieci anni, spiega il cantante:

«Nasco in un paese della Calabria, convincere le persone di ciò che volevo diventare è stata sempre una lotta. La mia voglia di fare musica mi ha fortificato ed è cresciuta con me negli anni, è stato un continuo voler dimostrare a me stesso che potevo farcela. Dopo Sanremo Young ho iniziato a sentire l’esigenza di scrivere i testi delle mie canzoni».

Dopo l’esperienza a Sanremo, Raffaele ha preso parte all’ultima edizione di Amici, arrivando alle fasi finali del programma: «Grazie al programma Amici di Maria De Filippi ho avuto la possibilità di far ascoltare a tutti i miei pezzi. Ѐ stato un bel trampolino di lancio, lo sognavo da tanto, mi ha portato in poco tempo ad una crescita intensa, dovuta ai ritmi serrati della scuola e della televisione».

Intervista a Peter Torelli: da band ad artista solista, ma pur sempre Naftalina

Intervista a Peter Torelli: da band ad artista solista, ma pur sempre Naftalina

Peter Torelli, in arte Naftalina, fa il suo ritorno nel mondo musicale. Voce e fondatore dell’omonima pop punk band italiana che ebbe successo tra la fine degli anni novanta e inizi del duemila, il musicista di Forlì pubblica il suo secondo singolo da solista “Betta 96”.

Il brano è una dedica alla bassista dei Prozac+, Elisabetta Imelio, scomparsa nel febbraio 2020:

Sentivo che dovevo scrivere di lei, avevo bisogno di esternare il dolore. Il suo ricordo è vivido in me e questa canzone è il mio modo di renderle omaggio“, ha affermato il cantante. Il brano è anche un tributo ai Prozac+, alla band e all’amicizia che ha legato Peter a loro. “Fin da subito divenni un loro grande fan, poi un amico, seguendoli nei loro concerti in giro per l’Italia. Il testo di questo nuovo brano attraversa l’atmosfera di uno dei loro concerti a cui partecipai il 12 aprile del 1996 a Ravenna, ma anche di una giornata tipica del gruppo di Pordenone in tour, sempre in viaggio su un Van: i vari preparativi, dallo scarico del furgone, al soundcheck, e ovviamente al ricordo di Elisabetta Imelio al basso, sempre super energica e positiva, con il suo stile inconfondibile sul palco, tra salti e sorrisi e l’inesauribile voglia di parlare a fine concerto con i propri fans. I Prozac+ furono il progetto musicale più innovativo e brillante di quegli anni novanta in Italia, portarono sulla scena musicale nostrana una vera e propria ventata d’aria fresca raggiungendo il loro apice con Acido Acida, la hit che fece storia fino a diventare una canzone cult tutt’ora suonata ovunque”, ha confessato l’artista romagnolo.

Il cantante e chitarrista abbandona definitivamente il genere pop-punk che lo ha contraddistinto per anni, ricercando nuove sonorità più cupe, un sound emotivamente più triste, ricco di atmosfere malinconiche circondate da pianoforti, violini e synth. Insomma, un nuovo modo di fare musica, lontano dai successi dei primi anni duemila che aveva portato la band forlivese in un tour di settanta date, sul palco insieme a Litfiba, Luna Pop, Mario Venuti, Prozac+.

Naftalina di oggi è un uomo adulto che scrive e compone per esprimere se stesso. Il singolo, difatti, anticipa l’uscita del primo album da solista: “È un disco che ho scritto durante la pandemia, lontano dal pop funk dei Naftalina band. Io sono cambiato e scrivo in maniera diversa. A quarant’ anni non puoi scrivere le stesse cose che scrivevi a venti, anche i suoni sono diversi. In Betta 96 ci sono gli archi, ad esempio, è una musica più tranquilla, più pensata“, ha dichiarato Peter. Musica, testo, arrangiamenti, voce, piano, chitarra, basso sono di Peter Torelli. Hanno collaborato David Sabiu alla batteria, Riccardo Faedi alla chitarra acustica. Nel brano è presente il Quartetto d’archi dell’orchestra sinfonica di Parma: I violino, Cesare Carretta; II violino, Michela Zanotti; Viola, Aldo Maria Zangheri; Violoncello, Anselmo Pelliccioni.

FashionNewsMagazine ha intervistato Peter Torelli per scoprire qualche dettaglio in più sulla sua vita e carriera musicale.

È iniziato un nuovo capitolo nella tua vita, hai deciso di cambiare completamente aria con una nuova partenza. Che cosa ti ha spinto a ripartire questa volta?

In realtà la composizione musicale ha sempre riempito le mie giornate, quindi non è proprio una ripartenza. Diciamo che durante il primo lockdown ognuno di noi ha avuto tantissimo tempo per coltivare le proprie passioni ed io ho scritto un disco solista visto che non c’era modo di fare prove o confrontarsi con altri musicisti”.

Quest’anno uscirà il tuo primo album da solista. Come definiresti il tuo nuovo stile musicale rispetto a quello precedente dei Naftalina?

“È un disco Elettro Pop, abbinato a pianoforti e un quartetto d’archi (orchestra sinfonica di Parma), qualcosa che per i Nafta non avevo mai scritto. È stato molto stimolante con tutti questi arrangiamenti da incastrare. Non ero mai uscito dalla classica formazione a tre (chitarra basso e batteria)”.

Sei stato voce e penna dei Naftalina per molti anni e ancora adesso continui a scrivere e cantare canzoni. Come avviene il processo creativo dei tuoi brani?

Alla Adriano Celentano: prendo la chitarra acustica, faccio note a caso e canto in finto inglese una melodia. A quel punto inizio ad arrangiare sempre di più senza esagerare, e per ultimo scrivo il testo. Una canzone nasce in cinque minuti o non nasce. Tutto il resto va nel cestino”.

Sei stato il fondatore del gruppo dei Naftalina, lasciando un segno nella storia della musica italiana. Quale è il ricordo più bello del periodo in cui hai fatto parte della band che non dimenticherai mai?

Fondamentalmente è stata la possibilità di conoscere artisti molto più famosi di noi, di poterci parlare, condividere il palco con queste persone che si sono dimostrate sempre molto umili, una qualità importantissima per arrivare alle proprie mete. Venti anni fa ti avrei risposto diversamente, ma eravamo come in quel film del 1994 Giovani, Carini e Disoccupati”.

Canzoni melanconiche e introspettive quelle che caratterizzano il nuovo progetto musicale di Peter Torelli, che non rinuncia però a ritmi diretti, senza fronzoli, con l’ironia e la semplicità che rappresentano lo stile del cantante già dagli esordi dei Naftalina. Un’artista, però ad oggi, con una maturità più consapevole e risoluta in grado di confrontarsi e competere orgogliosamente nel moderno e attuale panorama musicale.

“ Lampadino e Caramella ”: il cartone animato per “tutti” i bambini

“ Lampadino e Caramella ”: il cartone animato per “tutti” i bambini

Da sempre Fashion News Magazine ed il suo direttore Barbara Molinaro sostengono la nuova iniziativa del programma “ Lampadino e Caramella nel Megiregno degli Zampa ”, un cartone che abbatte gli ostacoli.

“ Lampadino e Caramella “ : Di cosa parliamo?

È il tipico cartone per bambini che, guardato con un occhio adulto, fa sorridere. È un tv cartoon che finalmente fa tirare un sospiro di sollievo a tutte quelle famiglie formate da persone con disabilità. Con la tecnica cartoon able, la serie permette l’intrattenimento e il divertimento anche a bambini sordi, ciechi, ipovedenti e con disturbi dello spettro autistico. 


La produzione nasce dopo due anni di lavoro. La lunghezza del lavoro è sicuramente in parte dovuta anche alla lingua dei segni italiana (LIS) che si trova all’interno del cartoon, lingua utilizzata in simultanea grazie alla tecnica Cartoon Able. Nonostante sia una tecnica innovativa, rimane coerente con la grafica, non risultando invasiva.

Chi ha preso parte al progetto? 

Il progetto abbraccia molte figure, dallo sport alla tv, che si riflettono nei personaggi stessi. Amadeus, per esempio, da voce a “Armadillus” e “Bruno Canguro” è invece Bruno Vespa. La voce narrante è quella di Giuseppe Zeno.

Il progetto é stato capace di ottenere un contributo economico del Ministero della Cultura, a seguito anche della sua posizione occupata per il Premio Unicef 2020. Grazie al suo impegno per l’inclusione e l’accessibilità, occupa la sua meritata posizione nella 24esima edizione del “Cartoons on the Bay”. 

Dove lo puoi trovare?

La serie, prodotta da Raffaele Bortone e Andrea Martini per Animundi S.r.l, è disponibile sul canale Rai Yoyo ed anche su Rai Play. È stata eseguita in collaborazione con Rai Ragazzi ed è formata da venti episodi. É in onda tutti i giorni dalle 8.45 alle 18.20 e ha festeggiato un po’ il San Valentino, essendo in onda dal 14 Febbraio 2021. La visione, inoltre, si può dire consigliata a tutti, dati sopratutto i successi passati: con picchi di oltre 300.000 spettatori, supera infatti ogni record su Rai Yo-yo!

Aspettando gli Oscar 2022: tutte le donne in nomination

Aspettando gli Oscar 2022: tutte le donne in nomination

Manca ancora più di un mese ma si sente già aria di Hollywood. Si, perché dopo il successo del 2021 la notte degli Oscar arriva il 27 Marzo al Dolby Theatre di Los Angeles. Le nomination, uscite da pochissimo, sono già ovunque sul web. Ma noi abbiamo voluto approfondire il lato femminile della “faccenda”.

Cominciamo però da una curiosità: sapete chi è l’attrice che ha vinto più Oscar in assoluto? Si tratta di Katharine Hepburn, con ben quattro statuette. Seguita da Ingrid Bergman, Meryl Streep e Frances McDormand tutte con tre statuette sullo scaffale di casa (che non sarà sicuramente di Ikea).

Avete già fatto la vostra previsione riguardo le candidature di quest’anno? Tifate per qualcuno? Noi abbiamo le nostre preferenze,e tifiamo per più di una… ma aspetteremo lo svolgersi degli eventi.

Chi sarà la migliore attrice protagonista della notte degli Oscar 2022?

Jessica Chastain – Gli occhi di Tammy Faye

È la terza nomination per l’attrice, che ha vinto un Golden Globe nel 2013 per Zero Dark Thirty e tre Critics’ Choice Movie Award. L’attrice di Sacramento, viene ricordata per la sua interpretazione ne The Three of Live e The Help.

Olivia Colman – La figlia oscura

Nel 2019 ha vinto l’Oscar come Miglior Attrice per “La Favorita”. Questa è la sua terza candidatura. Ha vinto due Golden Globe, tre BAFTA ed un Emmy Award.  È nota ai più per la sua interpretazione della Regina Anna di Gran Bretagna nel film “La Favorita” e, più recentemente, per The Crown dove veste i panni della regina Elisabetta II.

Penélope Cruz – Madres paralelas

Per la bellissima Penelope è la quarta candidatura agli Oscar, dopo aver vinto quello come Miglior Attrice non Protagonista per Vicky Cristina Barcelona. Ha vinto, fra gli altri, anche un premio BAFTA, un David di Donatello ed una palma d’oro al Festival di Cannes. La sua fama è legata a diverse pellicole di Pedro Almodovar e Woody Allen.

Penelope Cruz al Festival del Cinema di Venezia

Nicole Kidman – Being the Ricardos

L’attrice australiana è candidata per la quinta volta dagli Academy, dopo aver portato a casa il titolo di Migliore Attrice nel 2003 per la sua magistrale interpretazione di Virginia Wolf nel film The Hours. Fra i tantissimi premi vinti, ben cinque Golden Globe, un BAFTA e due Emmy. Un film rappresentativo? Sono tantissimi, ma la ricorderemo sempre per ruoli ormai iconici come quelli di Moulin Rouge, Eyes Wide Shut, The Others e naturalmente il sopracitato The Hours dove è praticamente irriconoscibile!

Kristen Stewart – Spencer

È la prima candidatura per l’attrice agli Oscar, che in Spencer veste i panni dell’amatissima Lady Diana. Ha portato a casa un BAFTA, due People’s Choice Awards, sette MTV Movie Awards e ben nove Teen Choice Awards. Naturalmente la sua fama è legatissima al successo della saga di Twilight, ma l’attrice sta lavorando sodo per scrollarsi Bella Swan di dosso.

Kristen Stewart nei panni di Lady Diana

Chi sarà la Miglior attrice non protagonista?

Jessie Buckley – La figlia oscura

Prima candidatura agli Oscar per la giovane attrice nota per i film Judy e A Proposito di Rose.

Ariana DeBose – West Side Story

Anche per Ariana DeBose è la prima candidatura agli Oscar. La cantante e ballerina, è entrata nel mondo dello spettacolo con la partecipazione al reality So You Think You Can Dance, per poi sbarcare a Broadway. La sua interpretazione di Anita nella nuova versione di West Side Story diretta da Steven Spielberg le ha già portato un Golden Globe.

Judi Dench – Belfast

È l’ottava candidatura all’Oscar per l’iconica attrice, che aveva vinto la statuetta nel 1999 con la sua strabiliante interpretazione della Regina Elisabetta I nel capolavoro di John Madden, Shakespeare in Love. La sua carriera si svolge prettamente sul palco del teatro, precisamente per la Royal Shakespeare Company, ma dalla metà degli anni ’80 approda sul grande schermo, con una filmografia sterminata che arriva fino ai nostri giorni.

Semplicemente iconica, Judi Dench sul set di Shakespeare in Love

Kirsten Dunst – Il potere del cane

È la prima volta che Kristen Dunst è fra le nomination degli Academy Awards, dopo tante, tantissime pellicole. La ricordiamo fin da bambina, una enfant prodige che ha saputo affiancare in modo brillante attori del calibro di Tom Cruise e Brad Pitt; o ancora il rimpianto Robin Williams in Jumanji. Da adulta, la associamo alla trilogia di Spiderman, ma anche alla sua splendida interpretazione di Maria Antonietta nel film di Sofia Coppola.

Una giovanissima Kirsten Dunst con Brad Pitt nel film Intervista col Vampiro

Aunjanue Ellis – King Richard

Prima candidatura anche per l’attrice di San Francisco, che abbiamo conosciuto grazie alla pellicola premiata The Help. Il volto non vi è nuovo, vero? Certo! L’avete vista su Quantico, NCIS: Los Angeles, The Good Wife, The Mentalist ed in altre serie TV.

Sarà una donna a portarsi a casa il premio Oscar per la Miglior regia?

Unica donna in nomination come Miglior Regia è Jane Campion con la pellicola Il potere del cane. È la sua quinta candidatura all’Academy, dopo aver vinto la statuetta nel 1994 per la Migliore Sceneggiatura Originale del film Lezioni di Piano. Lo stesso lungometraggio, l’ha portata fino a Cannes dove le è stata consegnata una Palma d’Oro. “Il potere del cane” è un film distribuito da Netflix che si è già aggiudicato il Leone d’Argento al Festival di Venezia e due Golden Globe.

 

Chissà… magari fra queste tre musiciste ci sarà il prossimo premio Oscar 2022…

“Be Alive” – Beyoncè (King Richard)

È la prima volta che una canzone di Beyoncé riceve una nomination agli Oscar. Dopo 28 Grammy Awards ed una serie infinita di altre statuette prestigiose, la Queen Bee arriva agli Academy! Beyoncè si è più volte “infiltrata” nel mondo del cinema. Dagli esordi, con le Destiny’s Child, la cui canzone Indipendent Woman fece da colonna sonora al film Charlie’s Angels. Poi, approda sul grande schermo nella pellicola Dreamgirls, che ripercorre in modo fantasioso la carriera delle Supremes e di Diana Ross. La sua migliore interpretazione è però quella di Etta James nel capolavoro Cadillac Records.

Beyoncè interpreta Etta James nel film Cadillac Records

“No Time to Die” — Billie Eilish (No Time to Die)

Primissima nomination per Billie Eilish, che però non è di certo nuova ai riconoscimenti. Grammy a parte, sapevate che è entrata due volte nel Guinness dei primati? La prima volta per essere stata l’artista femminile con il maggior numero di entrate in contemporanea nella Billboard Hot 100 e la seconda volta per essere la donna più giovane al primo posto della Official Album Chart.

“Somehow You Do” — Diane Warren (Four Good Days)

Il nome non vi dice nulla? Eppure se iniziassimo a canticchiare qualcuna delle canzoni da lei composte suonerebbe senz’altro più di un campanello. È l’autrice musicale donna più prolifica al mondo, i suoi brani sono presenti in più di 70 film. Qualche esempio? Armageddon (si proprio la super hit degli Aereosmith I don’t want to miss a thing), Pearl Harbor, Burlesque o Ghostbusters. Volete sapere quali artisti hanno cantato le sue canzoni? Vene diciamo solo alcuni: Aretha Franklin, Whitney Houston, Tom Jones, Eric Clapton, Ringo Starr, Cèline Dion, Beyoncè, Cher, Rihanna… e perfino i Kiss!!  È la sua dodicesima candidatura all’Oscar, ma statuetta o meno… a lei cosa cambia con un curriculum del genere?

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A conclusione del Festival di Sanremo, la classifica dei migliori look stilata con Pablo Gil Cagnè

A conclusione del Festival di Sanremo, la classifica dei migliori look stilata con Pablo Gil Cagnè

Ed anche questo Festival di Sanremo è andato…

Complessivamente, ci spiace dirlo, il livello dei look è stato incredibilmente basso. Avevamo grandi aspettative, soprattutto nei confronti di certi brand iper iconici che sapientemente vestono le dive di Hollywood per i red carpet più importanti del mondo. È come se lasciassero gli “scarti” per Sanremo. E questo non ci piace. Sanremo, uno degli eventi più importanti d’Italia, dovrebbe brillare in fatto di moda. Si dovrebbe esprimere il gusto raffinato della nostra penisola e la lunga tradizione sartoriale che portiamo avanti con fierezza. Ma, come sempre, siamo pieni di fiducia per la prossima edizione, perché dopo le clamorose critiche lette su tutte le testate specializzate e non, magari si aggiusterà il tiro.

Parola all’esperto: Pablo Gil Cagnè

Anche per questa edizione del Festival di Sanremo, abbiamo avuto il grande piacere di ospitare in redazione il visagista di fama internazionale Pablo Gil Cagnè, che ha commentato con noi tutti i look visti sul palco dell’Ariston. Severo ma giusto. Sentire i commenti di un professionista come lui è di grande stimolo… c’è tanto da imparare, sempre. Insieme a Pablo, abbiamo stilato una classifica dei migliori outfit.

I migliori look femminili del Festival di Sanremo 2022

Primo Posto: Noemi, vestita da Alberta Ferretti, non ha proprio sbagliato un colpo. I suoi outfit sono sofisticati, sensuali ed eleganti. Perfetti per l’occasione. Le silhouette studiate alla perfezione per risaltare la sua figura. Senza strafare, ma senza cadere nella noia. Ottimo lavoro!

Secondo Posto: Ditonellapiaga era in perfetta armonia con Donatella Rettore. Si è giocato di stravaganza senza scadere nel carnevalesco. Il suo completo firmato Philosophy di Lorenzo Serafini con pantalone palazzo a vita alta è un look evergreen sapientemente riportato nell’epoca contemporanea grazie al crop top a contrasto cromatico.

Terzo Posto: Drusilla Foer ha lanciato un messaggio che sosteniamo al 100%. Ha dato spazio alle piccole realtà sartoriali con le creazioni di Rina Milano e Rossorame. Il suo abito drammatico in raso total black è super-wow!

I migliori look maschili del Festival di Sanremo 2022

Primo Posto: Blanco e Mahmoud, rispettivamente vestiti da Valentino e Burberry, dettano i diktat della moda contemporanea maschile. Gender fluid, sartorialità ed un pizzico di romanticismo.

Secondo Posto: Tananai, con il suo outfit The Nick porta sul palco rock, grinta ed eleganza. Il suo blazer delavè è un capo musthave.

Terzo Posto: Achille Lauro si ridimensiona. Adesso che gli eccessi eccessivi sono stati messi da parte, emerge una figura più “cresciuta” un uomo che ama il completo e lo sa portare con grande eleganza. Fedelissimo al designer Alessandro Michele di Gucci.

Premio speciale al miglior make up:

Ditonellapiaga ha optato per un beauty look retrò, ma sempre vincente. Protagonista diventa la bocca, con il rossetto Smashbox. Sugli occhi, una riga di eye-liner che enfatizza lo sguardo in modo naturale. Il look è stato curato dal make up Artist Daniele Peluso.

Premio speciale al peggior make up:

La rappresentante di Lista ha toppato alla grande con le bleached brows ed uno smokey super-pesante che le indurisce i tratti del viso. Farà meglio la prossima volta?

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“12 O’ clock” è il cortometraggio di Sajad Soleymani che al Digital Media Fest ha vinto il Premio Speciale

“12 O’ clock” è il cortometraggio di Sajad Soleymani che al Digital Media Fest ha vinto il Premio Speciale

Sajad Soleymani, regista, autore e produttore Iraniano, vince il premio speciale “Digital Media Fest Award” con il suo cortometraggio 12 o’clock. La trama racconta di una donna, Sadaf, interpretata da Nazanin Keyvani, che sta per divorziare. Il giorno in cui dovrebbe andare in tribunale con il marito prende una decisione inaspettata che la porterà a compiere un atto inaspettato che coinvolgerà anche il piccolo figlio.

Un successo per questa prima opera di finzione del giovane autore, che in passato si è cimentato nella scrittura di documentari. 

Il direttore del Digital Media Fest, Janet De Nardis ha avuto il piacere rivolgergli una piccola intervista per avere il suo punto di vista, in quanto autore straniero proveniente da una realtà indubbiamente diversa dalla nostra.

I webfest offrono all’opera l’opportunità di girare nelle sale di tutto il mondo. Che ruolo hanno i festival nella possibilità di un riconoscimento della propria opera del momento?

Se consideriamo un film come un prodotto, i festival svolgono una funzione fondamentale, in particolare per i film indipendenti. Grazie ai festival i film indipendenti hanno una possibilità di crescita, ma negli ultimi anni abbiamo assistito a strani giochetti di alcuni festival che hanno danneggiato il flusso del cinema indipendente in generale.  Per i film indipendenti i festival sono come i reparti di rianimazione cardiopolmonare degli ospedali. La mia speranza è che i buoni festival vengano promossi in tutto il mondo.

Qual è stata la soddisfazione più grande che ha avuto grazie al Digital Media Fest Award?

Tutti gli sforzi che faccio mi portano a godere del processo di realizzazione del film e lo faccio di tanto in tanto. La cosa più essenziale che il film mi offre è l’opportunità di creare i miei momenti.
Come se fossi un pittore o un musicista. Per me, i giorni delle riprese sono come suonare le note in un brano musicale. Oppure immagino di fondere i colori in un’immagine.
Questo film mi ha ricordato quanto è bella la vita e quanto posso apprezzarla.

Quali sono i suoi progetti per il futuro? Ha delle nuove opere in produzione?

Sì, sto lavorando a un documentario. Stiamo anche lavorando a un cortometraggio di finzione e, come sempre, cerchiamo finanziamenti per completarlo.

Digital Media Fest

Secondo lei cosa cosa è urgente raccontare in questo periodo?

La cosa più importante di cui abbiamo bisogno in questi giorni è l’umanità, ed è attraverso questa che l’uomo conosce se stesso. Dobbiamo parlare di più di questi problemi, raccontare storie su noi stessi e su come possiamo migliorare come persone
Semplici racconti introspettivi. Grazie al Digital Media Fest. Essere parte del vostro evento mi rende orgoglioso.

Leggi qui per altre info sul Digital Media Fest.

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Sanremo 2022 – tutti i look del Festival commentati da Pablo Gil Cagnè

Sanremo 2022 – tutti i look del Festival commentati da Pablo Gil Cagnè

Dopo l’austero Sanremo in zona rossa dello scorso anno, le poltrone dell’Ariston si riempiono di nuovo… e la magia del Festival ha inizio!

Nonostante il peggio sia passato, le misure di sicurezza continuano a rendere la normalità meno normale: i cantanti isolati, le prove iper blindate e tamponi come se piovessero. Del resto, come ha detto Amadeus “Non esistono piani B”.

Guardare il Festival di Sanremo con Pablo Gil Cagnè è la nostra tradizione

In redazione è ormai un appuntamento fisso: il visagista di fama mondiale Pablo Gil Cagnè, con la sua grande esperienza e frizzante simpatia, ci accompagna nei commenti ai look visti a Sanremo. Come sempre, Pablo, mantiene il suo aplomb: severo ma giusto… anzi giustissimo. Diamoci sotto con i commenti!

Francesco Scognamiglio veste Ornella Muti

Ha detto “no” a Giorgio Armani (ne ha parlato il nostro direttore su B Magazine, clicca qui!), ma “si” a Francesco Scognamiglio che concepito per lei due favolose creazioni di Haute Couture.

Una scelta, quella della Muti, non solo estetica ma anche etica dal punto di vista ambientale: le creazioni di Francesco Scognamiglio sono realizzate con tessuti sostenibili.

Il primo abito, in seta naturale colore nude, è interamente rivestito di cristalli Swarovski, uniti ad un’esplosione di cristalli in 3D sulle coppe della scollatura.

Sul beauty look, sentiamo il parere di Pablo: “Secondo me era un po’ troppo accessoriata. La sua bellezza non necessita di tante cose. A tal proposito mi viene in mente il celebre aforisma di Coco Chanel: ‘Prima di uscire guardati allo specchio e togli qualcosa’. Ornella Muti è una bellissima donna, aiutata anche da qualche sapiente ritocco. Gli occhiali nascondevano i suoi bellissimi occhi, quindi ha puntato su labbra rosse”.

Il battesimo di Achille Lauro

Questo pantalone di pelle, un po’ in stile Jim Morrison non ci colpisce. Ma chissà cosa avrà in serbo per noi durante le prossime serate di Sanremo. Pablo è perplesso: “Non amo la contaminazione di elementi sacri con quelli profani. Forse appartengo ad una generazione in cui il rispetto delle differenze, delle religioni, delle idee è al primo posto e sbatterle così, per fare spettacolo, non è qualcosa che gradisco. Achille ha spiegato significato del battesimo sul palco dell’Ariston con diversi post su Instagram, dove fa riferimento alla madre”.

Ecco… e noi aggiungiamo che questa cosa “ci turba”. Ogni anno, Achille Lauro si premura di spiegarci la simbologia dei suoi look su una bella caption pubblicata su Instagram. Ma da quando un artista ha bisogno di spiegarsi? E perché mai dovresti farci una lezioncina? Forse non crede che il pubblico italiano sia così intellettuale. O forse è solo un po’ presuntuoso. 

Il momento etereo di Noemi

Un abito neoclassico in pieno stile Alberta Ferretti. Questa la scelta di Noemi a Sanremo: semplice, ma efficace. Pollice in alto per la cantante, anche secondo Pablo: “Make-up perfetto. Mi è piaciuto molto l’eye-liner declinato nel colore burgundy”.

Massimo VS Gianni

Due attempate icone della musica italiana che fanno un grande ritorno sul palco di Sanremo. Gianni Morandi, eterno giovanotto (il nostro Paul McCartney), in Giorgio Armani. Più serioso Massimo Ranieri, in Versace.

“Trovo che Gianni sia molto elegante”, commenta Pablo, “l’ho preferito a Massimo Ranieri che è stato meno incisivo e più classico nel suo look”.

Barbie Rappresentante di Lista

Coroncina e look garçonne a Sanremo per La Rappresentante di Lista, in outfit Moschino. Pablo non sembra affatto colpito: “Lei sembra una Barbie bleached. Purtroppo devo dire che il make-up è veramente senza arte né parte e lei sembra un tutt’uno con i capelli. Inoltre, le lunghezze non aiutano affatto lo slancio della gamba. Il parrucco è davvero trascurato”.

La giacca di Michele Bravi è davvero top

“La giacca disegnata da Fausto Puglisi per Roberto Cavalli è molto in tema con la canzone” commenta Pablo… e noi siamo assolutamente d’accordo. Abbiamo notato una straordinaria somiglianza fra l’hai styling di Michele Bravi e quello di Michael Jackson negli anni ’80… da Michael a Michele.

A volte ritornano: i Maneskin

Nelle loro due apparizioni, i Maneskin compaiono super dandy, vestiti Gucci dalla testa ai piedi. Pablo: “I Maneskin si confermano come lo scorso anno glam rock. Il make-up e outfit sono in perfetta sintonia”. 

Valentino e Prada accompagnano Blanco e Mahmood

È sempre bello indossare un mantello sul palco. Noi siamo team-mantello. Ma Pablo ha qualche appunto: “Il look di Mahmood mi piace (anche se non è di certo un outfit da sera), ma non dialoga con quello di Blanco”. 

La Ariana Grande nostrana: Ana Mena

Un outfit un po’ infelice, firmato Emporio Armani, per la versione sanremese di Ariana Grande. Parrucco e trucco super Ariana, con tanto di abito caramelloso e stivali cuissards iper-aggressivi. Pablo proprio non ne vuole sapere: “Sembra una caramella Sperlari. Perfetta per cantare al Castello di Don Antonio alla Fazzolettata. L’hairstyling è davvero sciatto, il make up caratterizzato dal contorno labbra con matita scura e rossetto chiaro. Un trend che ultimamente è tornato molto in auge, ma che io ho da sempre combattuto. Lo trovo di cattivo gusto”. Sante parole. 

Rkomi protagonista della nuova pellicola di Tim Burton

Questo outfit Etro super dark non convince né noi, tantomeno Pablo: “Sembra Edward Mani di Forbice, trovo terribile”. Rkomi ha indossato un paio di stivaletti texani Premiata creati appositamente per l’evento.

Il tocco pink della serata: Dargen D’Amico in Alessandro Vigilante

Ed ecco arrivare sul palco del Festival di Sanremo “La pantera rosa”, secondo Pablo. Ma nel complesso c’è qualcosa che ci stuzzica: “Il gioco di contrasti è molto in linea con i trend attuali”.

E guardo Giusy da un oblò

È firmato Philipp Plein l’outfit di Giusy Ferreri, caratterizzato dal cutout sui fianchi. Pablo: “Questi due oblò laterali non mi convincono affatto… per non parlare delle scarpe da ballerina di lap dance”. La Ferreri non viene risparmiata neanche riguardo le scelte di make up: “Sembra si sia truccata con le trousse giocattolo per bambine”.

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In redazione l’aspettativa circa i look della seconda serata di Sanremo è altissima: con Donatella Rettore e Ditonellapiaga per il momento stravagante, Le Vibrazioni per quello rock e qualcosa di ricercato per un’artista raffinata come Elisa. E non siamo affatto delusi, anzi… 

I cinque outfit di Lorena Cesarini

E se Drusilla Foer si lancia contro lo spreco in fatto di moda ed esorta ad indossare un abito più volte, seguita da Ornella Muti con due outfit… Lorena se ne frega e pensa bene di indossare cinque diverse creazioni. Del resto, beh… se sono già fatti… che male c’è? Il look che convince meno è forse quello preso in prestito da Kim Kardashian, con stampa animalier firmato da Fausto Puglisi per Roberto Cavalli.

L’outfit sanremese preferito di Pablo è quello Valentino Haute Couture, attraversato da un motivo floreale acceso. Sul make up, qualche piccolo appunto: “il make-up un po’ troppo lucido per essere televisivo calcolando che la pelle scura o nera e molto più ricca di ghiandole sudoripare e sebacee”, non smettiamo mai di imparare con Pablo! Il trucco è stato curato da Valentino Beauty, con la mano sapiente di Manuele Mameli (make up artist di Chiara Ferragni).

Vibrazione rock

Pantalone a zampa di elefante, giacca con intarsi luminosi: il look de Le Vibrazioni risente sempre del vintage, stavolta in una versione più dark e contemporanea “sulla scia del glam rock”, come suggerisce Pablo. Gli outfit sono firmati Gaëlle Paris.

Laura is the new Black

L’istituzione della musica leggera italiana, sale sul palco dell’Ariston di nero vestita. Il suo outfit è firmato Atelier Versace. Pablo: “Laura nazionale in total black. Inossidabile. Ha scelto un taglio long bob molto di tendenza; per il trucco una scelta basic con le ciglia finte che fanno da padron”. Il make up è curato da Max Factor.

Brindisi di Capodanno con Emma

C’è qualcosa che non torna nel look Gucci di Emma. Sicuramente le calze e le calzature che non slanciano la figura. Anche Pablo non è del tutto convinto: “Emma ha scelto per la seconda serata di Sanremo un outfit che ci riporta un po’ al Capodanno 1993. Bocciata la calza decorata. Trucco e parrucco è stata fatta una scelta molto misurata, con un eye-liner winged eyes. Un altro errore: il girocollo rende il viso un po’ troppo tondo, sarebbe stato più appropriato un ciondolo”.

La scelta ultra-terrena di Elisa

Elisa attraversa l’iperuranio per poi atterrare sul palco di Sanremo, con un outfit in stile goddess firmato Valentino Haute Couture. Pablo, che ha qualche dubbio sulla scelta stilistica, apprezza molto il make up “Il trucco è molto bello, risalta gli occhi”.

Uno sgargiante Aka7even

Stella McCartney è una designer che non incrociamo spesso sul palco di Sanremo. Ricordiamo sempre che questo è un brand totalmente volto alla sostenibilità. “Il completo è molto interessante, anche se mi ricorda la carta si parati” ironizza Pablo. 

Il momento che tutti stavamo aspettando

Donatella Rettore in Stefano De Lellis e Ditonellapiaga in Philosophy di Lorenzo Serafini. Si aprono le danze: “La Rettore sembrava  Crudelia DeMon. Mi piace molto la giacca mantello e devo dire che erano entrambe molto gradevoli. Poi, beh.. la rettore per me è ‘untouchable’ poiché è stata il mio mito negli anni ’80, quindi la amo. Grazie alla chirurgia estetica si conserva super-bene” commenta Pablo. 

Sul make up: “il trucco di Donatella Rettore è sempre eclettico, ricco di cristalli. Ditonellapiaga fa una scelta in linea con le tendenze ed adatto al tailleur. Forse avrei raccolto i capelli in uno chignon”.

Ok l’outfit non è giusto

Un altro grande ritorno sul palco di Sanremo è quello di Iva Zanicchi. Lei si conserva benissimo per la sua età, ma sua scelta di stile ci lascia un po’ perplessi: “Sembra una donna araba… tutta ammantata! Trovo che il make-up sia quello appropriato per lei e per la sua età. In generale trovo che il beauty look abbia una pecca: i capelli un po’ desueti…”.

TANANAI in Dior

Sofisticato, metropolitano ed elegante. La scelta di Tananai, vestito Dior, ci piace assai. Anche Pablo concorda: “Ha scelto per la serata a Sanremo un colore di tendenza: un Pantone Very Peri schiarito molto bello. L’outfit è indossato con nonchalance, anche grazie alla sua giovane età. Lui può assolutamente permettersi di abbinare le sneakers al completo sartoriale, come detta la moda giovane oggi”.

In spiaggia con Irama

C’è un senso di disequilibrio in questo outfit, è come se fosse scisso fra due stagioni. Secondo Pablo, Irama è “caduto nella rete. Trovo il suo outfit Givenchy un po’ troppo estivo. Ho preferito la scelta di due anni fa, quando optò per Etro”.

Molto molto hot

Lo stylist Nicola Pantano, ha vestito Arisa per Sanremo con uno sleep dress dalla coda a sirena, sovrapponendo a questo un bustier lingerie con stecche. Un look sensuale che si completa con sandali Roger Vivier e gioielli Rue des Mille. Un scelta molto apprezzata da Pablo: “L’ abito davvero bellissimo… purtroppo non posso dire lo stesso dell’hairstyling. La preferisco col taglio corto, anche perché secondo me ha un viso molto interessante”.

I segreti dell’hairstyle di Gaia Girace e Margherita Mazzucco

Le super ospiti della seconda serata sono le due giovani attrici della seguitissima serie Rai “L’Amica Geniale – Storia di chi fugge e chi resta”.

Stefania Pellizzaro di Cotril ha realizzato per Gaia Girace un hairlook caratterizzato da riga centrale, come le due fasce frontale spostate lateralmente e fissate sopra le orecchie. Piega liscia e morbida per le lunghezze, come le punte leggermente arrotondate per enfatizzare il taglio bob. Per realizzare questo look sono stati usate la crema RED CARPET e la lacca fissante WIND.

La celebrity hairstylist Domenica iIcciardi di Cotril ha invece realizzato per Margherita Mazzucco un semi raccolto morbido, fissato sopra l’osso occipitale e con riga centrale. Per creare il look è stato utilizzato il lucidante spray SHINE, che dona ai capelli luce e brillantezza, esaltandone i riflessi. Per lavorare le onde, donando loro la giusta texture, la hairstylist ha adoperato lo spray al sale OCEAN.

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Ancora cut out per Giusy Ferreri in Philipp Plein

 

Giusy Ferreri rilancia con stile: se il precedente outfit non ci aveva convinti, adesso va molto molto meglio con questo pantalone a campana aperto ed il blazer con cutout. Pablo conferma: “Molto meglio rispetto alla prima serata, anche sa pelle a vista sul giro vita non è il massimo secondo me. Sarebbe stato anche meglio optare per una scarpa chiusa a punta che slancia maggiormente la gamba. Pollice in alto per trucco e parrucco”.

Highsnob in Zegna e Hu in Maison Margiela

Pablo: “Variazione sul tema dell’outfit precedente. Li trovo molto attuali e contemporanei con questi completi oversize. Penso che la rasatura di lei sia un grande atto di coraggio e sopratutto denota una grande sicurezza di sè e della sua femminilità”.

Tinte pastello per Aka7even in StellaMcCartney

A noi piace tutto… ma siamo proprio sicuri che siano quelle le scarpe giuste? Pablo: “Abito oversize come dettato dalle tendenze. Mi sento titubante sul colore colore, forse un po’ troppo pastello e insaturo. Avrei preferito un colore più brillante”.

La più chiaccherata: Drusilla Foer

“Drusilla non ha sbagliato un colpo: tutti outfit stupendi! Il look che ho amato di più è il primo. Un abito che ricorda l’eleganza degli anni ’50, del New Look di Christian Dior. Ho apprezzato molto anche l’abito rosa con i guanti rossi” commenta Pablo. Drusilla ha affidato la sua immagine alla sartoria fiorentina Rina Milano ed all’Atelier Rossorame.

Psychedelic Dargen D’Amico

Pablo: “Mi lascia un po’ interdetto… forse un po’ troppo optical ? Sembra più adatto ad un party in piscina piuttosto che al palco dell’Ariston”.

Che noia Massimo Ranieri in Versace

“Per fortuna la cravatta da un tocco di luce all’outfit serioso di Massimo Ranieri”.

Irama in Givenchy

Questo davvero non lo capiamo. Come ha potuto pensare fosse una buona idea presentarsi con una giacca tecnica per la pesca? Lo chiediamo a Pablo: “È proprio una tenuta da pescatore! Il giubbino smanicato non lo amo molto… diciamo che il tema della pesca, dalla rete allo smanicato, sarà il fil rouge del suo Sanremo. Spero ci sia un cambio nelle prossime serate. Lo preferisco nella versione Boho chic. Il nero lo incupisce molto, non è il suo colore amico”.

Ditonellapiaga in Philosophy di Lorenzo Serafini e  Donatella Rettore in Avaro Figlio

Gotiche e vittoriane: questi outfit complementari con una nota di stravaganza sono appropriati. Pollice in su da parte della redazione. Pablo: “Le ho trovate sempre molto in sintonia. C’è un bel feeling tra le due generazioni”. Sul make up: “Adoro il trucco di Ditonellapiaga. La rettore conferma il suo look nel make-up eclettico con l’applicazione di cristalli”.

Rkomi in Etro

“Questo stile biker, se decontestualizzato, lo vedrei perfetto per un videoclip musicale”.

E parlando di moto: “Dai capelli sembra veramente che abbia fatto una corsa in moto”.

Michele Bravi in Roberto Cavalli

Secondo outfit impregnato di anni ’80 per Michele Bravi, stavolta in rosso fuoco. Pablo: “Trovo questo look molto eclettico, da outsider direi. Il rosso è un coloremolto difficile, sopratutto quando così acceso, infatti non si armonizza col suo incarnato. Sicuramente apprezzo il suo coraggio. Trovo comunque un po’ dissonante il contrasto tra il testo della canzone e il suo look”.

Mahmood in Ann Demeulemeester e Blanco in Valentino

“Bellissimi. Meglio assortiti rispetto alla prima serata. Adoro l’outfit di Blanco, molto glam e sexy” commenta Pablo.

Cesare Cremonini in Giorgio Armani

Cesare Cremonini è tutto uno scintillio. Pablo: “Stupendo il chiodo in versione glitter, lo indosserei! Mi è piaciuto moltissimo anche perché ha svecchiato la sua immagine. Adesso è molto più contemporaneo e fruibile anche alle nuove generazioni”.

Tananai in The Nick

Glorificare il look dei muratori italiani con un solo outfit. Tananai, se questo era il tuo scopo ci sei riuscito. Pablo è stato molto più clemente: “Ho adorato il blazer dall’effetto delavé. Mi piace, lo trovo elegante ma grintoso. Anche lo stivale è molto rock”.

Elisa Valentino

Forse troppo minimalismo per Elisa. Ci piacciono moltissimo le ballerine Roman Stud di Valentino. Ma cosa non funziona in questo outift? Ce lo spiega Pablo: “Lo scollo penalizzava il décolleté. Mi sembrava una variazione della prima serata, niente di nuovo. Il trucco era identico, con la cut crease bianca”.

La rappresentante di lista  in Moschino

Loro amano il rosa… sono i Barbie e Ken di Sanremo. Pablo: “Il make-up con le bleached brows è difficilissimo da indossare. Questo smokey nero lo trovo troppo pesante, le indurisce i tratti. Trovo sbagiato anche il colore dei capelli… così anni ’80!”

Achille lauro in Gucci

Ma cosa succede ad Achille Lauro? Niente carnevalate? Si ok… è scalzo…ma a noi sembra davvero nulla. Ah no… eccolo mentre fa uno spogliarello. Tutto ok. Pablo: “Bellissimo look, adatto alla sua personalità e all’occasione. La scelta di essere scalzo non è una novità, molto cantanti l’hanno fatto in passato. Lo streap finale è dettato dalla sua voglia di far parlare di sè e di andare contro le regole”. Ed è proprio questo il punto: essere a tutti i costi “lofamostrano” risulta b o r i n g.

Iva Zanicchi in Artemio Cabassi

Dal deserto con furore. Pablo: “Ripetitiva ma meglio il blu piuttosto che il nero. Lo stile medio oriente l’ha rapita… l’ha portata a Dubai”.

Ana Mena in Emporio Armani

Anche per il secondo outfit, Ana Mena finisce fra i peggio vestiti, con il suo completo composto da mini gonna e cro top, accessoriato da sandali platform. Ci sentiamo in imbarazzo. Pablo: “Non ci siamo! Questo look lo vedo adatto per una discoteca… compresa la scarpa da lap dancer. Non amo il plateau: irrigidisce la camminata. Ci sono stati netti miglioramenti nel beauty look che ho trovato molto ben equilibrato”.

Sangiovanni in Diesel

“Come anche lui stesso ha definito nelle battute, sembra una tuta da lavoro quando decidi di dipingere una parete a casa del colore sbagliato” commenta Pablo. “Lo perdoniamo data la sua giovane età”.

Emma in Gucci

Anche stavolta saremo cattivi. Un incubo vittoriano con un plateau pitonato che faremo fatica a digerire per la prossima settimana. Pablo sarà più clemente? “Un tocco vintage di cui ho apprezzato la palette. La calza, al solito, risulta la nota stonata. Per i capelli avrei preferito un’onda piatta lucida in stile anni ’20. Il rossetto era bellissimo”. Emma ti sei “quasi” salvata. 

Noemi in Alberta Ferretti

L’outfit migliore della serata. Grande eleganza e sensualità per Noemi, in questo sofisticato abito di Alberta Ferretti con scollo incrociato. Anche Pablo ne è entusiasta:” ADORO! Davvero di gran classe. Si nota che sta osando molto e vuole sottolineare la sua rinascita. Interessante sopratutto il gioco delle scollature con il gioiello. Impeccabile anche trucco e parrucco, la trovo una diva!”.

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Noemi in Alberta Ferretti

Noemi non ha sbagliato davvero un colpo! Anche questo abito magenta con strascico e nodo arricciato sullo spacco è un grande successo. Un colore che risalta la tonalità dei suoi capelli.

Maria Chiara Giannetta in GIorgio Armani Privè, gioielli Crivelli

Abito corto: “Sembra una bomboniera”

Bella in frac

Sangiovanni in Diesel

Fiorella Mannoia è davvero top! Il suo completo con blazer e pantalone affusolato slanciato dalle pumps nere è un evergreen che non stanca, ben concepito nella silhouette. Sangiovanni opta per un mix di sovrapposizioni che lo fanno sembrare come incastrato in una montagna di bucato da stendere.

Emma in Gucci / Francesca Michielin in Miu Miu

Finalmente Emma abbandona il mondo vittoriano (e sopratutto abbandona quelle orribili calze decorate) a favore di un completo ricoperto di strass. Molto glam rock, anche la scelta dell’hairstyling. “Sono molto belle” commenta Pablo, “C’è un bellissimo lavoro di make-up, nulla da ridire”.

 

Gianni Morandi e Jovanotti 

“Due Spritz, grazie!” ironizza Pablo che paragona i due cantanti a due camerieri di Doney. Torniamo seri: Pablo ci spiega perchè il look non funziona “È un grave errore abbinare camicia e giacca in bianco. Solo Roger Moore e Gil Cagnè potevano permettersi lo smoking bianco”. Come dargli torto?

Elisa in Valentino

Segnalati a Sanremo due furti: le scarpe di Elisa e di Achille Lauro sono scomparse. Chi è stato? Erano scarpe costose!! Elisa stasera non ci convince. Pablo riassume tutto in una parola: “Bocciata”.

Loredana Bertè in Gianluca Saitto – Achille Lauro in Gucci

Nonostante sia ancora scalzo, Achille Lauro si distingue per eleganza con il suo completo in total white firmato Gucci. “Loredana è un mito ma queste spalline over… anche no! Achille, invece, è super elegante con questo completo bianco. Ma perché scalzo? Una tendenza di Sanremo 2022… e mi domando perché” commenta Pablo.

Irama in Givenchy

Avete presente quello streetstyle graffiti di fine anni 2000 davvero passato di moda? No? Beh, eccolo! Anche Pablo punta il pollice in basso: “Davvero non capisco il look di Irama. Come hanno fatto a non valorizzare un bel ragazzo come lui? 

Iva Zanicchi in Artemio Cabassi

Iva Zanicchi appena ritornata dalla sua riunione con i Tuareg nel deserto. Pablo concorda: “Noiosa. Sempre ammantata con l’ennesima variazione su tema. Dovrebbe trovare uno stylist che la valorizzi i capelli, in questo modo sembrano sempre un po’ parrucconi. Il make-up è stato riproposto, ma trovo sia quello giusto per lei”.

Ditonellapiaga in Philosophy di Lorenzo Serafini e Rettore in Stefano De Lellis

Che spalline Donatella Rettore! Ed abbinare una giacca così strutturata alla fluidità del pantalone palazzo è davvero un colpo di stile. Pablo loda Ditonellapiaga: “Adoro il suo make-up e nel complesso mi piace molto anche l’outfit. Questo è il mio make-up preferito: molto pulito ed elegante con sapiente gioco di contouring e highlighting. Bellissimo anche la tinta delle labbra di Smashbox”.

La Rappresentante di lista in Moschino

Prendi lo stile biker, un tocco di AC/DC, una navicella spaziale ed il gioco è fatto. “L’hanno avvolta nella carta alluminio da cucina!”. Sul make-up, Pablo preferisce ironizzare: “Secondo me l’hanno truccata al buio! Le sue sopracciglia sono davvero inquietanti”.

Ana Mena in Emporio Armani e Rocco Hunt in Boss

“Ana Mena sembra Skipper, la piccola amica di Barbie” commenta Pablo. Ed effettivamente noi ci chiediamo come sia possibile pensare che un abito babydoll sia una buona idea sul palco di Sanremo.

Mahmood in Fendi e Blanco in Valentino

“Li trovo molto originali. Mahmood sfida il viola in scena ed in generale li trovo molto fashion. Possono tranquillamente permettersi questo tipo di look grazie al fisique di role.
Plauso al completo Valentino di Blanco dal taglio veramente originale”.

Rkomi in Etro

“Da biker a cowboy è un attimo” – Pablo

Michele Bravi in Roberto Cavalli

Molto, molto meglio. Questo verde bosco è una tonalità decisamente più adatta a Michele Bravi, rispetto al rosso fiamma del completo indossato durante la seconda serata. Mantiene sempre il suo stile anni ’80, ma stavolta ci appare più contemporaneo.

Aka7even in Stella McCartney e Arisa in Antonio Grimaldi

Troppe piume. Davvero troppe e messe nel modo sbagliato. “Oggi Sposi! Trovo tutto un po’ ‘too much’. Arisa grazie alla sua autoironia e personalità riesce ad indossare tutto; possiamo dire che Ballando con le Stelle le ha conferito molta più grazia ed eleganza” commenta Pablo.

Highsnob in Zegna e Hu in CHB

Optare per un abito drammatico con grande gonna voluminosa in total black è una buona idea in questo tipo di occasioni. Però, però, però: non c’è equilibrio nella silhouette ed il punto vita non segnato, in questi casi, diventa un mega-disastro. Una palla informe di tessuto per la precisione. Ma Pablo li salva: “Mi sono piaciuti molto, anche se lui risulta un po’ inquietante con il guanto. Ho amato l’extra volume dell’abito. Indossato veramente con molto stile”.

Giusy Ferreri in Philipp Plein

Dove sono finiti gli oblò? Li teniamo per il gran finale? Giusy, mettili da parte perchè così stai molto meglio! Anche Pablo concorda: “Finalmente senza cut out! Ha optato per lo stesso trucco e parrucco ed lavoro fatto su di lei è ottimo”. 

 

Siete pronti per i look della serata finale del Festival di Sanremo?

Matteo Romano in Emporio Armani

Matteo Romano ha optato per un completo classico con un tocco di elementi più giovanili come gli anfibi ed il piccolo moschettone sulla cinta. Pablo:”Elegante con il tocco di urban street dell’anfibio”.

Giusy Ferreri in Philipp Plein

Giusy Ferreri ha lasciato il peggio per ultimo. Ci eravamo ricreduti sul completo, con questo abito cut out con inserti in tulle è davvero colata picco. Ma gli errori non finiscono qui:”Hanno dimenticato di metterle il rossetto? Le sue labbra appaiono disidratate e sull’occhioo, la codina svirgolata fa lo scalino ? A questo si aggiunge un hairstystyling sbagliato, con una piega davvero brutta” commenta Pablo.

Rkomi in Etro

Total leather con tanto di stivale texano borchiato. Non è proprio una scelta vincente. Pablo: “Leather club! Con laccio al collo da cowboy”. Non ne siamo entusiasti.

Iva Zanicchi in Artemio Cabassi

“Al make up artist è scappato il fard…” commenta Pablo.

 

Sabrina Ferilli in N° 21,  gioielli Pasquale Bruni

Dobbiamo essere onesti, brutalmente onesti. Ci aspettavamo molto di più, sopratutto da un brand eclettico come N.21. Pablo lo trova “Terribile. Il tessuto, le cuciture, i tagli…trovo sia davvero un look concepito male”. 

 

Massimo Ranieri in Versace

“Finalmente un po’ di luce… e glam sia!”.

AKA 7even in Stella McCartney

Il migliore completo indossato da Aka7even durante questa edizione del Festival di Sanremo. Adatto all’occasione e contemporaneo al punto giusto. “Mi piace molto come si vada a svecchiare un doppio petto nero. Molto bella la maglia gioiello a rete super brillante con orecchini en pandant. L’anfibio è un must per questa nuova generazione di cantanti” commenta Pablo.

Noemi in Alberta Ferretti

“Specchio delle mie brame chi è la più bella del reame?”.

Elisa in Valentino

Sulla cima dell’Olimpo… Elisa continua il suo viaggio neoclassico firmato Valentino. Pablo: “Ha proposto un’altra variazione sul tema. Non ho amato l’hairstyling. Sembra abbia asciugato i capelli con le trecce e poi li abbia sciolti”

Irama in Givenchy

Qualcuno aveva paura rubassero Irama, così lo ha riempito di catene e attaccato ad un palo della luce. Secondo Pablo era “Passato dal ferramenta a prendere qualche catenella”.

Michele Bravi in Roberto Cavalli

Anche Michele Bravi sfoggia il suo miglior outfit, caratterizzato dalla mantella drammatica, l’anfibio con dettagli oro ed una maglia con ricami di paillettes tridimensionali su base nude. Molto cool. Pablo: “Bellissima la mantella e le paillettes sulla maglia. Belli anche i gioielli sulla mano. Molto particolare ma elegante anche il make-up in palette”.

La Rappresentante di Lista in Moschino

“Ironici e eclettici” commenta Pablo. L’outfit dalla collezione Moschino SS 2020 per Sanremo, fra Alice nel Paese delle Meraviglie e Maria Antonietta è proprio in pieno stile Jeremy Scott. Zuccherato, retrò e stravagante. Un look scenico e teatrale che abbiamo apprezzato. 

Emma in Gucci

Pablo trova Emma “Stupenda. Peccato per la calza”. Ed effettivamente qui la calza c’entrava ancor meno. Con la gamba nuda il decoro del pizzo avrebbe avuto più risalto.. invece sovrapponendo i due pattern si è creata una gran confusione. Sul make up: “Bellissimo anche il make-up, non posso dire altrettanto sull’hairstyling perchè il carrè con riga al centro, per me, è un sonoro NO. La Michielin l’ho trovata stupenda, con un eyeliner sfumato alla perfezione”. 

Mahmood in Burberry e Blanco in Valentino

Pablo: “Siamo all’insegna del Gender Fluid, anche se Mahmood inciampa un po’. Sembra un sommelier”.

 

Highsnob in Zegna e Hu

Pablo: “Stasera i loro look per Sanremo mi piacciono molto. Ho apprezzato particolarmente il make up super preciso, caratterizzato da una cut crease grafica”.

 

DitonellaPiaga in Philosophy di Lorenzo Serafini e Rettore in Stefano De Lellis

Pablo: La Rettore arriva direttamente dagli anni ’80; mentre Ditonellapiaga opta per un look più romantico. Entrambi i make up sono eseguiti magistralmente, li trovo molto belli”.

 

Achille Lauro in Gucci

Il dettaglio della rosa, il colore rosa antico, il reverse in raso: Achille Lauro sembra un gangster non troppo temibile degli anni ’30 tirato a lucido. Ci piace. Pablo: “Ho apprezzato il fiore rosso a contrasto ed in generale mi piace che gli altri cerchino di imitarlo nel look. Stasera è piuttosto classico, credo però che non abbia azzeccato il colore”.

Ana Mena in Emporio Armani

Pablo: “Il rosso a capodanno porta fortuna… peccato che siamo a Sanremo!”.

 

Photo Credit: Getty Images

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Non tutti i protagonisti sono musicisti: otto personaggi chiave del Festival di Sanremo 2022

Non tutti i protagonisti sono musicisti: otto personaggi chiave del Festival di Sanremo 2022

Il countdown è terminato! Questa sera, dopo un intero anno di attesa (e che anno…) ritorna il Festival di Sanremo in prima serata. Milioni di italiani si appassioneranno dalla poltrona di casa, scambieranno opinioni al bar e si scontreranno fra i commenti di qualche post su Facebook o Instagram. 

Protagonista, come sempre, la musica ed i musicisti… ma anche spazio a conduttori e super ospiti. Ed è proprio di loro che parlerò oggi su Radio Incontro Donna durante la puntata di Sempre più in forma Green. 

E se un tempo c’era Pippo Baudo…

… oggi abbiamo Amadeus! E sono “soddisfazioni”: lo showman, infatti, ha fatto un “ingresso col botto” al Festival della Canzone Italiana con uno share medio del 54,78% che ha reso l’edizione del 2020 la più seguita dal 1999. Durante la conferenza stampa alla viglia della prima serata, Amadeus ha spiazzato tutti: “Non c’è un piano B se mi prendo il Covid! State con me 10 giorni fino a che non mi passa?”, togliendo ogni dubbio circa i rumors di un’eventuale sostituzione con Antonella Clerici. 

Un Fiorello a sorpresa

Durante la stessa conferenza stampa, Amadeus ha raccontato di aver passato l’intera estate a “stressare” Fiorello, chiedendogli di partecipare anche all’edizione 2022 del Festival di Sanremo. Aveva quasi perso ogni speranza, fino alla scorsa settimana, dopo la conferma telefonica del partner, che comunque rimane sempre avvolta da un mistero. Pare sia confermato per la prima serata… ma non lascia alcun indizio su quelle successive. 

Ornella Muti e le polemiche: dal cachet alla moda sostenibile

La bellissima attrice italiana si prepara alla prima serata sul palco dell’Ariston, dopo essere stata al centro di svariate polemiche. Pare che la Muti debba ancora 15.000 euro di risarcimento al Teatro di Pordenone per non essersi presentata ad un evento concordato con lo stesso.

I legali del Teatro hanno dichiarato alla stampa “Ci paghi con il cachet di Sanremo”. Ma non è tutto: perfino Giorgio Armani è finito in mezzo a questo vortice di Gossip e social-scandali.

Naike Rivelli, figlia della Muti, ha pubblicato su Instagram una foto della madre con l’iconico designer, con la seguente caption: “Sta finendo un pezzo di storia. Questo Sanremo ci ha fatto capire tante cose. Addio vecchia moda, benvenuta ecofashion! Siamo super fieri di aver rifiutato un look che non è in linea con le nostre scelte di oggi! Ci dispiace ma…, anche no! Addio Giorgio Armani”.

Potete immaginare cosa sia successo dopo?

A volte ritornano: Sabrina Ferilli al Festival di Sanremo

Per la terza volta, Sabrina Ferilli ritorna sul palco dell’Ariston. Torniamo indietro nel tempo: nel 1996 aveva affiancato Pippo Baudo insieme a Valeria Mazza; poi, ancora, nel 2012 ospite della quarta serata condotta da Gianni Morandi. Questa volta verrà affidata a lei la serata conclusiva di sabato 5 Febbraio, un incarico di grande prestigio per una delle attrici italiane più amate. La Ferilli ha annunciato la notizia su Instagram con una caption ironica: “Certe notizie è meglio riceverle da seduti. Grazie Amadeus, ci vediamo il 5 Febbraio!”.

Da Netflix all’Ariston: Lorena Cesarini

35 Anni, laureata in Storia Contemporanea, per metà italiana e per metà senegalese. L’abbiamo conosciuta grazie alla serie Netflix “Suburra”.

Lorena Cesarini non ci ha pensato due volte: “La telefonata è arrivata il primo Gennaio. Ci ho pensato zero secondi, ho fatto i salti di gioia, sono stati i migliori auguri di buon anno che potessi ricevere”.

A lezioni di “Eleganza Consapevole” da Drusilla Foer

La serata del giovedì avrà come co-protagonista Drusilla Foer, che da Youtube si è fatta strada sul piccolo schermo. La sua scelta moda per il Festival di Sanremo è davvero ammirevole: indosserà due abiti di un piccolo atelier fiorentino ed altri già presenti nel suo guardaroba.

L’intenzione è far passare un messaggio, anzi due: l’economia italiana deve ripartire dalle piccole realtà sartoriali o artigianali; ed è bene mostrare al pubblico che un abito si può indossare anche in due diverse occasioni. Basta sprechi… in tutti i sensi! Una scelta green e consapevole da lodare!

Maria Chiara Giannetta e l’incubo delle scale

A soli trent’anni, Maria Chiara Giannetta ha già un curriculum di tutto rispetto. Nota al grande pubblico per i ruoli in svariate Fiction, soprattutto “Blanca”, una delle più discusse e guardate degli ultimi tempi. Sebbene ancora non sia chiaro quale designer vestirà la giovane attrice (si vocifera Giorgio Armani), Maria Chiara ha solo anticipato di voler indossare qualcosa di comodo e che la faccia sentire a suo agio. Il suo terrore? Superare il grande ostacolo della scalinata dell’Ariston: l’incubo di tutte le artiste con tacchi alti!

 

Fra Amadeus e Fiorello… un terzo incomodo: Checco Zalone

Per anni gli organizzatori del Festival hanno “corteggiato” il comico pugliese, che aveva sempre rifiutato perché considerava l’Ariston un palco troppo carico di aspettative e facili polemiche. Ma ad Amadeus non ha saputo dire no: la seconda serata del Festival vedrà, infatti, come super ospite Checco Zalone. Secondo alcune indiscrezioni si esibirà con un monologo, ma anche con una canzone satirica su temi di attualità.

La fitta agenda dei Maneskin

Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan fanno appena in tempo ad atterrare in suolo italiano per la prima serata del Festival. I super-ospiti del Festival di Sanremo 2022, vincitori della scorsa edizione, sono infatti appena rientrati da un tour negli Stati Uniti che li ha visti anche ospiti al Tonight Show di Jimmy Fallon, nonché al celeberrimo Saturday Night Live dove hanno suonato lo scorso 22 Gennaio.

Ma c’è anche un’altra grande news: a quanto pare il quartetto rock italiano è stato ufficialmente inserito nella line-up del Coachella Festival, il più grande degli Stati Uniti e sicuramente il più famoso al mondo. E scusate se è poco…

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La regista Anna Elena Pepe ci racconta Totò e Daiana – la Best Comedy Story al Digital Media Fest

La regista Anna Elena Pepe ci racconta Totò e Daiana – la Best Comedy Story al Digital Media Fest

Totò è un rinomato chef palermitano che da più di 30 anni lavora a Londra come Food Consultant per i più importanti ristoranti italiani della capitale.

Daiana è una ragazza di Ferrara che si è appena trasferita a Londra e per ora fa la parrucchiera in casa. 

Queste due vite molto diverse si incontrano per caso in un ristorante siciliano, quando Daiana entra all’improvviso. 

Questa è la trama della webserie Totò e Daiana  vincitrice del premio Best Comedy Story al Digital Media Fest. Un festival ideato e diretto da Janet De Nardis.

Oggi abbiamo intervistato per voi Anna Elena Pepe regista e sceneggiatrice dell’opera

Come nasce Totò e Daiana ?

Totò e Daiana nasce a Londra nel 2019 con un pilota ideato e scritto da me e Marco Gambino. Fondamentale, poi, la collaborazione di Ciccio Bozzi (autore di Fiorello) e di Riccardo Sai.

Nel 2021 al pilota, già finalista e premiato a molti festival, si sono aggiunti alcuni episodi scritti e diretti proprio da me e Marco. Con questi, lo scorso dicembre, il progetto ha vinto la sezione Best Comedy Story al Digital Media Fest di Roma.

L’idea è nata da una cena romana su una di quelle sulle terrazze eleganti in stile “Grande Bellezza”. Ci ero capitata un po’ per caso, invitata da Marco (Gambino).

Apprendendo da dove venivo mi chiesero com’era l’accento Ferrarese. Così, io e Marco, cominciammo un  duetto palermitano-emiliano improvvisato che, visto il successo ricevuto tra i commensali,  decidemmo poi di sceneggiare.

Qual è secondo te il suo punto forza?

Totò e Daiana esplora il mondo degli italiani a Londra, in un momento delicato come quello del post Brexit. Lo fa attraverso le avventure di due personaggi di generazioni e di estrazione sociale molto diverse.

Totò è uno chef a Londra da 30 anni e Daiana una giovane parrucchiera di Ferrara appena arrivata in città.
Totò e Daiana probabilmente non avrebbero stretto amicizia se non si fossero trovati entrambi in un Paese straniero e nella condizione di solitudine che questo può comportare.

Troveranno un primo punto in comune proprio nei loro nomi. Entrambi infatti hanno un’origine molto particolare.

Mentre quello di Daiana è stato sbagliato dall’impiegata all’anagrafe che non ha capito fosse ispirato a Diana principessa del Galles, Totò si è cambiato nome proprio a seguito del suo grande amore per il calciatore divo mondiale Totò Schillaci, nato a Palermo nel palazzo di fronte al suo.

La loro storia prosegue in varie situazioni comico-grottesche ambientate sia all’interno delle case dei protagonisti sia nella varietà degli esterni che Londra offre. Pian piano Totò diventa il “Pigmalione” di Daiana nella nuova città e nella nuova vita e anche lui comincia a vedere il mondo con gli occhi diversi e a riacquistare un po’ del l’entusiasmo perso dopo tanti anni di vita da immigrato.

Inoltre la diversa provenienza regionale dei due personaggi sempre presente (attraverso i loro dialetti, le loro abitudini, l’amore per le loro città d’origine) contribuisce a rendere qualsiasi scambio/ situazione divertente e vivace.

Tifosi e non, espatriati e non, Totò e Daiana rappresentano un po’ ogni persona che, a tentoni, in modo un po’ maldestro e buffo, cerca il proprio posto nel mondo.

Quali sono state le maggiori difficoltà per realizzare il tuo progetto?

Le ultime puntate le abbiamo girate un anno fa in piena pandemia, in un momento di rara sospensione nelle restrizioni a Londra in cui ci è stato permesso incontraci.

Le abbiamo girate costo zero “guerriglia stile” grazie al nostro fantastico operatore e filmmaker Filippo Guarna  e, ovviamente, con il tempo di Londra che non sempre è clemente! Durante i giorni di ripresa ha piovuto a dirotto e noi dobbiamo abbiamo dovuto comunque girare in esterna.

Abbiamo, quindi, fatto di necessità virtù e improvvisato una sequenza musical di Daiana. Felice di visitare i quartieri eleganti di Londra dove abita Totò, Daiana balla il Tip Tap alla Singing in the rain con tanto di omberellino.

A chi dedichi il premio vinto al Digital Media Fest?

A tutti gli italiani all’estero. Non solo a Londra ma ovunque nel mondo, che magari si ritroveranno in qualcuna delle vicissitudini che proviamo a raccontare.

Lo dedico a tutti i Ferraresi che come me sono tifosi della SPAL, la cui maglietta è sempre indossata da Daiana..

E poi Marco Gambino (aka Totò) che non ha potuto essere presente quel giorno per ritirarlo di persona…

E in generale a tutti quei creativi che hanno un’idea, che magari non hanno ricevuto fondi, ma si sono rimboccati le maniche per produrla in ogni caso. W gli indipendenti!

Cosa vorresti raccontare con la prossima opera che realizzerai?

Dopo anni di lavoro come attrice ho sentito l’esigenza di essere non solo interprete, ma di raccontare il mio mondo, le mie storie. Ho quindi proseguito la formazione studiando sceneggiatura e regia. Essendo cresciuta tra Italia e Inghilterra, nel mio lavoro si trovano particolarmente presente tematiche come l’immigrazione e la ricerca d’identità. Le storie sono caratterizzate da personaggi femminili forti e non convenzionali, delle underdog che, attraverso situazioni difficili raccontate in chiave di commedia, cercano di capire quale sarà il loro futuro.

A questo proposito ho appena finito di girare il mio primo corto da regista….

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Come dicevo, ho appena finito di girare il mio primo corto da regista, proprio nella mia città di origine, Ferrara.

È un film che ho anche scritto e che ha vinto un premio di sceneggiatura…il titolo è ancora in via di definizione finale.

Con questo progetto ho voluto toccare in modo coraggioso ma ironico diversi argomenti che fanno parte della realtà italiana al momento.

Nel corto, infatti, si incontrano due mondi distanti, quello di una donna vittima di violenza e un immigrato. Entrambi sono raccontati senza infiocchettature, con il realismo nutrito di una commedia che si libera del politically correct.

Un po’ come si faceva nella commedia Italiana di una volta, che raccontava uno spaccato della società. Un’altra grande protagonista del film è Ferrara, già set in passato di film meravigliosi, che ho cercato di omaggiare a mio modo.

Come autrice, sto anche lavorando al mio primo lungometraggio, una storia ambientata nello Yorkshire.

E come attrice, ho diversi progetti in uscita, uno è un film che ho girato a Los Angeles qualche mese fa per la regia di Cynthia Williams, e poi una divertente e arguta commedia Italiana, Lockdownlove.it di Anna Marcello.

 

Ricordi Sanremesi – i brani che hanno fatto parlare del Festival … nel bene e nel male.

Ricordi Sanremesi – i brani che hanno fatto parlare del Festival … nel bene e nel male.

Era il 1951 quando Nilla Pizzi vinceva la prima edizione del Festival di Sanremo con “Finché la barca va”… da lei ai Maneskin, ne abbiamo viste davvero di tutti i colori sul palco dell’Ariston.

Louis Armstrong interrotto da Pippo Baudo, Brian Molto che distrugge una chitarra sul palco, Achille Lauro vestito da Mina, Morgan abbandonato da Bugo, Celentano che dà le spalle al pubblico, Elton John che dà forfait… ah e perfino un tentato suicidio!

Aspettando il Festival di Sanremo ….sul viale dei ricordi

Su Radio Incontro Donna RID 96.8, parlo di dieci canzoni che hanno segnato la storia del Festival della canzone italiana. Momenti memorabili, che ci hanno fatto commuovere, riflettere… ma anche ridere a crepapelle.

“Gianna” – Rino Gaetano 1978

“Un mondo diverso, ma fatto di sesso… chi vivrà, vedrà”. Rino Gaetano, sale sul palco del Festival della canzone Italiana con cilindro ed ukulele, presentando uno dei brani più rappresentativi della sua carriera. Era la prima volta che durante la kermesse veniva pronunciata la parola “sesso”. Fu, naturalmente, uno scandalo.

“Mille bolle blu” – Mina 1961

Quando Mina porta le mani sulle labbra per produrre l’effetto sonoro delle bolle, giuria e pubblico storcono il naso: la grande cantante si stava forse prendendo gioco di quel palco così importante? Mina viene aspramente criticata e si classifica al quinto posto. La cantante fu lapidaria: mai più sul palco di Sanremo… e mantenne la promessa.

“Vita Spericolata” – Vasco Rossi 1983

Malvestito, quasi timido, con un’aria di totale assenza e menefreghismo. Abbandona il palco ancor prima della fine della canzone, con ancora il coro della coda finale in diffusione. Nessuno avrebbe investito cinquanta lire su “tale” Vasco Rossi… peccato che da lì a pochi mesi “Vita Spericolata” sarebbe diventato l’inno di un’intera generazione.

“Special K” – Placebo 2001

All’apice della loro fama, i Placebo, trio rock capitanato dal leader Brian Molko, raggiungono il palco di Sanremo per suonare il loro ultimo successo internazionale. “È il festival più importante d’Italia”: credevano di trovarsi davanti la folla oceanica di un Coachella, ma quando videro il pubblico aristocratico ultra-pettinato, la loro indole ribelle si scatenò… devastando il palco e gli strumenti. Il pubblico li fischiò urlando “Buffone” a Molko, che replicò con un inchino prima di lasciare il palco.

“Sincero” – Bugo e Morgan 2020

“Che succede?”. Era da troppo tempo che sul palco del Festival filava tutto liscio come l’olio. Durante l’esibizione di “Sincero”, Morgan altera il testo, prendendo di mira il collega Bugo che aveva, durante la serata precedente, fatto una pessima figura sulle note del brano di Sergio Endrigo, “Canzone per te”.

“Ringrazia il cielo, sei su questo palco. Rispetta chi ti ci ha portato dentro”… e Bugo… se ne va.

“Mi va di cantare” – Louis Armstrong 1968

Quando credi di dover intrattenere un pubblico per due ore… ma vieni “quasi” cacciato dal palco. È successo alla leggenda del jazz Louis Armstrong, in gara con il brano “Mi va di cantare”. L’artista si era lanciato in una lunga improvvisazione con la sua tromba, ma viene bloccato da un esordiente Pippo Baudo che gli fa cenno di concludere la sua esibizione. Armstrong, avendo ricevuto un cachet di 32 milioni di lire, pensava di doversi esibire in concerto… ma “non era proprio così”.

“Re” – Loredana Bertè 1986

Aveva azzeccato il brano, il look, e l’attitude… ma non l’anno. Il 1986 non era ancora pronto per il finto pancione di Loredana Bertè. Questo look provocatorio, le costò un contratto discografico e la sua carriera andò inesorabilmente in declino. Pensate ad un messaggio del genere oggi: le donne incinta possono fare tutto, anche ballare con un abitino di pelle attillato sul palco di Sanremo. Sarebbe stato un grande successo, l’avrebbero elevata ed eroina delle donne… ma il 1986 non la pensò allo stesso modo. Loredana, indubbiamente “avanti”.

“La terra dei cachi” – Elio e le Storie Tese 1996

Quando chiedi a Elio e le Storie Tese di suonare solo un minuto della canzone in gara, loro cosa fanno? Non la suonano “per un minuto”, ma la suonano (tutta) “in un minuto”. La versione ultra-accelerata de “La Terra dei Cachi” non è solo uno spettacolo esilarante e comico, ma anche una prova di virtuosismo eccelsa che solo una grande band poteva affrontare. Meritavano il primo posto… ma si accontentarono il secondo. Del resto, tutti noi sappiamo che i vincitori morali del Festival furono loro.

“Zitti e buoni” – Maneskin 2021

Il rock vince a Sanremo. Il Festival iniziato con la vittoria di Nilla Pizzi cede il passo ai giovani Maneskin, la promessa del rock italiano a cui il Festival ha portato davvero fortuna: Eurovision, tour americano, opening per i Rolling Stones, EMA, AMA, campagna pubblicitaria di Gucci. I Maneskin sono il fenomeno del 2021, polemiche incluse. Ma a prescindere dal fatto che piacciano o meno, a loro va sicuramente il grande merito di avere riavvicinato i giovanissimi alla chitarra elettrica ed alla batteria!

“Tutti i miei sbagli” – Subsonica 2000

Un altro esempio di come il Festival di Sanremo non ci azzecchi sempre: i Subsonica, snobbati e criticati, arrivano undicesimi con “Tutti i miei sbagli”.

Ma il brano, da lì a poco, si rivela un enorme successo radiofonico che consacra il successo della band torinese, amatissima dai giovani.

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Intervista a Martin Arcobasso – tra Folk e Jazz, ricordi di emozioni nostalgiche

Intervista a Martin Arcobasso – tra Folk e Jazz, ricordi di emozioni nostalgiche

Canzoni che voglio dimenticare”, il nuovo singolo del cantautore siciliano Martin Arcobasso uscito il 26 novembre in contemporanea al disco omonimo.

Un linguaggio originale e arrangiamenti che alternano una profondità musicale a momenti più energici.

In questo album il cantante siculo propone brani dal sound più originale e altri con sonorità più tradizionali a cui riesce a donare nuova luce, tonalità e sfumature di colore.

Riesce, tuttavia, a mantenere una forte impronta cantautorale, con piccoli passaggi dalle sfumature jazz, folk e pop.

Martin Arcobasso è tutto ciò che potreste immaginarvi pensando ad un artista folk ed anche qualcosa di più.

Coppola in testa e una chitarra sempre in spalla, già da molto giovane Martin si appassiona alla musica e decide di dedicarcisi anima e corpo.

L’album è una raccolta di canzoni introspettive e autobiografiche scritte in diversi periodi della mia vita”, ha dichiarato Martin Arcobasso.

L’artista, in questo disco, si concede di dire la verità su tanti sentimenti che gli appartengono. Sentimenti anche molto scomodi, che danno voce a visioni e paure, ricordi, confessioni, ma anche a speranza e libertà.

Il titolo del singolo, poi, racconta una storia fatta di immagini vissute attraverso le canzoni che le hanno accompagnate. Da qui riaffiorano ricordi passati: “Emozioni vissute, che tornano ogni volta che ritornano le immagini e le parole di quelle canzoni che portiamo dentro, di quei momenti che ricordiamo con leggera nostalgia.

È una sorta di punto e virgola che rappresenta la fine di una storia vissuta. Eppure, allo stesso tempo, qualcosa che ancora continua a vivere dentro di noi.

I ricordi legati proprio a quelle canzoni che in un certo senso vorremmo dimenticare, ma che spesso ci fanno compagnia nei momenti più difficili”, ha raccontato Martin.

Martin Arcobasso ha lavorato al nuovo singolo con Dario Comparetto e Fabrizio Fortunato (arrangiamenti e mix), Luca Rinaudo (mastering).

Nel mondo moderno è possibile perdere le coordinate della propria vita. Tutto scorre così velocemente che ieri, oggi e domani sembrano punti sincronici sulla stessa mappa.

Di fronte a questa situazione, il cantante in questo brano dichiara l’importanza dei rapporti reali e delle connessioni umane.

Ma si tratta anche di far riaffiorare quei ricordi nostalgici che raccontano chi siamo, che descrivono emozioni indelebili.

Emozioni a volte anche difficili da dimenticare, ma che sarebbe meglio lasciarsi alle spalle per andare avanti e vivere di nuovo.

Pur essendo ancora giovanissimo non solo sa il fatto suo, ma Martin Arcobasso suona come un musicista adulto e navigato.

Nei suoi brani convivono due volti: uno fresco, giovane ed entusiasta ed uno più intimo e sognatore.

Voce potente, melodie accattivanti e testi malinconici sono gli ingredienti che stanno alla base della musica di questo artista che vanta traguardi accademici di grande rilievo. Martin vanta, infatti, una laurea in Musica elettronica al Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo e in musicologia e scienze dello spettacolo all’Università di Palermo.

FashionNewsMagazine ha intervistato Martin Arcobasso per raccontarci qualcosa in più sulla sua vita e carriera artistica.

La tua musica è caratterizzata da un intreccio sapiente di musica folk, jazz e pop. Quale di questi generi senti ti appartenga maggiormente?

Penso di essere molto più vicino alla musica Folk e in generale a quello che si avvicina di più al cantautorato, parole fatte di musica principalmente.

Mi piace sperimentare attraverso diversi generi mantenendo sempre la mia impronta.

Il mio approccio alla musica è a 360 gradi e mi piace esplorare per avere più spunti di ispirazione.

Ogni artista ha sempre avuto dei punti di riferimento che hanno influenzato il loro modo di creare. I miei sono sempre stati i poeti cantautori, da Bob Dylan a De Andrè, da Tom Waits a De Gregori”.

Oltre alla musica, ci sono altri interessi artistici che vorresti sperimentare?

Ho sempre manifestato interesse per qualsiasi cosa che abbracci l’arte in senso assoluto.

Il teatro e il cinema, oltre alla musica, in particolare.

Ho collaborato come attore, aiuto regista teatrale in diverse occasioni e come figurante in produzioni cinematografiche, quando si presentava l’occasione, in particolare nel film Baaria di Giuseppe Tornatore, esperienza che ricordo con molto piacere.

Altri interessi artistici che mi piace sperimentare sono la scrittura e la fotografia”.

Da sempre la musica è stata il filo conduttore della tua vita. Come è nata questa passione?

Ho iniziato a suonare la mia prima tastierina Yamaha all’età di sette anni.

Alle recite scolastiche mi facevano suonare sempre. Mi piace dire di essere nato a pane, latte e tanta musica.

Sono stato sempre curioso e attento verso ogni genere, in particolare la musica classica che ho cominciato ad ascoltare molto giovane. Ho continuato a studiare musica da autodidatta per molti anni, prima di frequentare il conservatorio.

Dopo un percorso di maturazione musicale mi sono approcciato alla scrittura e a buttare giù le prime canzoni”.

Nel tuo nuovo album “Canzoni che voglio dimenticare” il tema centrale sono i ricordi e il passato. C’è un ricordo della tua vita, accompagnato da una canzone in particolare che vorresti assolutamente cancellare?

Penso che i ricordi, belli o brutti, siano fondamentali nella vita di ognuno di noi.

Non c’è un momento particolare della mia vita che vorrei cancellare, in un modo o nell’altro fanno parte di me e di ognuno.

La malinconia a volte ci da quella dose di buona nostalgia che ci fa capire di essere vivi e che ancora abbiamo tante nuove esperienze da vivere.

Quelle passate le portiamo dentro di noi grazie alle canzoni, gli odori, le immagini che le hanno accompagnate.

Mi piace seguire il pensiero di Fabrizio De Andrè che diceva di aver sempre impostato la sua vita in modo da morire con trecentomila rimorsi e nemmeno un rimpianto“.

Sei nato a Palermo e come artista hai partecipato attivamente a tante iniziative nella tua terra. A quale di queste sei più legato e perché?

Sicuramente alle collaborazioni fatte con i tanti artisti siciliani, molti dei quali sono diventati amici e compagni di musica.

Insieme ad alcuni di loro ho fondato “Orchestra vinile Cutò”, una crew musicale che porta in giro la musica dei poeti cantautori. Ho avuto il piacere di conoscere e condividere il palco con diversi artisti.

La finale del premio De Andrè che mi ha portato a Roma all’Auditorium Parco della Musica dove ho conosciuto Dori Ghezzi o al teatro Politeama Garibaldi di Palermo, in occasione dell’evento Il conservatorio interpreta Guccini, dove ho interpretato una canzone in sua presenza, ma anche tante altre occasioni, è difficile sceglierne una in particolare”.

Un album da assaporare canzone dopo canzone, dove giunti al termine dell’ascolto si ha la sensazione di aver viaggiato insieme al cantautore in un clima nostalgico e malinconico, rendendo immortali momenti, ricordi e attimi di vita

A Sanremo e nel mondo risuona la natura in musica – dieci canzoni a tema green

A Sanremo e nel mondo risuona la natura in musica – dieci canzoni a tema green

La musica non è solo intrattenimento. È un messaggero potente per veicolare ideologie, statement e rivoluzioni. E, da sempre, il Festival di Sanremo è il portavoce del sentiment del nostro paese.

Si pensi a Bob Dylan, John Lennon o a grandi musicisti e pensatori italiani come De Andrè, Gaber o gli Area.

Il cruciale tema ambientalista non è solo una preoccupazione degli ultimi anni. Già nel 1966, per Adriano Celentano, era una forte preoccupazione vivere in centro respirando cemento”.

In questi giorni, in redazione, abbiamo ascoltato tantissimi brani green”: da Michael Jackson ai REM, passando per i Beatles fino a Luigi Tenco o Marcella Bella. 

Una domanda sorge spontanea: come mai i grandi nomi dello showbiz oggi non trattano questo tema? Perché le loro voci si fanno sentire solo in merito a temi sociali come il movimento LGBT? Non è forse altrettanto importante?

Proprio adesso, in questo momento di tensione e preoccupazione, non sarebbe prioritario lanciare ai giovani un forte messaggio dimpegno nei confronti del nostro pianeta? In attesa che Lady Gaga ci regali una hit a sostegno della Madre Terra, abbiamo creato una playlist dedicata alla natura ed all’ambiente, in collaborazione con Road to green 2020. Ne parlerò su Sempre più in forma green, l’appuntamento del martedì di Radio Incontro Donna. La musica è consapevolezza.

Partiamo dal palco del Festival di Sanremo …

Il Festival della Canzone Italiana è unimportante vetrina. Per una settimana allanno gli italiani discutono delle esibizioni, della musica, degli abiti ma anche dei temi trattati nei brani in gara. Non vi è migliore occasione per mettere sul piatto una riflessione ben più profonda della classica canzone damore. 

Adriano Celentano – Il ragazzo della Via Gluck (Sanremo 1966)

“È una fortuna, per voi che restate

A piedi nudi a giocare nei prati

Mentre là in centro io respiro il cemento

Ma verrà un giorno che ritornerò”

Uno dei brani più iconici di Celentano, con un testo di Luciano Berretta e Miki Del Prete. Si tratta di una storia autobiografica: la via Gluck, nella periferia di Milano, era una zona periferica che nel dopoguerra venne fortemente urbanizzata. Il testo è carico di rimpianti e ricordi, quelli di un musicista che adesso vive in centro città. 

Luigi Tenco – Ciao Amore Ciao (Sanremo 1967)

E poi mille strade grigie come il fumo

In un mondo di luci sentirsi nessuno

Saltare cent’anni in un giorno solo

Dai carri dei campi

Agli aerei nel cielo

E non capirci niente e aver voglia di tornare da te

L’ultima esibizione di Luigi Tenco, un brano eliminato dal Festival che si dice abbia portato lo stesso autore alla prematura morte. Ma oggi non vogliamo parlare di questo. Ciao Amore, ciao è la storia di un ragazzo che stanco della vita fra i campi decide di andare in città. Ma ciò che lì lo attende non è ciò a cui auspicava, non a quelle “mille strade grigie come il fumo”.

Toto Cutugno – Voglio andare a vivere in campagna (Sanremo 1995)

Voglio andare a vivere in campagna, ah ha

Voglio la rugiada che mi bagna, ah ah

Ma vivo qui città

e non mi piace più

In questo traffico bestiale

La solitudine ti assale e ti butta giù

Che bella la mia gioventù

Anche in questo brano, l’autore sperimenta la vita in città dopo quella in mezzo alla natura. Trova la città nevrotica e caotica. Sente la nostalgia delle rose coltivate, della vendemmia, o di quello stagno che ai bambini sembra il mare. 

Simone Cristicchi – Abbi Cura di Me (Sanremo 2019)

Anche in un chicco di grano si nasconde luniverso

Perché la natura è un libro di parole misteriose

Dove niente è più grande delle piccole cose

È il fiore tra lasfalto lo spettacolo del firmamento

È lorchestra delle foglie che vibrano al vento

È la legna che brucia che scalda e torna cenere

La vita è lunico miracolo a cui non puoi non credere

Perché tutto è un miracolo tutto quello che vedi

E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri

Simone Cristicchi, con grande sensibilità, ha scritto uno dei migliori (se non il migliore) testi presentati alle ultime edizioni del Festival di Sanremo. Un inno all’inspiegabile magia che ogni giorno ci circonda. Una magia tangibile, la cui bellezza non possiamo neanche spiegare a parole… ma lui c’è andato molto vicino. 

Gabriella Martinelli e Lula – Il gigante d’acciaio (Sanremo Giovani 2020)

Mio padre lavora in un posto grandissimo

Lui lo chiama il gigante d’acciaio

Con grandi camini che fumano sul mare

C’è grinta ma anche rabbia nelle dure parole di Gabriella Martinelli e Lula. Un brano che attraversa temi sociali, schiantandosi contro la realtà dei piccoli quartieri di periferia adiacenti a distretti industriali dove l’aria è insalubre e dove le persone, molto spesso, finiscono con l’ammalarsi di cancro (per non parlare dei bambini che nascono con malformazioni). Una realtà non possiamo più tollerare nel 2022!

Oltre i confini dell’Italia…

Proseguiamo la nostra playlist green con altri cinque artisti internazionali che hanno scritto veri e propri capolavori che hanno toccato il cuore di più generazioni (vi sveleremo anche il nostro brano preferito). Alcuni di loro non si sono solo limitati a scrivere bella musica, ma hanno anche “agito”. I Coldplay nel 2019 hanno annunciato di non voler più andare in tour dopo il disco Everyday Life, finché non troveranno un modo per ridurre l’impatto energetico di un concerto. Paul McCartney, invece, ha fondato l’associazione no profit Free Meat Monday in cui propone di non mangiare carne per un giorno a settimana, una scelta che può portare grandi benefici a livello ambientale per l’impatto che gli allevamenti intensivi possono avere sull’eco-sistema.

Neil Young – Mother Earth (1990)

Oh, Madre Terra con i tuoi campi verdi

Sacrificata ancora una volta dalla mano affamata

Per quanto tempo potrai dare senza ricevere

E sfamare questo mondo governato dall’avidità?

Il cantautore canadese, punta il dito verso una società dove l’avidità prevale sul rispetto verso il pianeta. Dove il capitalismo e l’industria calpestano la natura continuamente, sfruttandone le risorse naturali come se queste fossero infinite, senza curarsi mai del futuro. Dipinge un’umanità irriconoscente alla Madre Terra, che ha ricevuto immensi doni senza mai ricambiare il favore.

The Beatles – “Mother Nature’s Son” (1968)

Seduto vicino ad un torrente

Guardo sorgere le sue acque

Ascolto il suono delizioso della musica mentre vola

Una melodia idilliaca, un momento di contemplazione della bellezza della natura. Questo Figlio di Madre Natura descritto dai Beatles vive di piccole grandi gioie: stringendo margherite e cantando una pigra canzone sotto il sole. 

REM – Cuyahoga (1985)

Uniamo le forze, costruiamo una nuova nazione dal niente 

Al di sotto del letto del fiume abbiamo bruciato il fiume stesso

Qui è dove camminavano, nuotavano, cacciavano, ballavano e cantavano

Lo spirito propositivo di questo brano dei REM è ciò che serve adesso. Parlano di Cuyahoga, una località dove un tempo sorgeva una tribù di nativi americani, adesso descritta dalla stessa band come “il fiume più schifoso d’America”. Il brano incita ad unirsi, rimboccarsi le maniche e costruire un posto migliore, una nazione migliore. 

David Bowie – Five Years (1973)

Il tizio al telegiornale pianse e ci disse

che la terra stava davvero morendo

Pianse tanto che la sua faccia era bagnata

e realizzai che non stava mentendo

E se ci ritrovassimo davanti allo scenario immaginato da David Bowie? Ziggy Stardust accende la televisione ed ascolta un annuncio terrificante: il mondo sarebbe finito in cinque anni a causa della mancanza di risorse. L’intero mondo attorno a lui impazzisce, si autodistrugge per il panico. E lui pensa a tutte quelle persone che sarebbero venute a mancate, perfino le persone “inutili”… e lì realizza che non aveva mai creduto di aver bisogno di tutte quelle persone.

Michael Jackson – Earth Song (1995)

Che ne è dell’alba/ che ne è della pioggia;

Che ne è di tutte le cose / che tu dici fossero da conquistare / che ne è dei campi distrutti

Ti sei mai fermato a notare / questa terra che piange .

Concludiamo la nostra playlist con il brano, anzi l’opera, più bella ed emozionante dedicata al nostro pianeta mai scritta. Solo Michael Jackson poteva farsi carico di questo onere. Del resto grandi inni generazionali come We are the world o Heal the world portano anch’essi la sua firma. Fra la ballata ed il blues, con un grande coro gospel sulla coda finale, questo brano cresce di tensione fino a sfociare in un urlo disperato. Nelle parole dello stesso autore: 

“Ricordo di aver scritto Earth Song quando ero in Austria, in un hotel e stavo provando così tanto dolore e tanta sofferenza per la condizione del Pianeta Terra. Per me, questa è la canzone della Terra, perché penso che la natura stia cercando a fatica di compensare la cattiva gestione della Terra da parte dell’uomo. E con lo squilibrio ecologico in corso, e molti dei problemi ambientali, penso che la Terra senta il dolore, e che abbia delle ferite, e parla anche di alcune delle gioie del pianeta. Ma questa è la mia occasione per far sì che la gente ascolti la voce del pianeta. Questa è Earth Song. Questo è ciò che l’ha ispirato”.

Intervista a Carmelo Piraino : a tu per tu con il cantante siciliano autore di “Non so se posso”, nuovo album d’esordio

Intervista a Carmelo Piraino : a tu per tu con il cantante siciliano autore di “Non so se posso”, nuovo album d’esordio

Carmelo Piraino esce con il suo album di esordio “Non so se posso”. Esordio discografico a cui hanno collaborato Manfredi Tumminello (chitarre e basso) e Manfredi Caputo (percussioni), prodotto da Massimo Scalici. Nove brani autobiografici che pescano a piene mani dalla vita vissuta.

Pezzi che descrivono eventi, emozioni, situazioni che poi l’arte di scrivere sublima o tenta in versione più o meno poetica.

Insomma, canzoni che, senza filtri né giri di parole, parlano di lui più che mai. Provocatorio e ironico, racchiude la vita, i sentimenti e tutte le sfaccettature di un animo che tenta di trovare un senso.

Un senso tra ragione e sentimento, tra realtà e fatalismo, tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, tra un bel tramonto e l’universo e tutti quei mille dubbi che ci appartengono come esseri umani”, ha affermato l’artista.

Sono brani che parlano di me e della mia difficoltà a mettere a nudo le mie emozioni. Per questo ho riflettuto un paio d’anni prima di decidere di far uscire il mio primo disco. Il titolo è il più sincero che potessi trovare: “Non so se posso”.
Un progetto che rispecchia la mia titubanza a mettermi in prima linea e mettermi in gioco, anche come interprete delle mie stesse canzoni”, ha confessato Carmelo Piraino .

Ci domandiamo a questo punto quale sia il significato del nome dell’album, come ha pensato l’autore di continuare la frase, lasciando diverse interpretazioni.

Il cantante sostiene, infatti, che il bello di “Non so se posso” è proprio quello di essere una domanda retorica. Un quesito a cui nessuno deve in realtà rispondere e a cui nessuno soprattutto può rispondere “no! non puoi”. Una forma educativa sincera per accingersi a fare qualcosa in punta di piedi.

Non so se posso è anche quel modo di dire un po’ paraculo di chi ha già detto la sua, ma si nasconde dietro questo fittizio modo di chiedere permesso. E anche questo rappresenta Carmelo Piraino e rappresenta tutte le canzoni che fanno parte del disco”, ha dichiarato il cantante siculo.

Carmelo Piraino, classe ’75, si è diplomato nel 2009 alla scuola di Mogol, il Cet (Centro Europeo di Toscolano). L’artista ha esordito come autore con il libro “Laura non c’è, scusami Nek se anche la mia Laura non c’è” annesso a un cd di canzoni.

Il suo percorso di autore prosegue negli anni successivi e si espande alla figura di presentatore e docente di songwriting. Nel 2018 arriva in finale al concorso Musica contro le Mafie e Sanremo Rock, mentre nel 2019 si aggiudica il Premio Donida.

In occasione dell’uscita del suo primo singolo e album gli abbiamo posto qualche domanda.

Il tuo percorso musicale è iniziato dopo anni di studi universitari. Ora sei un musicista e un artista a tutto tondo, ma precedentemente avevi altri progetti per la tua vita?

Ho sempre studiato per accrescere il mio livello dialettico, culturale per potere affinare anche la mia scrittura. L’arte mi è sempre piaciuta, ma in realtà, dopo la laurea in scienze politiche, ho conseguito un master in marketing di servizi turistici e avevo cominciato a lavorare nel settore e lo facevo con tanta passione. Ho sempre fatto tutto facendo precedere la passione e il piacere, anche oggi mi districo tra impegni verso i quali mi alzo la mattina felice di portarli avanti: la gemmologia e il commercio di pietre preziose che è il mio lavoro, la formazione con diversi progetti che vede protagonisti tanti ragazzi e le mie canzoni”.

Il tuo disco di esordio è composto da nove brani. Quale di questi ritieni ti rappresenti di più?

Risposta difficilissima sono tutti frutto di pensieri miei intimi e di tanto struggimento a volte. Però forse quelle che individuano più lo stile ironico sferzante fuori dagli schemi sono Il mio funerale e Non so se posso che da il titolo all’album”.

Non so se posso è un album introspettivo ed emozionante, ma anche ironico e provocatorio. Quale è il messaggio che vorresti arrivasse al tuo pubblico?

Non è un disco che vuole dare un messaggio se non la condivisione di ciò che sono io attraverso quello che scrivo. Si chiama shock da riconoscimento: io scrivo il mio, tu ci trovi il tuo. Alla fine comunque i brani messi insieme hanno preso una forma, hanno evidenziato un concept che potrei definire apocalittico nichilista anche se veicolato da melodie leggere che alleggeriscono”, dichiara Carmelo Piraino.

Il periodo della quarantena ha costretto il mondo a fermarsi per il Covid. Come hai vissuto questa esperienza e quanto ha influito sui tuoi progetti musicali?

Ha influito tantissimo perché subito dopo il lockdown ho deciso che Non so se posso non poteva più aspettare. E così è stato: un fortissimo richiamo. Personalmente mi ha lasciato segni importanti e ha aperto una visione del mondo diversa che cercavo da una vita. Adesso sento di essere dentro un bellissimo processo di cui vedrò i frutti una volta sedimentata l’esperienza e che forse si leggerà, si ascolterà e la canterò nel prossimo album. State in ascolto. A presto”.

Nove brani autobiografici che girano attorno al concetto del pentimento, della perdita, del rammarico, della tristezza, dell’inadeguatezza ma tutto filtrato da un’allegria melodica che rende il disco delicatamente fruibile all’ascolto. Un esordio discografico provocatorio ed ironico che racchiude la vita, i sentimenti del cantautore siciliano e tutte le sfaccettature di un animo che tenta di trovare un senso.

Non so se posso è solo un punto di partenza. Ho scritto tanto in questi anni e voglio comunicare, in piccolo o in grande che sia, le mie emozioni i mie pensieri, la mia vita”.

Intervista a Pushmmua : esordio musicale per l’artista palermitano

Intervista a Pushmmua : esordio musicale per l’artista palermitano

Pushmmua , pseudonimo di Vincenzo Salerno, classe ’96, entra a far parte del mondo della musica con il suo primo brano “Risalire”. Il disco, che vedrà la luce nel 2022, è stato prodotto dal producer palermitano Dario Pellerito, in arte “Pellerito”. Proprio nell’ultimo anno, infatti, tra i due è nato anno un connubio artistico che unisce in modo coerente elettronica, R&B, hip Hop e indie pop. L’album è stato, perciò, pensato per avere sound insoliti, basi armoniche elettroniche, chitarre sussurrate e ritmi in genere regolari ai confini del rap.

Giovane, iconico e disinibito, il nome del rapper e cantante palermitano con la sua personalità così esplosiva e coinvolgente, emerge e si impone in questo universo musicale fatto da infinite contaminazioni. La canzone risalta proprio in termini di scrittura. Una naturalezza e una semplicità in grado di coprire stili diversi, dal pop all’R&B, dall’elettronica all’hip hop.

L’artista ha, infatti, dichiarato di aver scritto questo brano durante il periodo del lock down. Il senso? Dare una speranza di libertà e felicità al pubblico di ascoltatori.

Risalire è un brano che parla di malinconia e di periodi bui che possono e devono essere superati. L’atmosfera cambia durante l’intera traccia, da cupa a elettrica. Lo scopo è proprio quello di testimoniare il cambiamento di stato emotivo che ho provato durante questo brano. Insieme a Pellerito, che vanta la partecipazione musicale a Real Talk, uno dei format hip hop più seguiti in Italia, ho cercato di rimarcare queste sensazioni. Il mio intento era quello di poterle fare arrivare nel modo più diretto possibile all’ascoltatore e di riprodurle anche nel visual”, ha raccontato Pushmmua.

Un pezzo con un ritmo che non è più una semplice incursione in produzioni spiccatamente rap. Piuttosto, un genere che nasconde derive rap, indie, urban ed elettroniche. Un sound deciso, creativo e indubbiamente ispirato da riferimenti stranieri e infine, esteticamente a fuoco, cool, ricercato.

FashionNewsMagazine ha incontrato Pushmmua per scoprire qualcosa in più sulla vita e sulla carriera del cantante emergente.

– Come e quando nasce il tuo amore per la musica?

Il mio amore per la musica nasce da piccolo quando mi appassiono all’elettronica e al mondo dei DJ’s”.

– Il tuo album avrà all’interno diverse contaminazioni musicali. Quale genere ti rappresenta maggiormente e perché?

Sicuramente l’hip hop, con i sottogeneri che ne derivano come il rap e l’r&b. Sicuramente perché questo è il genere che mi ha fatto cominciare a fare musica. Se l’elettronica era un genere che mi piaceva suonare alle feste, l’hip hop mi ha spinto a creare musica soltanto mia”.

– Quali sono gli artisti a cui ti ispiri e con cui ti piacerebbe fare una collaborazione?

Ci sono mille artisti ai quali mi ispiro, da The Weeknd a Kanye West, da Tyler the Creator a gente meno conosciuta come FrvFriday, Geeeko e tanti altri. Vorrei collaborare anche con diversi artisti francesi che stanno emergendo, hanno uno stile unico e diverso dai loro predecessori”.

– Come è avvenuto il processo creativo di “Risalire”?

Risalire è nata in quarantena. In un contesto difficile e sofferente per tutti, infatti, ho cercato di canalizzare questo sentimento e la speranza di uscirne in una canzone”.

Pushmmua, cosa significa per te la musica?

Per me la musica è semplicemente espressione. È fondamentale per esprimermi e per divertirmi. Non riuscirei mai a vivere senza: la mia testa è sempre fissa lì 24 ore su 24”.

Difficile che un artista così eclettico e originale come Pushmmua potesse passare inosservato. La sensazione diffusa è che questo cantante emergente abbia dalla sua un talento fuori dal comune che gli assicurerà senz’altro una carriera musicale ricca di successo. Non può essere un caso: “Risalire” ha tutto il potenziale per essere la nuova hit del momento.

Elektra Nicotra racconta SALIH: il suo nuovo singolo è disponibile su tutte le piattaforme streaming e su youtube

Elektra Nicotra racconta SALIH: il suo nuovo singolo è disponibile su tutte le piattaforme streaming e su youtube

La cantautrice Elektra Nicotra inaugura un nuovo concept album interamente in dialetto siciliano. In arrivo nel 2022, l’album è prodotto da Giuvazza Maggiore (Eugenio Finardi, Levante, Loredana Bertè).

Dal 29 ottobre è già disponibile su tutti gli store digitali SALIH, il singolo estratto dall’album in cui confluiscono tradizione mediterranea e sound sperimentale.

Intervista a Elektra Nicotra

Partiamo dal titolo del brano. Un nome che racchiude al suo interno, nella sua pronuncia, un alone misterioso, portatore di un sospiro affannoso. Lo stesso sospiro che ripeterai più volte all’interno del pezzo. Chi è SALIH?

Salih è un principe condannato a morte per essere figlio illegittimo del re, suo patrigno. Si pensa che non sia totalmente umano perché la sua pelle è dorata. Nel sogno, io mi affanno perché vorrei provare ad aiutarlo a fuggire, ma solo lui può salvare se stesso.

Un concept strumentale e vocale che vuole ricreare una dimensione onirica. Nove sogni narrati in nove episodi musicali. Il nuovo sound sperimentale è dato dall’unione di dispositivi estremamente moderni, come il sintetizzatore e la chitarra elettrica, con il marranzano, uno dei più antichi strumenti al mondo. Perché la scelta di questi elementi?

Non possiamo dirigerci verso il futuro senza portare con noi un pezzo di ciò che siamo stati, del nostro bagaglio. Dal punto di vista sonoro è bello vedere come certi elementi riescano a legarsi. Il marranzano ha un suono metallico che ben si sposa con la corda della chitarra elettrica. Gli echi e la profondità di un accordo ottenuti dai synth catapultano subito in un’atmosfera ultra-terrena, dandomi la possibilità di costruire scenari diversi.
 
Elektra Nicotra nel videoclip del suo nuovo singolo Salih
Elektra Nicotra nel videoclip di Salih

Il tema onirico è quello che si presta meglio alla sperimentazione musicale e alla contaminazione di culture e periodi storici?

Non è fondamentale, ma sicuramente viaggiare fra i sogni mi offre grande libertà. Nel mondo onirico, infatti, può accadere qualsiasi cosa, anche la più bizzarra. 

Elektra, qual è il segreto per far confluire, all’interno di un brano, la giusta dose di tradizione e innovazione?

Per ciascun brano è diverso e non esiste una formula precisa. Nell’album che sto preparando ci sono pezzi più legati alla terra, alla corda, alla percussione legnosa; altri dove è la parte elettronica ad avere più spazio; o altri ancora dove trapela un’influenza più rock e british.
 
È il brano stesso a dirti come dosare i vari elementi per raggiungere il giusto equilibrio, come quando aggiungi gli ingredienti a occhio.

Cantante e musicista siciliana, figlia d’arte. Crescendo in mezzo alla musica hai sviluppando una naturale predisposizione al canto e alla composizione. Il tuo primo concept album è stato Awakening. Pubblicato nel 2017 con la produzione artistica di Giuvazza Maggiore, l’album è stato accolto dalla stampa con apparizioni su Web Notte di Repubblica TV, Edicola Fiore di SKY e in oltre trecento radio italiane ed internazionali. Perché scegli di cantare in dialetto siciliano?

Ho sempre cantato in inglese, dalle prime esperienze live dell’adolescenza nei club, con le cover rock e blues. Avevo fatto mia questa lingua dal punto di vista musicale e ho scritto in inglese il mio primo album. La lingua inglese, infatti, è la più adatta alla mia vocalità, alla mia influenza blues.
 
Con il Salih, ho pensato di uscire un po’ da quel territorio che conoscevo bene e, sotto consiglio del mio produttore, ho iniziato a fare qualche esperimento con il dialetto siciliano. Abbiamo subito notato che dalla mia voce uscivano certi colori nuovi e intriganti.
 
Grazie al siciliano ho potuto esplorare un nuovo tipo di vocalità, fare qualcosa di totalmente diverso. È una lingua che rievoca subito un’atmosfera arcaica e ha un suono più morbido rispetto all’italiano.
 
Mi piace anche pensare che, varcato il confine della Sicilia, nessuno capisca cosa io stia dicendo. È molto divertente quando ti dicono: “a me sembra ostrogoto, non capisco nulla”. In questo modo il suono diventa la cosa primaria… poi, se sei curioso, puoi andare a leggere il testo tradotto. 

Con la realizzazione del videoclip di SALIH inauguri anche il tuo esordio alla regia. Parlaci della scelta della scenografia, dei costumi, dei personaggi, riferimenti ad epoche storiche.

La trama del videoclip è totalmente slegata da quella del testo. Le immagini del video scorrevano nella mia testa già da tempo, così ho voluto provare a costruire questa ambientazione.
 
La mia unica esperienza sul campo è sempre stata relegata agli shooting moda, dato il mio lavoro di stylist. Naturalmente per un videoclip la cosa risulta leggermente più complessa, sopratutto quando hai tanti personaggi da gestire contemporaneamente e sei tu stessa sul set in veste di protagonista.
 
Volevo portare un po’ di estetica siciliana, senza scadere sul banale e senza trascurare il tema onirico. Ho preso la sala da pranzo di una casa siciliana d’epoca e l’ho catapultata in mezzo alla natura. Le sedie barocche, il tavolo tondo in legno. Data la strizzata d’occhio ad Alice nel Paese delle Meraviglie, lo stile non poteva che essere un po’ vittoriano.
 
Diciamo che sono stata in bilico fra Gucci e Dolce&Gabbana. Da qui l’idea di un mantello composto da fiori, che ha realizzato per me la designer catanese Cool Lalla, così come gli altri outfit che indosso.
 
Gli abiti degli altri personaggi sono un mix di capi vintage, Zara e accessori handmade di Cool Lalla.
 
Ho chiesto alla Cake Designer Anastasia Scalia di creare una torta a piani che fosse la copia esatta dell’abito-torta visto in passerella da Moschino. Tutti chiedevano se a fine riprese ne avrebbero potuto avere una fetta… ma dentro era di polistirolo!
 
Il mantello interamente composto da fiori della designer catanese Cool Lalla

All’interno del videoclip sono presenti forti richiami ad Alice in Wonderland. C’è l’elemento del bosco, in cui strani personaggi, seduti in un salotto barocco, stanno giocando una partita dall’esito incerto. Che cosa rappresentano il bosco e il salotto e chi sono i personaggi?

Il bosco è il subconscio: un salotto dove è possibile collegarsi al proprio essere, dove ritrovare tutto quello che è inaccessibile.
 
I personaggi rappresentano degli archetipi e delle virtù, ma le loro personalità entrano in conflitto quando l’ego mette il suo zampino.
 
Siamo tutti mossi da nobili scopi e abbiamo tutti delle qualità, ma il nostro ego può distruggere tutto in un attimo.
 
Azzerare il conflitto è capire che ogni nostro nemico è solo una proiezione di noi stessi. La partita a carte termina esattamente quando scopro che il mio avversario sono io.

Tutte le narrazioni hanno una morale. Qual è la morale di SALIH?

Salih, avendo una trama per il testo della canzone e una diversa per il video, ha due “morali”, se vogliamo. O due messaggi.
 
La narrazione del testo suggerisce che aiutare gli altri è possibile, ma solo a condizione che questi siano anzitutto disposti ad aiutare loro stessi. Possiamo, più che altro, supportare gli altri.
 
Non dobbiamo essere così presuntuosi da pensare che qualcuno dipenda da noi, neanche i nostri stessi figli. Ciascuno deve intraprendere il proprio personalissimo percorso evolutivo. Siamo sulla terra per questo motivo, per evolverci.
 
Quando rimproveri un amico o un fratello per aver preso una decisione sbagliata, indicandogli poi la retta via, non lo stai aiutando, ma giudicando.
 
La seconda morale l’ho già esposta nella domanda precedente.
 
Il videoclip del nuovo singolo di Elektra Nicotra Salih
Il videoclip del nuovo singolo di Elektra Nicotra richiama Alice in Wonderland

Come si riescono a tramutare un’idea e un concetto in un apparato di musica, canto, immagini?

Avviene tutto in modo naturale e spontaneo. Può essere l’idea a suggerirti un luogo e una melodia; così come può essere la melodia a suggeriti l’idea. Non c’è un ordine.
 
Nulla nel processo creativo è metodico. Posso dire che i brani di questo disco si siano scritti da soli, mentre non ero cosciente, cioè nel sogno.
 
I miei sogni sono sempre molto vividi, quindi avevo già uno scenario ben definito a cui ho aggiunto le melodie.

L’immagine della cover sembra rappresentare una contaminazione di culture. Vari personaggi si affacciano da balconate e sullo sfondo vi è un viale attraversato da un uomo e un cortile arido su cui sono adagiati i pianeti del sistema solare. Spiegazioni e semplificazioni su questa scelta?

Ho immaginato la vita come un sentiero delle possibilità. Le possibilità sono infinite, ogni secondo che viviamo è un’occasione per rivoluzionare tutto.
 
Per questo motivo l’uomo nel suo sentiero vede uno squarcio di universo, perché può fare qualsiasi cosa: dalla più meravigliosa alla più turpe… e ha sempre il suo pubblico!
La cover del singolo creata dalla stessa Elektra

Elektra, il 31 Gennaio 2022 parteciperai a Casa Sanremo Live Box, il contenitore per i giovani artisti emergenti, dove suonerai un tuo pezzo dal vivo. Puoi darci qualche piccola anticipazione sulla tua proposta? Che cosa ti spetti da questa esperienza?

Da me stessa mi aspetto di suonare bene… ma questa è una cosa che vale per ogni performance.
 
Diciamo che per il resto non vivo mai troppo carica di aspettative, ma lascio che le cose accadano.
 
Sono molto contenta di essere stata selezionata e sono sicura che ci divertiremo tantissimo. 
 
La cantautrice siciliana Elektra Nicotra
La cantautrice Elektra Nicotra durante una performance
Intervista a Barberini : “Tempura Nostalgia”, tra ricordi e attimi vissuti

Intervista a Barberini : “Tempura Nostalgia”, tra ricordi e attimi vissuti

Il suo pop onirico ed evocativo, la sua voce sussurrata che rimanda ad atmosfere intense e intime, Barberini , nome d’arte di Barbara Bigi, torna con un nuovo singolo dal nome “Tempura Nostalgia”.

La domanda che sorge spontanea è quale sia il significato che si cela dietro questo titolo. “Un menù fatto di ricordi, da consultare ogni volta che si ha voglia di un assaggio di nostalgia. Un brano dedicato a chi, ogni tanto, cerca il sapore agro-dolce del passato per il gusto di scottarsi un po’, come con il cuore bollente di un raviolo al vapore”, ha raccontato l’autrice. A fare da sfondo una melodia sognante, che spazia dalla noia a note malinconiche, mentre il testo è costruito su un alternarsi di domande verso l’esterno e una timida introspezione. Il pezzo, che farà parte del secondo album in uscita a fine 2021, è scritto e cantato da Barberini, prodotto, registrato e mixato da Marco Catani e masterizzato da Salvatore Addeo.

Suona, canta e scatta fotografie che rispecchiano il mood delle sue creazioni: intime, minimali e dal sapore un po’ retrò. Barberini è nata e cresciuta a Roma, inizia a scrivere per mestiere dentro le stanze di un’agenzia pubblicitaria del centro storico come copywriter. Dopo qualche anno di slogan e spot tv, comincia a fantasticare di scrivere canzoni. Nel 2015 dopo l’incontro con l’amico e cantautore Marco Catani (Carpacho!), inizia la sua carriera musicale. Nel 2018 pubblica il suo disco di esordio, arrangiato e prodotto da Filippo Dr Panìco. “Prima di iniziare a scrivere canzoni non avevo alcuna esperienza con la musica. Avevo un po’ di esperienza con la scrittura, ma in tutt’altro campo. Lavoro in pubblicità e gran parte del mio lavoro consiste nel trovare un’idea e le parole per raccontarla. Ho pensato che con le canzoni non dovesse essere troppo diverso e così ho provato a farlo, usando più o meno lo stesso metodo. Non so se ha funzionato, ma in questo modo mi è sembrato di fare una cosa familiare”, ha affermato Barberini.

Quando canta la voce dell’artista è dolce, composta, impalpabile. La cantante non fa rumore: racconta senza imporsi, va ascoltata in silenzio o si disturba l’atmosfera. I ritmi, i riverberi, gli accenni agli anni ottanta e le svolte elettroniche rievocano momenti di vita: lontani, fiabeschi, forse irraggiungibili. I testi sono semplici, niente complessità, parlano della quotidianità e si rifiutano di tradirla. Percussioni e synth si sovrappongono e aumentano la profondità sonora della canzone. Il risultato dunque, è un ponte fra passato e presente, fra tradizione del cantautorato italiano e il più moderno dream pop. L’elettronica c’è, ma si muove con passo discreto, senza essere invadente, guardandosi bene dal reclamare più spazio di quello concesso.

FashionNewsMagazine ha incontrato Barberini per conoscere e scoprire dettagli sulla sua vita e carriera musicale.

Sei una giovane donna lavoratrice, ma anche un’artista. Quale è il segreto per conciliare lavoro e musica e soprattutto fare bene entrambi?

Credo che tutto dipenda dal tipo di lavoro che fai e soprattutto dai tuoi ritmi di lavoro. Fino a qualche anno fa, ad esempio, lavoravo in un’agenzia pubblicitaria full time e trovare il tempo da dedicare ad altro era molto difficile. Poi, ho capito che se volevo dedicarmi anche alla musica dovevo cambiare qualcosa. Così mi sono licenziata e ho iniziato a lavorare da freelance. È stato un salto nel buio, ma da lì è cambiato tutto. Potendo gestire liberamente tempi e modalità di lavoro, ho iniziato ad alternare periodi in cui lavoro solamente a periodi in cui mi dedico interamente alla musica. Dopo vari tentativi ho trovato un equilibrio che funziona, ma tutt’ora mi capita di avere delle difficoltà a conciliare le cose”.

Entro la fine dell’anno uscirà il tuo secondo album. Che differenze riscontri con quello d’esordio?

Quando è uscito il mio primo disco, avevo iniziato a suonare e scrivere da nemmeno tre anni. Le canzoni che avevo erano state scritte senza mai pensare che qualcuno un giorno le avrebbe ascoltate. Se questo approccio da una parte rende i pezzi molto sinceri, dall’altra li rende in qualche modo chiusi in se stessi. Dopo l’uscita del primo album, ho iniziato a scrivere con la consapevolezza che quei pezzi sarebbero stati pubblicati e ascoltati da altre persone, e questo in fase di scrittura fa una differenza enorme; è stato un ostacolo difficile, ma credo che abbia dato al nuovo disco un tipo di consapevolezza che quello d’esordio non aveva. Poi chiaramente ci sono tante differenze a livello di scelte, di suono, ecc. ma penso che questa sia la principale”.

È uscita la tua nuova canzone “Tempura Nostalgia” dove si parla dell’importanza dei ricordi e del proprio passato. Quanto di autobiografico c’è di te in questo testo?

Quello che scrivo è sempre in qualche modo autobiografico, ma non si riferisce necessariamente ad una storia o un episodio in particolare. La maggior parte delle volte è un mix di esperienze, pensieri, sensazioni, che appartengono a periodi di vita anche diversi e lontani tra loro. Ad esempio, Tempura Nostalgia è nata perché qualche anno fa mi sono trasferita in un quartiere di Roma piuttosto multietnico e pieno di ristoranti orientali (cinesi, giapponesi, thailandesi). Ci mangiavo spesso e mi hanno sempre affascinato tantissimo i loro menù, con le foto dei piatti e i nomi tradotti a volte in modo buffo e per noi assurdo. Volevo scrivere una canzone che si portasse dietro quell’immaginario, per qualche motivo mi è venuta in mente l’immagine di un menu che al posto delle foto dei piatti avesse foto di ricordi e mi sono appuntata il titolo “Tempura Nostalgia”. Da lì ho iniziato a scrivere liberamente quello a cui mi faceva pensare e altri pezzi della mia vita ci sono finiti dentro, quasi per caso”.

La tua musica racchiude diverse contaminazioni musicali tra cui indie, pop ed elettronica. Quale di questi stili ti rappresenta di più?

Negli ultimi anni ho ascoltato tanto indie italiano, ma anche dream-pop / shoegaze e molte cose di elettronica francese. Credo che questo mix di influenze sia finito in qualche modo nel disco, più o meno volontariamente. Probabilmente la definizione di indie è ancora quella che si avvicina di più a quello che faccio, anche se adesso racchiude talmente tante cose che è difficile che un progetto cantautorale in italiano non ci finisca dentro. Forse il mondo dell’elettronica è quello da cui mi sento più lontana, soprattutto come approccio alla scrittura, ma ne ascolto sempre di più, ci sono cose che mi piacciono molto e non escludo, in futuro, di provare ad andare sempre più in quella direzione”.

A tratti cliché, a tratti malinconico, l’album di Barberini va ad esplorare atmosfere leggere, quasi impalpabili, ma senza mai abbandonare il contatto con la realtà: giusto il tempo di un breve viaggio in treno, sognando ad occhi aperti, guardando fuori dal finestrino e ascoltando la bella voce dell’artista.

Joshua Thriller è un contenitore di collaborazioni musicali che esordisce con il singolo “Cloud on the Water” – l’intervista a Giorgio, ideatore del progetto

Joshua Thriller è un contenitore di collaborazioni musicali che esordisce con il singolo “Cloud on the Water” – l’intervista a Giorgio, ideatore del progetto

Diciamolo: forse l’epoca delle grandi band è finita. Forse è arrivato il momento di co-operare fra musicisti in una chiave diversa, più libera.

L’approccio di Joshua Thriller è quella di un team creativo. Il suo ideatore, Giorgio Indaco, ha pensato di creare un vero e proprio contenitore di collaborazioni musicali dove, di volta in volta, ruotano musicisti portando idee, ispirazioni, carattere e sound.

L’evoluzione la vedremo senz’altro nel tempo: il fatto di coinvolgere sempre nuove personalità darà una spinta molto più fresca e dinamica. Con questa modalità sarà praticamente impossibile “ripetersi”, un rischio che corrono tutte le band, anche le più blasonate.

Joshua Thriller si presenterà sempre con qualcosa di nuovo, appunto per la rotazione dei protagonisti.

È stato lanciato il 9 Ottobre il primo singolo del progetto, “Cloud on the Water”, con la voce solista di Federico Romeo. L’intera produzione musicale è stata curata da Giorgio Indaco. Un brano rock/funk dal ritornello incisivo. È interessante vedere come siano riusciti ad ottenere un sound moderno, partendo da uno stile vintage che adesso sta ritornando di tendenza.

Nel video clip la formazione è composta da Giorgio Indaco (chitarra), Federico Romeo (voce), Ciccio Bassi (basso) e Paolo Ferrarotto (batteria).

Per le riprese è stata scelta una location “realistica”, ovvero la sala prove dove effettivamente questo progetto musicale è nato e cresciuto, l’Associazione Musicale “Solo Suono” di Catania.

Lo styling di Joshua Thriller – il making of degli outfit

La collaborazione fra me, fashion editor di FNM Magazine e Joshua Thriller è iniziata una volta sentita la prima demo di “Cloud on the water”. Ho subito immaginato uno stile Mark Ronson (chitarrista e produttore di Bruno Mars, Lady Gaga ed Amy Winehouse): dandy, vintage che tradotto in moda significa Gucci e Versace.

L’idea è stata subito accolta da Joshua Thriller e così ho iniziato a comporre quattro outfit: il primo, quello di Giorgio Indaco, assolutamente in stile Mark con una giacca strutturata rosa (assolutamente Versace), pantalone sartoriale, canotta a coste basic, occhiali Ray Ban modello Blues Brothers, calzature Creepers in stile rockabilly e catene dorate al collo con pendente per un tocco urban gangsta. Questo outfit è un mix di gusto retrò, gioventù bruciata e stile metropolitano.

Da sinistra: Giorgio Indaco, Federico Romeo, Paolo Ferrarotto, Ciccio Bassi – Joshua Thriller

Il vocalist, Federico Romeo, con la sua capigliatura super wavy, mi ha subito ricordato Bruno Mars. Ho voluto giocare con un print audace in stile Versace, scovando una camicia di Zara della corrente collezione con una stampa multicolor Rainbow. Anche il girocollo chain con pendente ricorda il ciondolo Medusa dello storico brand italiano. Scovato in store da H&M al reparto accessori donna, collezione attuale. Era necessario, a questo punto, un tocco funk anni ’70, l’accessorio che fa la differenza. Si tratta di un paio di Ray Ban modello Aviator con lenti arancioni. Non è forse questo dettaglio a dare carattere all’intero outfit?

Al basso, Ciccio Bassi. Non ho voluto snaturare quello che è il suo look abituale, in stile anni ’70. Ho pensato: total white. Minimal. Ma il dettaglio del pantalone a zampa di elefante, della blusa in lino morbida, lo rendono etereo ma rock, come Ted Neely in Jesus Christ Superstar.

L’ultimo outfit, ma non per importanza, è quello del batterista, Paolo Ferrarotto. In questo caso, ho totalmente cambiato le carte in tavola: mentre il suo look abituale è molto in stile Pirate/ Vivienne Westwood, l’ho immaginato come un gangster degli anni ’30 con cappello fedora, girocollo a catena, bretelle, pantalone sartoriale e canotta a coste bianca, un elemento che ha fatto da fil rouge fra i vari outfit.

Questa la formula stilistica per il primo capitolo di Joshua Thriller.

Joshua Thriller – l’intervista all’ideatore del concept, Giorgio Indaco

Joshua Thriler non è una band, ma un contenitore di collaborazioni musicali. Da dove nasce l’idea?

L’idea di un contenitore di collaborazioni artistiche è nata da un mio personale bisogno di reagire. Alcuni progetti a cui stavo lavorando non sono riusciti a fronteggiare la pandemia. Molti amici e collaboratori avevano perso entusiasmo ed inevitabilmente ci siamo persi. Io invece non ho mai smesso di suonare, nemmeno un giorno. Ho scritto molte canzoni negli ultimi due anni. Oggi siamo arrivati ad un punto in cui una canzone non la pubblichi solo se non vuoi pubblicarla, stavo solo aspettando il momento per poter ripartire, Produrre, inventare, scommettere su me stesso. Tutti coloro che sono coinvolti in “Cloud on the water” possiedono questo spirito.

Cosa significa il nome Joshua Thriller ?

In maniera comica, l’idea è nata quando ho letto che Tommaso Paradiso stava per pubblicare un album dal titolo “Space Cowboy”. Sui social tutti a scrivere: “Non hai nemmeno l’immaginazione per dare un titolo originale al tuo album”, dato che “A Return of a Space Cowboy” è il titolo di un famoso Album dei Jamiroquai. Il popolo del web è sempre esagerato (ride). A quel punto ho replicato: “Pubblicherò un album che si chiamerà ‘Joshua Thriller'”, un evidente gioco di parole basato su due album/monumento degli U2 e di Michael Jackson. Non era mia intenzione farlo davvero, ma pochi giorni dopo il nome mi risuonava in mente, quindi ho deciso che ne avrei fatto qualcosa. Grazie Tommaso Paradiso!

Quello di cui parli è un nuovo approccio musicale. Pensi che nel 2021 sia necessario cambiare il paradigma? Come vedi il futuro della musica?

Più che necessario è un obbligo. Per troppo tempo la musica è stata declassata a mero intrattenimento di basso livello. Mi ispiro a grandi artisti che, pur intrattenendo milioni di persone, lo hanno fatto per renderle felici, non per deprimerle. Non definirei il mio un nuovo approccio musicale, anzi, mi reputo abbastanza tradizionalista in questo. Forse è questo ritorno alla tradizione che oggi lo fa sembrare un nuovo approccio.

Il futuro della musica lo vedo di nuovo per strada, ma pur sempre ipertecnologico, come quando Muddy Waters passò dal blues acustico a quello elettrico. Lo spero proprio, perché sui social possiamo essere tutti forti, ma è solo dal vivo che si vede di che pasta sei fatto.

Qual è il significato del titolo “Cloud on the water”?

Federico ha scritto il testo pensando a quello che il Rock and roll è: È solo rock and roll, ma il corpo non smette di muoversi, è come in stato di trance, è un’unica cosa con la musica.

“Nuvola sull’acqua” è come un uscire fuori dagli schemi precostituiti della società, per trovare il proprio io.

Quale sound ti influenza maggiormente?

Sono cresciuto con tanta di quella musica che rispondere a questa domanda in poche righe è praticamente impossibile. Come musicista, ho sempre adorato l’approccio di Paul McCartney e  Lenny Kravitz, che oltre ad essere grandi songwriter sono anche polistrumentisti di razza. Come produttore sonoro vengo dalla scuola del “wall of sound” di Phil Spector.

Non ho una regola fissa di sound, cambia sempre rispetto al tipo di canzone che si sta producendo. È una continua palestra.

Per te è importante che il musicista sviluppi quante più competenze possibili? Tu, ad esempio, hai scritto, prodotto e registrato “Cloud on the water”

È importante, ma non è fondamentale. “Cloud in the water” l’ho registrata, scritta e prodotta perché appartiene ad un stile di musica che conosco bene. Suonata con la chitarra acustica non è altro che un funk/blues abbastanza canonico. Ho una demo che sembra suonata da un gruppo che cerca di imitare i Rolling Stones.

Sivuramente ci saranno episodi di Joshua Thriller in cui non farò tutto io. Ed è lo spirito con cui è nato questo progetto. Voglio sia un collettivo artistico.

Come si evolverà in futuro Joshua Thriller ?

Stiamo già pianificando l’uscita di un nuovo singolo. Auspico di ottenere abbastanza interesse da riuscire a portare Joshua Thriller dal vivo la prossima primavera. Suonare dal vivo è sempre il mio obiettivo principe, anche se  l’idea di produrre musica in studio e farla ascoltare è altrettanto stimolante.

Il primo talk che propone consigli sugli outfit si intitola “Di Moda”

Il primo talk che propone consigli sugli outfit si intitola “Di Moda”

Sfilate, tendenze, curiosità sul mondo della moda, suggerimenti sugli outfit, un linguaggio semplice, ironico, irriverente: sono questi gli ingredienti del nuovo show di TimVision. È infatti disponibile Di Moda, il primo talk che si rivolge agli spettatori per parlare di moda in maniera comprensibile e allo stesso tempo divertente.

Un programma dunque mirato soprattutto a chi non fa parte del fashion system, ma non vuole rinunciare a comprendere questo mondo affascinante. 

Il talk “Di Moda” nel dettaglio

Di Moda propone contenuti inediti perché non solo dà consigli sulle ultime tendenze e sulle collezioni, ma svela anche i retroscena delle sfilate. La piattaforma TimVision offre così la possibilità al pubblico da casa di assistere ai commenti sul mondo della moda in modo del tutto anticonvenzionale. L’originalità del talk è data dall’approccio semplice, ironico, irriverente, ma allo stesso tempo competente, con cui si raccontano i look e le curiosità. Nasce da un’idea di Luca Josi, Direttore Brand Strategy, Media e Multimedia Entertainment di TIM. Le puntate di Di Moda sono otto, disponibili ogni martedì con due appuntamenti.  

I protagonisti del programma

Protagonisti del programma sono i fashion designer delle collezioni autunno-inverno 2021/2022. In particolare, si parla di Armani, Fendi, Dior, Gucci, Prada, Etro, Numero 21, Max Mara. A guidare il talkDi Moda con i loro commenti, i loro suggerimenti e il loro sorriso sono la critica di moda Daniela Fedi, la conduttrice radio e Tv Annie Mazzola e lo stylist Simone Guidarelli. Tre punti di vista esperti e autorevoli in ambito moda che raccontano gli outfit concentrandosi sui particolari che riguardano capi d’abbigliamento, accessori di moda, occasioni d’uso, colori, abbinamenti. 

Le dichiarazioni del Vice President TimVision and Entertainment Product 

Sono otto appuntamenti in cui trattiamo la moda come una delle eccellenze italiane, di cui forse si parla poco. E’ un modo per avvicinare il mondo della moda dei grandi brand alla vita di tutti i giorni e alle persone normali che vogliono sapere che cosa c’è nei negozi in questo momento“, ha dichiarato Antonella Dominici, Vice President TimVision and Entertainment Product.

Intervista a Floriana Muratore : quando amare è importante come “Aria”

Intervista a Floriana Muratore : quando amare è importante come “Aria”

Aria, il nuovo singolo di Floriana Muratore in arte Floriana, segna l’esordio artistico della cantante con un brano pop che parla di libertà, di amore e di voglia di normalità. Direzione e produzione sono a cura di Kid Gamma.

 

Racconta Floriana Muratore:

È un brano che ho scritto durante il periodo di lockdown per questo racconta la voglia di ritornare alla normalità, alla libertà e ai piaceri della vita. L’estate è il tema centrale, il testo contiene la visione spensierata di una ragazza che racconta la sua estate. Musa ispiratrice delle sue giornate è l’amore per il partner, di vitale importanza proprio come l’aria che respiro

L’artista siciliana, classe ’91, ha fatto del canto il suo linguaggio preferito per esprimersi. “Da piccolissima ho capito che la musica sarebbe stata il mio pane quotidiano. Ho iniziato a prendere lezione di canto, dopo mi sono inserita in qualche band locale. Insomma tutto è nato e nasce in modo spontaneo, e grazie alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuta sono sempre propensa a seguire questo percorso”, ha dichiarato la cantante. Fin da molto giovane, Floriana ha sempre cercato di spingersi oltre con la voce e sfruttare tutte le sue capacità, e soprattutto non identificarsi in un genere musicale, per questo nel suo percorso musicale ha iniziato studiando le basi del canto lirico, si è avvicinata al mondo jazz per poi diplomarsi in canto moderno.

 

All’età di 16, 17 anni ho iniziato a prendere lezioni di canto da un’insegnante di canto lirico. Mentre facevo lezione ho capito che il canto lirico non era appropriato a me e lo capì anche l’insegnante. Da qui, ho deciso di continuare sempre con la stessa insegnante, ma intraprendendo la musica leggera, abbandonando il canto lirico. In seguito, crescendo, mi sono avvicinata al mondo jazz prendendo alcune lezioni. Poi, qualche anno fa mi sono iscritta ad una scuola di musica professionale e mi sono affacciata al canto moderno. Insomma, sono passata da un genere all’altro, ma non mi piace identificarmi in un solo genere musicale. Nel mio repertorio preferisco andare un po’ da un genere all’altro escluso il lirico. Tuttavia, penso che un musicista debba avere fame di conoscenza ed è giusto conoscere tanti generi”, ha raccontato l’artista.

A maggio del 2021 iscrivendosi al Premio per Giovani Cantautori “Fidati dei tuoi sogni”, la cantante ha raggiunto la finale con il tuo singolo “Aria”, segnando il suo esordio artistico nel mondo della musica.

Aria non è la mia prima canzone che scrivo, però ho scelto di portarla al Premio, perché la ritengo fresca, abbastanza estiva. L’ho scritta durante il lockdown e ho voluto mettere la leggerezza, pensando al ritorno alla normalità, all’appropriaci della nostra libertà e quindi a vivere spensierati questa estate. Parla di una ragazza che vive la sua estate; l’estate è il tema centrale e la mia musa ispiratrice è l’amore che la giovane nutre per il suo ragazzo, di vitale importanza come l’aria che respira. Insomma, un brano molto leggero ed estivo”, ha dichiarato la cantante.

FashionNewsmagazine ha intervistato Floriana Muratore per conoscere qualche dettaglio in più sulla sua vita da artista:

La tua carriera da artista inizia già da molto giovane. Ripensando al passato c’è un episodio nello specifico che ti ha segnato particolarmente riguardo la musica?

Inizio a cantare all’età di 14 anni, ricordo un primissimo episodio che ha segnato l’inizio del mio percorso musicale: la mia prima vittoria ad un festival, la mia prima coppa. In quell’occasione cantai “Ragazza di periferia” di Anna Tatangelo, riuscii ad emozionare tutti con quella canzone. Dopo quel festival non mi sono più fermata con la musica”.

Hai sempre avuto il coraggio di esporti e non hai mai avuto paura di mostrarti attraverso la tua musica. Quale è il messaggio principale che vorresti arrivasse al pubblico attraverso le tue canzoni?

Ogni canzone credo abbia un messaggio. Nelle mie canzoni cerco sempre di inserirne qualcuno, per esempio in Aria, anche se si tratta di una canzone estiva e molto spesso i testi delle canzoni estive vengono etichettati come banali e privi di contenuto, ho voluto inserire un testo semplice e spensierato, ma che tratta temi importanti, quali la libertà e l’amore. Ho scritto Aria durante il lock down, un periodo quindi abbastanza pesante e mi sono proiettata a quel ritorno alla normalità che tutti speravamo”.

Con il tuo singolo Aria hai ufficialmente segnato il tuo esordio artistico. Quali sorprese ci stai preparando per il futuro?

Aria è nel mio cuore, ma sto continuando a lavorare su brani nuovi che spero possiate ascoltare presto”.

Aria è una canzone spensierata e leggera in tema con il periodo estivo. Quanto di autobiografico c’è in questo testo? Attualmente il tuo cuore batte per qualcuno?

Non tutte le canzoni che scrivo sono autobiografiche. Più che raccontare un’esperienza personale, cerco di pensare agli ascoltatori. Faccio in modo che ognuno di loro possa rivedersi in quei testi. Osservo e ascolto molto ciò che mi sta intorno e da lì ne traggo ispirazione per scrivere. Aria è una canzone che sento mia perché io in primis avevo bisogno di aria, di ritornare alla vita di tutti i giorni dopo la chiusura del lock down e il mio cuore di stare accanto alla persona amata”.

Floriana, una promessa della musica italiana che ha saputo farsi strada in questo ambiente così difficile già da molto giovane, una guerriera determinata ed intraprendente che ha sempre cercato di spingersi oltre i propri limiti per sfruttare tutte le sue capacità. Sicuramente sentiremo ancora parlare di lei.

Intervista a Esdra: Amarsi come “Pianta e Uragano”

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Eclettica, creativa, camaleontica, qualcuno l’ha definita un “fiore punk”: Esdra Sciortino, in arte ESDRA, venti anni, palermitana, professione cantante, esce con un nuovo singolo dal titolo “Pianta e Uragano”, primo di alcuni singoli che anticipano l’album d’esordio, previsto per l’inizio del 2022.

Intervista a Giulia Mei: quando l’ironia e la provocazione incontra la musica

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È uscita Mamma! (etichetta discografica Snowball Music Group), la nuova canzone di Giulia Mei in cui la cantautrice palermitana tenta di annientare le ipocrisie e le incoerenze dei nostri tempi, aprendosi a un respiro più sociale senza dimenticare il racconto autobiografico, leit motiv del suo stile artistico-musicale; un brano apparentemente leggero, ma che arriva a toccare temi come la violenza contro il personale sanitario, il ponte di Genova o lo strano mondo di Tik Tok. “Una canzone dal gusto dance, tra arpeggiator e synth per parlare di questi tempi duri pieni di ipocrisie e contraddizioni”, racconta la cantante che ha scritto testo e musica del brano.

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Una vittoria, quella dei Maneskin, che ha fatto saltare tutti gli italiani davanti alla tv.

Intervista a Samaritano: ricordi di un “Caffè Nero Bollente”

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Si aggira per casa, lui non c’è, ma a lei importa poco e soprattutto, ha deciso di dire basta e di ricominciare da sé”. (Samaritano feat Mimmo Cavallo)

Dal 9 aprile è disponibile su tutte le piattaforme digitali e in radio “Caffè Nero Bollente”, la nuova uscita per Samaritano (pseudonimo di Salvatore Samaritano) che si avvale del featuring di Mimmo Cavallo, autore originale della canzone scritta per Fiorella Mannoia in occasione della sua prima apparizione al Festival di Sanremo nel 1981; un mix fatto di calore e una forte capacità interpretativa.

Dal 3 Maggio al 2 Settembre, è aperto il Bando per il DIGITAL MEDIA FEST 2021

Dal 3 Maggio al 2 Settembre, è aperto il Bando per il DIGITAL MEDIA FEST 2021

È stato pubblicato il Bando online per iscriversi alla nuova edizione del DIGITAL MEDIA FEST 2021 che quest’anno prende il nome di “Le nuove opportunità per il mondo dell’audiovisivo”.

Intervista a Stona, il cantante poliedrico dalle mille sfaccettature

Intervista a Stona, il cantante poliedrico dalle mille sfaccettature

Massimo Bertinieri, nome d’arte Stona, sforna un nuovo disco davvero molto interessante ed accattivante, composto da diverse sfaccettature che non permettono di etichettare il tutto con comodità e superficiale automatismo. Niente di banale in questo lavoro dal titolo “Abbiamo perso tutti”, ricco di significati intrinsechi e dettagli d’autore, dove la vita viene sviscerata dall’uso di metafore e dal gustoso peso poetico. Il primo di due Ep del cantautore piemontese rappresenta un progetto discografico che contrappone quattro brani caratterizzati da testi e sonorità con un’anima più scura e cupa, a quelli del secondo (che s’intitolerà “Buona speranza” e uscirà a distanza di qualche mese) che si evolvono in una visione più positiva, quasi da sognatore, con suoni morbidi e caldi.

Il dialetto siciliano si veste del sound sperimentale di Elektra + Giuvazza con il singolo “CUSCIENZA” – l’intervista su FNM

Il dialetto siciliano si veste del sound sperimentale di Elektra + Giuvazza con il singolo “CUSCIENZA” – l’intervista su FNM

Elektra + Giuvazza – Cuscienza. Ci troviamo in Sicilia, al centro del mediterraneo. Dal cielo piove terra vulcanica che si poggia sulle rovine dei templi greci e sui cactus spinosi. Le ceramiche colorate, le architetture barocche, i mercati tradizionali con i pescivendoli che ‘cantano’ le offerte del giorno.

“I signori che lavorano alla fiera o alla pescheria, hanno una voce così profonda e potente che ho sempre pensato fosse necessario almeno il quinto anno di canto in conservatorio per fare il loro lavoro” commenta Elektra Nicotra, cantante e songwriter che, insieme al chitarrista e produttore Giuvazza Maggiore (Eugenio Finardi, Levante), ha lanciato il singolo “CUSCIENZA”.

Elektra + Giuvazza – nuove direzioni

La loro è una lunga collaborazione, che ha inizio con l’album “Awakening” di Elektra Nicotra, uscito nel 2017. Quel sound british, le influenze mediorientali, i synth e le chitarre crunch, confluiscono adesso in una nuova formula nella quale il dialetto siciliano si veste di un sound sperimentale. La tradizione si rinnova.

CUSCIENZA, stavolta a doppia firma Elektra + Giuvazza , è il preludio ad una nuova avventura musicale di prossima uscita, dove il linguaggio arcaico incontra nuovi paesaggi sonori, viaggiando per mete pressoché inesplorate.

Il singolo, disponibile dal primo di Aprile in tutti i digital stores, riflette questo particolare momento storico e pone la Coscienza al centro del tutto, indicandola come unica “cura”. La volontà di non sentirsi oppressi, rinchiusi, distanti. Prenderne coscienza.

Il brano è accompagnato da un videoclip realizzato da Peter Trädgård, giovanissimo Videomaker di Stoccolma. La sua già raffinata sensibilità è capace di emozionare, con una raccolta di immagini che ci suona molto familiare. Nel contempo, ed in linea con il brano, ci porge una soluzione: i colori si accendono, la Coscienza si espande, le città si ripopolano.

Iniziamo dalla Genesi. Come nasce la collaborazione fra Elektra + Giuvazza ?

Elektra: “È stato molto naturale. Io e Giuvazza ci eravamo persi di vista da tanti tanti anni, poi l’ho rivisto suonare ad concerto di Eugenio Finardi ed abbiamo scoperto di avere praticamente la stessa collezione di vinili a casa. Appena abbiamo iniziato a scambiarci qualche idea musicale è stato come se fossimo amici da sempre. Quando cerchi qualcuno a cui affidare la tua musica… o va così o niente!”.

Fare uscire nuova musica nel 2021 si potrebbe definire un salto nel vuoto…

Giuvazza: No, lo definirei più un atto d’amore: verso la propria voglia di immaginare, creare e condividere con altre persone tutto quello che emoziona di un atto creativo (comprese le gioie e i dolori).

Elektra: “Proprio in questo momento critico la musica deve ESSERCI…”

“Cuscienza” si presenta come “l’unica cura” e si colloca in un momento storico controverso con un videoclip molto intenso. Come avete maturato questo concept?

Giuvazza: “Credo il concept abbia preso forma con noi, mentre lavoravamo alla stesura del brano. Originariamente, questo brano, era rimasto nascosto tra i provini del 2015 che avevo realizzato per il primo disco di Elektra e se non ci fosse stata questa pandemia, probabilmente sarebbe ancora lì, anche perchè il nuovo materiale a cui stiamo lavorando per il suo secondo disco, racconta mondi più colorati che, speriamo, possano tornare al più presto”.

Elektra: “La Coscienza ci invita a rimanere svegli ed a passare attraverso questo momento senza farci investire. Il videoclip racconta la dinamica sociale che stiamo vivendo, ma evidenzia cosa succede appena acquisisci più consapevolezza: il mondo torna a colori”.

Sempre riguardo al videoclip, avete affidato la regia al giovane videomaker svedese Peter Trädgård. Una collaborazione Catania-Milano-Stoccolma. Tre linguaggi che si fondono in modo equilibrato. Come nasce questa collaborazione?

Giuvazza: “L’incontro con Peter nasce via mail: un amico comune ci ha messo in contatto perchè stavo cercando un video Artist per un lavoro di pubblicità e visto che ci siamo intesi subito, gli ho poi raccontato l’idea di Cuscienza e lui ci ha gentilmente fornito molto materiale che aveva girato negli ultimi due anni  che non aveva ancora deciso come utilizzare. Peter è inoltre una persona incredibile, credo sia l’unico 26enne a non avere alcuna sorta di social network o smartphone: solo la mail”.

Come lavorate ai brani? È stato diverso per Cuscienza?

Giuvazza: “Per gli album di Elektra, c’è una prima fase unicamente sua in cui struttura la canzone (spesso in inglese) e per la quale imbastisce un pre arrangiamento già ricco di ispirazioni sulle quali poi per me diventa facile e divertente intervenire. La seconda fase, invece, è quella in cui cerco di valorizzare le sue intuizioni e convincerla a fare tutto quello che le propongo. Scherzi a parte, si fida molto e fa male, ah ah ah”.

Avete deciso di raccontare “Cuscienza” con un testo in siciliano ed in un contesto musicale ben diverso dal folk. Raccontateci di questa scelta.

Giuvazza: “Il folk è nel linguaggio, ancora prima che nelle tradizioni. In questo caso specifico, abbiamo immaginato questo brano come un ponte ideale tra il suo primo disco e il prossimo: il primo era più elettrico, scuro è inglese, il prossimo sarà più solare, ricco delle spezie che puoi sentire quando arrivi in Sicilia. In generale sarà un album molto più internazionale proprio perchè radicato nelle mille sfumature che compongono la sua terra. Cuscenza mantiene un suono più vicino al primo lavoro e un linguaggio più vicino al futuro”.

Elektra: “Nel momento in cui ho deciso di mettermi a lavoro su nuova musica sapevo che era necessaria un’evoluzione e nel fare un passo avanti, ho fatto cinque passi indietro: sono ritornata alle mie radici siciliane riscoprendo questo dialetto affascinante, pieno di suoni interessanti con i quali sperimentare un nuovo tipo di vocalità. Naturalmente, come ogni cosa fatta in Sicilia, risente dell’influenza di tante contaminazioni diverse”.

Elektra, dopo tre anni di silenzio torni con un nuovo progetto discografico. Come mai questa lunga attesa?

Elektra: “Ho un’opinione molto personale a riguardo. Non sento la necessità di uscire con un nuovo album a tutti i costi ‘tanto per esserci’. Se devo pubblicare nuova musica, questa deve essere ispirata, deve arrivare in modo naturale, mi deve piacere e devo essere certa sia il meglio che posso offrire. Inoltre, nessuno mi insegue. Sono l’incubo di ogni manager praticamente. Ma la musica non la puoi programmare… arriva da sola e con i suoi tempi”.

Giuvazza, cosa vorresti prendere in prestito da Elektra? Ed Elektra cosa vorresti prendere in prestito da Giuvazza?

Elektra: “Ovviamente le sue chitarre!! Ma a parte questo, credo prenderei in prestito il suo essere risoluto e risolutivo: io ci sto lavorando su, ma lui è molto molto più efficace in questo”.

Giuvazza: “Vorrei il suo phon da 300 euro che rende i miei capelli voluminosi e morbidi. Sembra un problema da poco, ma nel mondo ci sono troppi phon che rovinano la cute e mi spiace che non se parli ancora abbastanza”.

Intervista a Celo, la cantante siciliana colpisce ancora con un nuovo singolo

Intervista a Celo, la cantante siciliana colpisce ancora con un nuovo singolo

Uragano di energia e positività, di valori gentili e tanta bellezza, all’anagrafe Celeste De Lisi, nome d’arte Celo, la cantante siciliana emergente nella scena R&B italiana, torna con una nuova canzone “Come sei”, terzo di cinque singoli – il primo, è “Ricordati di me”, il secondo è “Grazie a Celo” – che usciranno fino a giugno 2021 e che saranno raccolti nel disco in uscita ad ottobre.

Intervista al cantautore SONO

Intervista al cantautore SONO

Nel panorama del cantautorato indipendente, ritroviamo SONO (Alessio Seu), artista sardo dal sound elettronico, indiefolk e rockpop anglosassone. Ed è proprio l’Inghilterra ad ospitarlo dal 2017 e ad ispirare i testi e la musicalità dei suoi brani.

“2000/2020 DESIGN SUPER SHOW”: il libro di Gisella Borioli che racconta la storia del Design

“2000/2020 DESIGN SUPER SHOW”: il libro di Gisella Borioli che racconta la storia del Design

“2000/2020 DESIGN SUPER SHOW” non è solo un libro, ma un vero e proprio diario non cronologico di tutta la storia che il Superstudio Più di via Tortona ha vissuto.

Un insieme di 520 pagine, 750 immagini e 70 incontri che mostrano cosa significhi Design e come questo riesca coinvolgere occhio e mente. Un lavoro a cura di Gisella Borioli e Flavio Lucchini, che si è dedicato al concept grafico.

Milano ospitò proprio nel Superstudio Più la prima Design Week della città, creando un evento senza eguali. Il design è in continuo cambiamento, e questo libro ne è la chiara dimostrazione.

Alle interviste inedite si alternano esposizioni che rappresentano l’evoluzione che il Superstudio ha da sempre sostenuto; diventando così luogo di raccoglimento e passaggio dei più grandi brand di arredo e giovani talenti, fino ad arrivare a un Fuorisalone diffuso in tutta la città.

L’evoluzione del Design

Design non significa solo oggetto, ma va oltre a questo: significa unire la rappresentazione fisica all’esperienza emotiva, dando forma a performance ed esperienze sensoriali moderne e interattive. Un mondo in continua evoluzione che si vede dissolvere e poi rinascere in forme nuove.

Philippe Starck, architetto e designer francese, ha dichiarato “il Design come lo conosciamo oggi scomparirà entro vent’anni… l’intelligenza artificiale sarò ovunque.”

Starck è stato ospite del Superstudio Più; ne sono altri esempi: Aldo Cibic, Alessandro Ciffo, Carlo Ratti, Carolina Nisivoccia e molti altri.

 

Il libro “2000/2020 DESIGN SUPER SHOW” è disponibile in versione cartacea, e si può richiedere a Superstudio mandando una mail all’indirizzo info@superstudiogroup.com. La versione digitale è invece disponibile su https://issuu.com/superstudiogroup/docs/libro_issuu.

a cura Elisa Guazzini

Dall’Inghilterra con furore: Danilo Sapienza presenta il suo nuovo singolo “Un momento”

Dall’Inghilterra con furore: Danilo Sapienza presenta il suo nuovo singolo “Un momento”

Una traccia che profuma di atmosfere intime, di onirica nostalgia. Il cantautore catanese, Danilo Sapienza, residente nel Regno Unito negli ultimi dieci anni, è tornato con un nuovo singolo dal titolo “Un momento”. Un pezzo che racchiude al suo interno l’autenticità di parole sincere, che trasudano di vita vissuta in prima persona. Per questo nel nuovo brano il cantante torna a scrivere in italiano, proponendo uno stile musicale che unisce il cantautorato italiano e il brit-pop.

Intervista a wLOG: il cantautore milanese torna con il nuovo album “Nisba”

Intervista a wLOG: il cantautore milanese torna con il nuovo album “Nisba”

Lo scorso 10 luglio è uscito “Nisba” (Artist First), il nuovo EP del cantautore milanese wLOG, la cui musica si muove tra il prog, il punk, l’elettronica, l’indie e il pop; questo lavoro discografico segue i singoli precedentemente pubblicati nel 2020:Un colpo solo”, “Indiani d’America” e “Naftalina”.

Intervista a Al The Coordinator: “Raven Waltz”, il nuovo album dal sound folk e dalle atmosfere deep

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Raven Waltz” (La Lumaca Dischi / Audioglobe) è il titolo del secondo album di Aldo D’Orrico, in arte Al The Coordinator. Un musicista che all’interno della sua opera fonde il country e il folk al blues e al bluegrass americano in un suono tutto nuovo, estrapolato da altri luoghi e generazioni.
Intervista a I Sincrono: “Tra le vie dei se”, l’album d’esordio della giovanissima band milanese

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Tra le vie del se”, l’album di inizio de I Sincrono, band milanese formata da Mustafà Hassan (voce), Alberto Cafulli (basso), Daniele Camerani (chitarra) e Luca Tassinari (chitarra); un diario nel quale ogni componente della band ha lasciato un segno e un ricordo della propria esperienza.

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Un cantante palermitano tra i quaranta singoli più ascoltati in Inghilterra. È stato definito dalla critica d’oltremanica “Il nuovo Sam Smith” Marco Gray (nome d’arte di Marco Grisafi), ormai di base a Londra, ha lanciato un brano dal titolo “Ten More Times“, registrato in lingua inglese. La canzone è stata scritta, arrangiata, prodotta a Londra e registrata a Bruxelles presso il Mirror studios dell’australiano Tim Cogghins.

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Si chiude con la ciliegina sulla torta, come ogni gran pasto che si rispetti, la nona edizione di Masterchef.  La finale ha totalizzato una media record di 1.251.790 spettatori, il dato migliore degli ultimi anni. Il trionfo dell’art director Antonio Lorenzon, originario di Bassano del Grappa, sembra aver convinto tutti, dai fan del cooking show agli ultimi romantici. Il suo asso nella manica – o in questo caso dovremo dire l’anello nella tasca – la celebrazione di un’unicità autentica che rifiuta ogni stereotipo.

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